Fotografia di Katharina Roehler

 

L’attenzione riservata da Massimo Migliorati ai minimi eventi quotidiani, ai segni che si incidono nell’aria con il profilo frastagliato delle foglie, si riversa sulla pagina in una serie di singolari epifanie, che sottendono un dolore sordo, ottuso, che presuppone dinamiche di taglio quasi beckettiano. Si tratta di una continua, inesausta interrogazione sulla <<solitudine condivisa>> che ci fa misurare oggetti che acquistano una valenza incomprensibile. Le sezioni della raccolta, intitolata emblematicamente Questo, formano un trittico disposto intorno a un nucleo di immagini che rimandano a lemmi o vocaboli dal forte impatto semantico: agli elementi naturali come ormai di gelso, fiocchi di neve, fili d’erba, gocce di pioggia, cristallizzati in una dimensione atemporale, astorica si contrappone l’inventario di oggetti antipoetici par excellence come la motofalciatrice, una motocicletta dal rombo assordante, un cavatappi. Esemplare al riguardo il gioco degli ossimori che si manifesta mediante la semplice suddivisione di una barra: <<ansie/gioie>>, <<utile/disutile>> ecc. Si delineano così situazioni la cui redenzione è affidata al <<farsi sasso albero animale>>, descritte con punte di sapienza compositiva che documentano una straordinaria compattezza formale.

(Pasquale Di Palmo)

 

da Questo (MC Edizioni 2022)

E se non basta guardare le cose
stare loro vicino, attento
farle aderire alla pelle
racchiuso, raccolto in loro
saperle, come si dice,
di prima mano, esserne avvolto
e consumarsi piano
come il loro cuore
il loro fiato, scomparire anche,
se necessario
farsi sasso albero animale
tornare quel che è stato.

*

Pulire allontanare spostare
togliere polvere da ripiani
lavare panni e pavimenti
è un modo per tener lontano
il resto: polvere portata dal vento.

L’aria è una carezza, certo
ma anche l’invisibile primo gesto
il primo avvertimento
segno di quel che tutto vuole
che tutto anela
perché è il tutto che è,
leggerissimo impalpabile
senza sosta, invincibile.

Pulire è segnare il confine
tra ciò ch’è nostro, umano,
e ciò ch’è suo, un modo
per dire non è ancora tempo.

*

Di tutto quello che si fa, poi,
finisse almeno una cosa,
almeno una; invece, nulla mai
in nessun luogo finisce, o almeno pare,
se non c’è fine al pensare, al nascere,
al farsi inizio delle cose, al loro stare.

Una cosa che finisse, che non rimanga,
finalmente incustodita
non compresa non terminata
senza confine, non sovrapponibile
ad altro, almeno in parte, mescolanza,
principio ogni volta dell’infinito
in cui stiamo, da sempre.

*

Poi ci si riconosce, ogni tanto,
e debolmente, in un’immagine riflessa,
non è la fonte, nemmeno lo specchio,
ci si rivede, ecco, nel tremolare
della pozzanghera, nell’incresparsi
marino dell’acqua, come il fremito
di ciò che non si sa, eppure muove.

*

Invece

Dalla ferrovia si vedono gli orti
ricavati da brani di terreno
abbandonati, squadrati, recinti
con ordine, abitati da baracche
di fortuna, attrezzi recuperati,
malmessi, oggetti-brandelli di mondi
uncini coltelli cavi cemento
portelli male in arnese carriole
un poco sghembe.

Rifiuti salvati,
in fondo, nient’altro, trattenuti,
che si tengono vicini, disposti
all’occorrenza, del non si sa quando,
per ricordare, en plein air,
che il resto rimane, in qualche angolo
resiste, aspetta.

 

Massimo Migliorati è nato a Brescia, dove vive e insegna. Con l’editore Campanotto ha pubblicato D’intorno (2006), Qualcosa del resto (2012) e Città (2014). La plaquette dal titolo Natura è stata stampata per i tipi de Il ragazzo innocuo (2017). Il perdono delle cose, l’ultima raccolta, è uscita presso Ladolfi editore (2018, premio Pontedilegno Poesia 2019), a cui è seguita Vento, con opere di Agostino Perrini (Ladolfi 2020). Alcuni testi inediti sono stati pubblicati sulla “Chicago Quarterly Review”. La prosa poetica Mare, tradotta da Michela Martini e Elisabeth McKenzie, è apparsa sulla rivista “Cataraman”. Per la composizione di Stanze, Cinque brani per pianoforte, Mauro Montalbetti si è ispirato ad alcune poesie inedite.

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