Fotografia di Dino Ignani

La poesia di Alessandra Carnaroli (1979) vive da sempre di un difficile equilibrio. Da un lato, infatti, le scritture di questa poetessa cercano di mantenere aperto, di raccolta in raccolta, un confronto/scontro con il linguaggio, còlto perlopiù nella fase nascente di parola parlata, dunque soggetto a colloquialismi, ridondanze, sgrammaticature, forzature sintattiche di varia natura che ne spezzano il normale svolgimento. Dall’altro, Carnaroli si è sempre distinta per il suo interesse per la cronaca contemporanea, di cui segue gli sviluppi con una partecipazione che non cede mai a retoriche sentimentalistiche, né alla tentazione del libro “a tema” (ma su tematiche forti, spesso di stretta attualità, si basano i suoi lavori migliori: Femminimondo, Polìmata 2011; Elsamatta, Ikonaliber 2015; Primine, edizioni del verri 2017; Ex-voto, Oèdipus 2017, per citarne alcuni).

Ecco, allora, il difficile equilibrio di cui si parlava: fare poesia calandosi totalmente nella realtà raccontata, utilizzando quel linguaggio bruto e brutale sia come mezzo di decentramento dell’io lirico (la “voce” di Carnaroli non sembra mai davvero presente nei suoi testi), sia come strumento di definizione, per schegge, frammenti, allusioni non di rado pregne di un’ironia crudele, di un contesto di violenza e sopraffazione. Non una semplice scrittura civile o di denuncia, quindi, ma una scrittura che saggia i limiti della scrittura stessa, specie nel momento in cui cerca di dare corpo ad esperienze così «altre» come la violenza domestica (Femminimondo) o la malattia terminale (Ex-voto).

All’interno di questo quadro, Poesie con katana (Miraggi edizioni 2019, finalista al Premio Franco Fortini 2021) rappresenta al contempo un ritorno e uno scatto in avanti. Chiusa la parentesi più personale di Ex-voto, libro che conteneva una serie di toccanti poesie alla madre, qui Carnaroli torna a confrontarsi con l’attualità più urgente. Inoltre, i modi di questa raccolta si fanno più obliqui che in passato, la macrostruttura del libro complicando una lettura solo “tematica” dei testi, e i testi stessi, almeno nella seconda metà della raccolta, ponendosi all’incrocio tra scrittura e immagine, con una felice quanto inedita soluzione grafico-iconografica.

Il libro è diviso in due sezioni apparentemente non comunicanti: Carico e scarico, racconto-fiume di una donna immigrata diviso in 127 brevissime “stazioni”; e Murini / Inserisci un emoji, imitazione del linguaggio verbo-visivo dei social network e del disinvolto cinismo delle discussioni online. Nella prima sezione, la voce è quella di una prostituta di origini africane, il cui arrivo traumatico in Italia è solamente alluso («scania / iveco // prime parole / italiane / dopo / ti stupro», p. 7; «conto i tir prima di dormire / che mi sono passati sopra», p. 10). Il linguaggio si adatta al livello di competenza del personaggio-narratore, accogliendo alcuni tratti anomali della sua interlingua. Ma anziché scadere in una sorta di bozzetto verista, questo italiano grezzo e materiale si apre a una polifonia sorprendente, anzitutto per la vibrante varietà di toni, dal triviale («ti colonizzo / con il mio cazzo», p. 19; «sei una scimmia / puttanona / muovi / quel culo», p. 21) all’ironico/sarcastico («mi manca mamma / abbastanza // di più / mi manca / un documento», p. 37; «mi faccio le unghie / voglio / essere curata // se muoio / mi riconoscono / dalle mani», p. 42), su una base di lieve malinconia che non viene mai meno («un giorno / spero di diventare / estetista // togliere i peli / e le cose brutte / dal mondo», p. 32). E poi, perché alla voce della protagonista si alternano e confondono schegge di parole altrui, soprattutto dei clienti, spesso disumani («alle africane come te / gli tagliavamo le manine // nelle colonie italiane», p. 46).

Ben diversa la seconda sezione. I testi, più articolati, richiamano la forma sintetica e asseverativa del post, e mimano un dibattito online attorno a un delicato fatto di cronaca: l’eutanasia di un bambino, indicato con la sola lettera «j.», ma alle cui spalle è ben riconoscibile la vicenda reale del piccolo Alfie Evans. Le voci, in questo caso, sono quelle anonime e intercambiabili degli utenti social, che con cinismo più o meno volontario si lanciano in una difesa a oltranza del diritto alla vita, incrociando lo sconforto con affermazioni reazionarie, sessiste o complottiste («solo dio sa quando è il suo turno / […] / non osi uccidere l’uomo / ciò che a lui sfugge», p. 54; «ci vogliono togliere i figli / lo stato», p. 55; «sicuramente i giudici / non sono madri / […] / non hanno utero», p. 56). Come in una vera discussione online, gli argomenti si moltiplicano in maniera incontrollata, prendono vie imprevedibili e contraddittorie, sfociano in un’ironia oltraggiosa («quanti neuroni gli sono rimasti / pari o dispari? / […] / miley cirus fa milioni / con la metà / dei suoi neuroni», p. 61). Ma il tratto stilistico più originale di questa sezione è la presenza delle emoji, ossia delle “faccine” che abitualmente punteggiano i post online, e che qui, a mo’ di contrappunto al discorso principale, sono affiancate ai versi e descritte in corsivo.

Il ricorso a questo espediente permette a Carnaroli di muoversi su un doppio binario semantico, rivelando, anche in presenza di affermazioni apparentemente sincere, una sorta di inautenticità strisciante, un’ipocrisia formale che forse sfugge al controllo dei parlanti, ma che nondimeno dà la misura del degrado linguistico dei social network («pray for j. / mani che pregano cuore con fiocco sole palloncino palloncino», p. 54; «ma prende il biberon? / faccia che pensa faccia sorpresa», p. 59; «questo amorissimo / di bambino deve morire? / teschio teschio cuore spezzato», p. 70; «la vita dei deboli / non ha valore / sigh sigh», p. 74). Eppure, senza tracce di moralismo, anzi con un sarcasmo vivace e uno sguardo strategicamente disallineato, Carnaroli si concentra più sui meccanismi argomentativi che sugli anonimi attori di questo finto dibattito. Sovraccaricando il linguaggio di immagini che si riproducono quasi da sé, talvolta scollandosi del tutto dai contenuti della discussione, a essere definito è infatti un orizzonte collettivo che riguarda chiunque, e che chiunque può virtualmente contribuire a mantenere in vita.

Due sezioni, dunque, quasi due libri in uno che si scontrano e si affrontano. Se, in Carico e scarico, il linguaggio è così concretamente aderente a una realtà violenta e marginale, in Murini / Inserisci un emoji esso è più che mai astratto e autoreferenziale. Se la prima sezione narra di un’individualità anonima ma comunque tangibile, definita, a suo modo “autentica”, la seconda sparge sulla pagina frantumi di pseudo-individualità eterodirette e a loro volta parlate dai meccanismi invisibili dei social network. Un corpo-lingua denso e materiale; una lingua-immagine mobile e viscosa. In definitiva, Poesie con katana è una raccolta composita ma tutt’altro che frammentaria: con una tecnica efficace, giocata su sottili contrapposizioni concettuali, Carnaroli ha composto un’opera che si pone come interrogazione, da due punti di vista differenti ma complementari, del problematico e mutevole rapporto del linguaggio con la realtà.

da Poesie con katana (Miraggi edizioni 2019)

dalla sezione Carico e scarico

19
penso ad altro
al mare aperto
ad un barcone
però
no pieno di gente
ma di gelato
al limone

50
mi ha chiamata
cosa preziosa

devono aver
abbassato
i prezzi

85
con uno
una volta ho riso
non metteva bene
il preservativo

mi ha detto
fai tu
abbiamo scopato
e un po’ mi è piaciuto

88
se sono un animale
sono una gatta
che vive la vita
nella poltrona

di una anziana
non paralizzata

126
non c’è mai
una donna
che viene
a dirci
brave
che il marito
adesso non la tocca

non chiede più niente

 

dalla sezione Murini / Inserisci un emoji

ma prende il biberon? / faccia che pensa faccia sorpresa

muove gli occhi
come cicciobello quando
lo inclini
fa anche i sorrisini
se stimolato / persona felice che alza la mano

state.
buoni solo cristo
sa il.
destino di questo. angelo.
/ angioletto angioletto bacio bacio

*

con questa sentenza è ufficiale
che siamo di proprietà dello stato / non mi piace
è lui che decide se dobbiamo vivere o morire
/ faccia preoccupata con sudore dottore
l’uomo si è ulteriormente abbrutito
torneremo a cacciare con le pietre appuntite

*

anche io ho rifiutato
l’aborto terapeutico
i medici mi avevano detto
che sarebbe nato mostro
con un occhio solo
/ faccia spaventata faccia che lacrima

invece era bellissimo
/ faccia con occhi a cuore
ho una foto che lo può testimoniare
/ mano che si scatta un selfie con cellulare
ma non l’ho potuto baciare
come avrei voluto
(era già morto in grembo
la pelle macerata)

Alessandra Carnaroli è nata a Fano (Pesaro e Urbino) nel 1979. Autrice di scritture sia in versi che in prosa, nonché interessante illustratrice (arte che ha variamente intrecciato alla scrittura), ha esordito nel 2001 con la silloge Taglio intimo (Fara 2001). Con Femminimondo (Polìmata 2011) ha affrontato il tema della violenza domestica, mentre con Elsamatta (IkonaLiber 2015, finalista al Premio Pagliarani 2016) ha messo in scena il racconto di un personaggio ai margini, filtrato attraverso il linguaggio dei gruppi social. Più di recente, Primine (edizioni del verri 2017, Premio Mazzotta 2018, finalista al Premio Pagliarani 2017) ha dato voce al mondo dell’infanzia scavando nei recessi di un linguaggio solo apparentemente ingenuo, in realtà venato di violenza, ed Ex-voto (Oèdipus 2017, Premio Bologna in Lettere 2018, finalista al Premio Montano 2018) ha attraversato il tema della malattia e dell’ospedalizzazione, alternando alla scrittura degli inquietanti disegni dal tratto “espressionista”. Con Sespersa (Vydia 2018, finalista al Premio Trivio 2018) Carnaroli ha infine trattato la tematica dell’aborto. Tra le altre raccolte, si ricordano, in particolare, Prec’arie (D’if edizioni 2011, finalista al Premio Miosotis 2011) e In caso di smarrimento / riportare a: (Il Canneto 2019). Sue poesie e prose sono apparse su diverse riviste letterarie, come «Alfabeta2», «il verri», «Atti Impuri», e sulle testate online «Nazione Indiana» e «Antinomie». La rivista «il verri» (n. 65, ottobre 2017) le ha dedicato una ricca sezione monografica, che rappresenta una prima, importante sistemazione critica del suo lavoro.

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