il secchio del pozzo
catturato dalle ipomee –
chiedo l’acqua altrove

 

È probabilmente questa la poesia haiku più conosciuta della poetessa Fukuda Chiyo–ni (1703–1775). Da questo componimento traspare il profondo rispetto della haijin verso la natura, quello che i giapponesi identificano col termine “kikan”: il binomio inscindibile essere umano/natura.

Parte dei componimenti redatti da Chiyo–ni sono stati tradotti e raccolti in un volume a cura di Luca Cenisi (con revisione poetica di Matteo Contrini) intitolato “Il colore dell’acqua – Cinquanta haiku di Fukuda Chiyo–ni” (La Ruota Edizioni 2019). In questa raccolta emerge con chiarezza lo stile poetico sviluppato dalla poetessa, la quale fu certamente una figura femminile di grande rilievo del periodo Edo, cioè in un’epoca dove, non è difficile immaginarlo, la composizione di poesie haiku era quasi completamente appannaggio degli uomini. La poetica di Fukuda Chiyo–ni fu inizialmente fortemente influenzata dalle opere del maestro Matsuo Bashō (1644–1694), tuttavia ben presto questa haijin si discostò dallo stile di Bashō, maturando e sviluppando un proprio originale stile compositivo:

 

pioggia di primavera –
la bellezza appare
in ogni cosa

 

Senz’altro l’opera letteraria di Chiyo–ni rappresentava una rottura con i pregiudizi del tempo che volevano solo un ristrettissimo numero di donne dedite alla composizione degli haiku (in quel tempo chiamati “hokku”). La sua poetica fu talmente apprezzata dai suoi contemporanei che diversi scrittori di haiku, molto conosciuti e influenti, si interessarono alla sua opera poetica. Tra questi possiamo ricordare Takarai Kikaku, esso stesso allievo di Bashō, il quale si spese come curatore per la pubblicazione di una raccolta di Chiyo–ni. Anche il maestro Yosa Buson, uno dei quattro grandi maestri classici di haiku, le chiese di redigere la prefazione a una sua raccolta nel 1774.

Nelle sue poesie haiku, Fukuda Chiyo–ni riesce, tutt’oggi, nell’intento di raffigurare, nella mente del lettore, tanto immagini dinamiche e rapide quanto paesaggi fermi e statici. Per fare un esempio raffrontiamo questi due componimenti in cui è ben evidente la capacità fissare sulla carta contesti e paesaggi così diversi tra loro:

 

acqua corrente –
una libellula insegue
la sua ombra

 

E, all’opposto:

 

niente si muove
sui campi e sui monti –
mattino di neve

 

All’età di 52 anni Chiyo–ni divenne monaca buddista al fine di “insegnare al proprio cuore a essere come limpide acque che fluiscono giorno e notte”. La poetica di questa autrice si contraddistingue per una vasta gamma di temi naturalistici trattati e per una grande preparazione delle tecniche compositive. In “Il colore dell’acqua – Cinquanta haiku di Fukuda Chiyo–ni” è evidente come questa haijin riesca a comporre sia seguendo la tecnica della combinazione d’immagini (i. e. toriawase) sia nel redigere poesie con la tecnica a una sola immagine (i. e. ichibutsuijtate). Cito alcuni esempi in cui la poetessa utilizza quest’ultima tecnica dando comunque prospettiva e pregnanza poetica ai suoi scritti, sebbene essi presentino e sviluppino una sola immagine:

 

la neve mattutina
stesa per il momento
sopra la polvere

 

*

 

niente da dire
quando d’autunno torna
il plenilunio!

 

*

 

qualunque abito
diventa splendido
osservando la luna

 

Tuttavia sono gli haiku redatti con la tecnica della combinazione di due immagini distinte (toriawase) che sono numericamente superiori e più di frequente proposti al fruitore dei suoi versi. In essi troviamo immagini molto evocative e tutt’oggi assai originali:

 

cercando altrove
il rosso del tramonto –
foglie d’acero

 

*

 

in ciò che cucio
vi aggiungo i miei sogni –
notte di dicembre

 

*

 

la prima neve –
ciò che scrivo svanisce
più scrivo, più svanisce…

 

Già solo da questi pochi esempi potrà essere chiaro al lettore come la poetica di Chiyo–ni è essenzialmente pervasa, fra l’altro, da un’attenzione particolare per il dato naturalistico, che non è mai un mero e sterile riferimento alla stagionalità, bensì quest’ultimo (noto in giapponese come “kigo”, ossia il termine stagionale) è scelto con massima cura.

Fukuda Chiyo–ni scrisse il suo jisei no ku, cioè la sua poesia di addio al mondo, citando ancora una volta, come in altri suoi componimenti haiku, la luna: come se, avendola contemplata un’ultima volta, fosse giunta l’ora di congedarsi dal mondo in modo sereno e pacificato:

 

vista anche la luna,
io da questo mondo
mi accomiato

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