«La veduta si dà, la visione si costruisce».
Su Risposte dei quadri appesi di Cristiano Poletti

 

«Nothing’s said till it’s dreamed out in words
and nothing’s true that figures in words only».

Les Murray, Poetry and Religion

Le Risposte dei quadri appesi di Cristiano Poletti (Prova d’Artista 2021) si muovono in una polarità dichiarata già nella loro morfologia versificativa. Quello che si coglie immediatamente aprendo questa plaquette è infatti il dialogo ¬– da doverose distanze spaziali e temporali – tra le dinamiche del realizzare e quelle dell’esporre. Le prime vedono le «rotte» e il «mondo» (Quadro 6) portare al compimento di un uomo e di un quadro; le seconde dispongono «colori misteriosi» di fronte alle «creature» (Ibidem) in esso rappresentate, spiegandoli a loro stesse e al lettore. Nell’attuare questa formula poietica, il soggetto decide un’operazione lirica assai originale, svincolandosi dall’autorialità della creazione e mettendosi all’ascolto – e nella visione – dei quadri da lui realizzati, in una dinamica che smantella l’idea di un posizionamento “bloccato” dell’artefice. Solo un così lucido distanziamento dialettico permette i transiti dal dentro al fuori dell’immagine-visione («la visione si costruisce», Quadro 10), di andare oltre una stessa voce e uno stesso mezzo, osando il rintracciare simultaneamente i motivi della «canzone della […] mente» (Quadro 7), della «terra morbida di foglie» (Quadro 8) o del «colore raro» (Quadro 9). Gli oggetti e le vedute – naturali ed emotive – vengono di conseguenza, e a turno, racchiusi dalla volontà compositiva dei quadri («Con più nero, più nero, chiede il quadro», Quadro 3) e da un bisogno d’esposizione mutevole, per restituire scenari coerenti coi luoghi/tempi che si abitano e in grado di affrontare oscuri presagi («Forse garofani, o rose. Portali nel quadro», Quadro 3).
La sceneggiatura della raccolta – composta in una disciplinata prosa poetica – ospita vedute d’interni («All’interno: buccia di cipolla, miracolo di fiore e aria», Quadro 4) o scorci traslati a livello dimensionale («Ti scrivo da Berlino. Ci sei venuto tanti anni fa», Ibidem), interagenti grazie all’assenza, come si è detto, di un rigido perimetro individuativo, ma anche all’alternarsi di tempi verbali e atmosferici – come già avveniva nella precedente raccolta dell’autore, Temporali (Marcos y Marcos 2019). Le domande, così, sono poste a chi guarda e da chi guarda, l’affezione diviene un trait d’union tra materie e, come un’esposizione coesa, colori e sfumature partecipano alla stratificazione delle opere, senza cedere tuttavia ad un oscillante espressionismo. Prendono forma davanti gli occhi del lettore ibridi poetico-pittorici in cui si incontrano una rigorosa struttura versificatoria e il cangiante organismo di quadri abitati («nel mio marrone sto e ti vedo», Quadro 8; «sei qui ancora con me che ti amo dentro un colore raro», Quadro 9).
La poetica di quest’opera, in ultima istanza, è un continuo disvelamento stratiforme di paesaggi e voci in divenire che, pur “appesi”, continuano a muoversi per la loro stessa natura interartistica e intersoggettiva. L’arte versificatoria e quella pittorica divengono dunque mezzi per alimentare sguardi, affinché possa cogliersi l’affioramento sonoro e visivo di un movimento benevolo, testimonianza di come «lo spazio del bene» abbia, nonostante la volubilità dei suoi transiti, un suo «fine» etico ed estetico (Quadro 14).

 

Quadro 1

E nel mutato compendio d’immagini per la forza che il secolo ha avuto, ecco oggi restituito intatto il quadro, un uomo come antico solo e incerto per la via, dentro poca neve, e un camino. Presto arriverà neve nuova, una cosa da guardare, da dipingere, da qui. Mentre la valle attende da noi una risposta, dentro vaste nubi che si alzano e tornano e coprono, prende frase l’eternità: porta al punto. E non parla.

Ho parlato invece. Prima di voi. Da voi adesso aspetto una risposta, perché vi siete fatti avanti. Intanto vi ho ascoltato, ho raccolto tutto, giorno e notte. Notte, così vasta: io vi guardo.

*

Quadro 3

Ecco fuori una foglia, con su il carico della pioggia scesa, in casa una lampada e quattro candele, un fuoco e una foto, un piatto. Ecco il quadro. Con più nero, più nero, chiede il quadro. Ma io resisto alle lacrime e penso: se si spegne incontro alla vita l’animale fiaccato sorrido, un cinguettio adombrerà la morte e continuerà da solo. L’hai toccata la terra, hai raccolto il raccolto di un’estate: la gioia dei fiori che oggi secchi trattieni. Forse garofani, o rose. Portali nel quadro.

Mi guardi che cambio con la luce. Ti piace così tanto? Ti piace come entro ed esco dai tuoi occhi. T’innamori. Allora tienimi con te in penombra. C’è gioia qui, non senti? Il mio appassire per sempre, per te. Non temere. Se il nero in fondo ci aspetta, ci esalta.

*

Quadro 9

Sfigura i contorni, rimbomba sulle sue frasi in prigione, prigione per dire sei solo all’incrocio di due mari, tra l’amato e l’amare per sempre. C’era un padre e un odore nel piano dove si celebrava la sera e ora il tempo che non colori ha solo sogni terreni. Ma c’è ancora un’idea di rugiada e di pena, che ti ama, e tu rispondi. Entri nel quadro con lei e l’altra vita dal fondo vi domanda vita, chiede coraggio, invita a una traversata, un passo ancora.

Un’altra vita per te, un altro destino. Sarebbe stato possibile… Eppure sei qui ancora con me che ti amo dentro un colore raro. Nessuno lo riconosce e ancora non capisci.

 

Cristiano Poletti (1976) lavora all’Università di Bergamo. È autore di Porta a ognuno (L’arcolaio 2012) e del saggio Trovandomi in inviti superflui, in L’attesa e l’ignoto – L’opera multiforme di Dino Buzzati (L’arcolaio 2012). Dal 2007 al 2017 ha diretto Trevigliopoesia, festival di poesia e videopoesia. Dal 2013 è redattore del lit-blog Poetarum Silva (poetarumsilva.com): una raccolta di articoli, intitolata dei poeti, è stata pubblicata per Carteggi Letterari nel 2019. Ha pubblicato Temporali (Marcos y marcos 2019).

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