Fotografia di Dino Ignani

 

«Denkmal è un sostantivo neutro tedesco che significa monumento. È composto dai termini Denken, pensiero e mal, segno, termine, confine». Con questa nota, Gian Maria Annovi motiva il titolo della sua prima raccolta (Denkmal, L’Obliquo 1998). Un percorso poetico che, da una parte, si apre con una riflessione intorno alla materia linguistica e al suo incontro-scontro con l’identità che la produce; ma, dall’altra parte, sembra già arrivato a un punto di non ritorno («fare operazione di confine / di auto-costruzione / auto-castrazione della gola»), giungendo ad una coscienza della crisi che non riguarda solo il soggetto-poeta che dialoga con la parola, ma i fondamenti della parola in quanto oggetto segnico, significante.
Se i testi della prima raccolta risultano volutamente frammentari, intrappolati nel troppo-tutto troppo-poco di ascendenza celaniana, dalle successive due raccolte comincia a farsi strada in Annovi una maggiore narratività che, seppure non approdi ancora a una soluzione unitaria, preannuncia comunque una forte prossimità nell’economia intertestuale.
Sia nei quadri antropofagi di Self-eaters autofagi (Mazzoli 2007) che nei frame fissi di Terza persona cortese. Reality in sette visioni (d’if 2007) compare in maniera decisa un tema fortissimo della tradizione filosofica e poetica del secondo novecento, quello del corpo e della sua relazione con la produzione artistica. Un’attenzione non verso la corporalità estetizzata e astratta della tradizione lirica, bensì focalizzata nei suoi scarti (la cartilagine dell’unghia spezzata, la nuca leccata, la pelle del gomito, ecc.). Il corpo è per Annovi materia, immagine ed estensione stessa della parola poetica, intrappolata nella sua intrinseca caducità, destinata ad essere divorata all’atto stesso della pronuncia («è come parlare dello scrivere / un atto che ingoia la parola»).
Non a caso, la raccolta successiva, Kamikaze e altre persone (Transeuropa 2010) si apre con l’immagine lacerante della «stella kamikaze che brilla». Nei testi di questa silloge, punto di svolta nel percorso creativo dell’autore, a essere coinvolto nel precipizio non è solo il «corpo-kamikaze» ma è «il mondo bombato», l’intera galassia dei pronomi (io, tu, noi) chiamati a essere testimoni di una storia che sembra implodere nella sanguinosa insensatezza delle fosse comuni, scandita dal «tempo-timer» e «davanti alla tele che si accende».
Le successive raccolte dell’autore testimoniano il nuovo orizzonte civile (e narrativo) in cui si muove la sua poesia, laddove «il racconto diviene volontà di agganciare non solo la realtà di una concezione problematizzata dell’io, ma il tempo presente, la problematica realtà di questo paese e dei suoi nuovi soggetti» (Così lo stesso Annovi parla della sua poesia in Poeti degli Anni Zero, a cura di Vincenzo Ostuni, Ponte Sisto 2011).
Da un Io poetico braccato e avviluppato nel labirinto dei segni, la poesia di Annovi ha saputo evolversi, trovando nuova linfa nei linguaggi contemporanei. Una poesia, dunque, che si apre al mondo, che si fa testimone del presente, raccogliendone le parole sfibrate e traendo da esse nuova forza e vigore creativo.

 

da Denkmal (L’Obliquo 1998)

DENKMAL

(al colmo di questa finitezza
si resta comunque
soli)

non la certezza la guarigione
la riparazione di dire.

e fare operazione di confine
di auto-costruzione
auto-castrazione della gola

del pronome.

e il pensare dove termina
ci formi / scolpisca
ci faccia duri

statue mucchietti o figure

senz’arti ne parti

 

da Self-eaters autofagi (Mazzoli 2007)

self-eater #5

non si regge coi piedi e con le mani:
le protesi che devono restare
fin quando non sono ricresciute
piegato col mento sul costato
si squama e si distacca come niente
lo scatolo di ossa che lo tiene
ne pendono le parti dai cordoni
che morde e subito divora

è come parlare dello scrivere
un atto che ingoia la parola

 

da Terza persona cortese. Reality in sette visioni (d’if 2007)

camera # 5

capisco che Lei è buono
che la Sua bontà è immensa
anche quando mi tiene la mano
sul vapore della pentola a pressione
per mostrarmi che il dolore che io scrivo
non è vero quanto questo bollente che tortura
che non è mia invenzione

 

da Kamikaze e altre persone (Transeuropa 2010)

brilla corpo-kamikaze:
stella avariata
spunta le dita dei passanti
le falangi per aria
in un volo armato di
colombe

(tutto il mondo è bombato)
che nel balzo ti inclina
la schiena

che ti sbalza la pelle
di costole / di vertebre

che piombi acceso sul selciato

 

*

 

la senti tra i cadaveri
tra i labbri spaccati

fare strage di nomi

parola imbottita di chiodi e
tritolo

che stritola il coro degli assedi
(sommaria esecuzione ed
atti corporali)

la lingua (ti dico) non muore
ma tramortisce

 

Gian Maria Annovi (Reggio Emilia, 1978) esordisce giovanissimo con Denkmal (L’Obliquo 1998). Successivamente pubblica Self-eaters autofagi (Mazzoli 2007, finalista al premio Antonio Delfini), Terza persona cortese. Reality in sette visioni (d’If 2007), Kamikaze e altre persone (Transeuropa 2010), Italics (Aragno 2013), La scolta (Nottetempo 2013), Persona presente passato imperfetto (Lietocolle 2018). Vive a Los Angeles, dove insegna letteratura italiana presso la University of Southern California.

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