Dalla prefazione di Rossella Renzi

«Ho costruito una fonte con le loro pietre», così cita il secondo verso dell’esergo che Soriano sceglie per aprire questa nuova suggestiva raccolta. Un verso del poeta greco Odiesseas Elitis in cui la parola fonte è particolarmente evocativa e tanto dice dell’andamento creato dal suono, dallo sviluppo, dall’intreccio che questo libro presenta, con estrema vitalità e fervore.
Ci troviamo tra le mani un racconto in forma di poesia che può avere un valore autobiografico, se consideriamo la vita dell’autore caratterizzata dai viaggi e dalla permanenza in Oriente per diversi anni, ma che di un certo vissuto personale tenta disperatamente di disfarsi. Cerca conforto nelle voci cullate dalla memoria, che possono risvegliare il dolore, ma soprattutto possono trasformarsi in fonte di vita, grazie a quel miracolo incomprensibile che è la poesia.

«Nella voce non risiede solo il verso,
quello stipato dalla Musa di ogni spirito nel suo ventre di Madre.

Ebbene, quel bagliore fattosi suono riecheggia,
con ogni sorta di luminescenza – ogni tua bellezza».

Una voce limpida, quella di Soriano, luminosa e tesa a cantare la bellezza. Sebbene ci siano nel libro sezioni ben distinte, per tematiche e toni spesso molto cupi, lo scorrere dei versi produce un flusso inarrestabile di frammenti, suoni, vibrazioni. La pagina è un mosaico di sensazioni che coinvolge tutta la sfera sensoriale e si mette in dialogo con altre voci, altri vissuti. (…) E la poesia è sempre in qualche modo corale, per la pluralità di citazioni che si mettono in relazione con la voce di Soriano: da Eraclito a Gregory Corso, da Isabella Morra a Edward Cummings, da Franz Kafka a Giovanni Pascoli, manifestando quella volontà e insieme libertà di fare propria la voce dell’altro.
Sulla Via Lattea si accendono connessioni verso il mondo dell’arte e della musica che lo scrittore frequenta con appassionata vivacità. La complessità dei rimandi presenti in questo viaggio denota infatti una spiccata sensibilità artistica, in tutte le sue forme. L’approccio del poeta verso il mondo (del presente, del passato) è costantemente caratterizzato dal filtro della passione, considerando questo lemma nel suo significato più completo, indicando cioè «la condizione di chi si trova sottoposto a un’azione o impressione esterna e ne subisce l’effetto sia nel fisico sia nell’animo».
Sulla via che da Oriente riporta a Occidente, è la passione che fa da protagonista, con quel trasporto estremo per le cose, l’interesse vivo per ciò che concerne la bellezza, la natura umana e i suoi misteri, compreso il male. Molti versi raccontano, ad esempio, della passione amorosa per la donna, con modi che sfiorano la filosofia dell’amor cortese — quel sentimento capace di nobilitare e migliorare l’animo umano —, fondata sulla compresenza di desiderio erotico e tensione spirituale, angoscia ed esaltazione. E quell’afflato si estende verso i luoghi attraversati, abitati e si ravviva davanti ai fiori, alle piante, alla bellezza vegetale e naturale, per ripiegarsi sul dolore, sulle torture subite, sul ricordo della crudeltà che l’uomo sa mettere in atto, verso un altro uomo.

La Via lattea racconta in forma intima e lirica il percorso di un uomo che ritorna alla propria terra d’origine, l’Occidente, con tutto il carico simbolico che il tema del viaggio comporta. E il poeta, proprio come facevano gli antichi viaggiatori solcando i mari del mondo, si orienta con le stelle e nomina “La via lattea” quale strada maestra. Un viaggio fisico e insieme spirituale, intrapreso per ritrovare il proprio io, l’identità, la casa. Ma anche un viaggio che si compie attraverso la lingua, che può essere esperienza letteraria, ma anche necessità di accoglienza per le membra stanche, rifugio, consolazione nella parola, nel rito, nella preghiera.
In questo  inno ai sensi, e alla sensualità, trapelano riflessi e odori di luoghi antichi e silenziosi, di templi sacri, di stanze dove si consuma l’amore carnale, impreziosite da fiori e aromi sempre nuovi, senza dimenticare l’ombra del vuoto che incombe.

«È nel lutto che lo spirito assume un’altra forma, lo sai. Non so se in quell’obliquo senso del nulla ritrovi una sola ragione, una parola, un diniego – alla vita che spira, in forma di rosa.
[…]
Talvolta il sole nasce già morto a Oriente del mondo,
nulla riappacifica se non lo sguardo sulle foglie di latta al cospetto
dei fasci di luce»

La Via Lattea attraversa i luoghi dell’anima in un percorso spazio-temporale intriso di classicismo, con la forza e il coraggio delle imprese epiche, con la disperazione di chi si sente tradito e abbandonato. La ricerca continua attraverso la parola poetica, grazie al suo mistero che rivela ciò che non sappiamo, qualcosa che ci appartiene inconsapevolmente, portando luce e speranza anche in forma di preghiera — laica o religiosa — rivolta al mondo, alla natura, all’essere umano.
Questo il senso della litania conclusiva che dona calma, riappacifica e consola il lettore, con i suoi peculiari elementi ritmici e ripetitivi.
La poesia di Francisco Soriano è decisamente una rarità nel panorama della produzione poetica contemporanea. La tessitura dei suoi versi, così densa e variegata, richiede tempi lunghi di rilettura, di ascolto, di analisi per scoprire ogni filo prezioso che compone questo canto e il suo segreto. Una voce che giunge da lontano, che attraversa deserti, laghi, mari, monti, fiumi, che ha amato e patito ad ogni pagina, che non ha ceduto al silenzio (inteso come resa), che incarna la potenza della parola capace di lottare, di seminare, di riportare la luce proprio come una scia di stelle nell’oscurità di un cielo notturno.

 

da La Via Lattea (Eretica edizioni 2021)

Giunsi a te come nella stanza del saggio –
fra petali sparpagliati e passo lieve,
ancora cocci dal profumo del geranio in fiore.
Sii il germoglio del primo giorno,
il fiore scarlatto,
il folle mantello sgualcito
del cielo che si spegne –
così ti vedo.
Chi è più vecchio tra me e la falena
che, nel giorno accecante,
trova la morte?
Certo, sei il filo d’erba,
sospinto e rugoso nel mattino umido
così caro ai poeti del Nulla.
Accordami l’unica gioia,
e specchiati – finalmente – nel vetro concavo
sulle scale del desiderio,
dove pavoni rimangono in bella mostra.
Amo la danza e,
la testa servita – sul piatto d’argento.
Amo le foglie trascinate dalla pioggia sui vetri della tua finestra.

 

E tu –
sii gentile,
te ne prego – la luce che ci irradia – presto svanisce.
Nello scialle di velluto
sinuosa è la conca del tuo ventre:
acerbo l’odore del seme.
Sii gentile,
perché non calpesto la tua ombra,
né la bellezza che divide.
Perché immobili restano le nuvole
e, nel blando dolore, m’addormento.
La risacca unge la terra
con rigurgiti e lacrime trasparenti.
Sono scolpite le labbra sul tuo volto e,
nella bocca, nascondi misteriosi sonagli d’oro.
Sii gentile,
che il ricordo è muto,
mentre la voce s’increspa sulle pareti di ogni giorno.
Ingiusto è il mattino ai piedi del gelsomino – lo sai,
di ametiste infatti orni il tuo polso.
Sii gentile,
perché rincorrendo stelle non se ne viene a capo:
solo così – germoglia – questo sentimento che mi ammalia.

È il petalo nero della rosa selvaggia,
quello che più amo
e tutto scorre senza un solo ieri.

 

Voglio che sia luce sulla febbre del mondo e se,
dalla rocca – tra fremiti e sussulti – foglie
d’ulivo lampeggiano in squame d’argento,
non mi volto.
Ci sei.
Fuggi alle lusinghe sfrontate,
mi giudichi:
è solo amore in labili parole.
Bastano al mio sguardo i fiori di un giorno
sugli spuntoni di muri diroccati;
preziosa è la coscienza
d’essere altro.
Nella realtà
avvolgo il vuoto che mi lasci,
e sotto l’ombelico
il velo a malapena soffoca l’odore.

 

Francisco Soriano nasce a Caracas nel 1965. Attualmente vive a Ravenna e svolge la sua attività di docente. È stato insegnante e dirigente scolastico per diversi anni nella Scuola Italiana di Teheran “Pietro Della Valle”, occupandosi di inclusione e didattica dell’italiano a stranieri e pubblicando numerosi saggi storici e raccolte di poesie tradotte in persiano e pubblicate da diverse case editrici: Dove il sogno diventa pietraVita e morte di Mirza Reza KermaniNuova antologia poetica di ZahiroddolehDalla Terra al Cielo. Tusi e la setta degli Assassini di Alamut. Ha coordinato laboratori di poesia e traduzioni in lingua persiana e ha organizzato mostre di pittori e fotografi contemporanei di livello internazionale, serate dedicate alla poesia italiana e persiana con attrici e attori protagonisti del cinema internazionale. Ha scritto diversi articoli di letteratura sulla rivista “Argo” e ha pubblicato: Fra Metope e Calicanti (2013), La morte violenta di Isabella Morra (2017), Haiku Ravegnani (2018), Noe Itō. Vita e morte di un’anarchica giapponese (Mimesis 2018), La Via Lattea (Eeretica, 2021). Grazie al suo amore per il Vicino Oriente, oltre a essere vissuto per molti anni in Iran, ha visitato il Libano, la Giordania, la Siria, l’Armenia, l’Azerbaijan e la Turchia.

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