Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Nelle poesie di Claudia Cattelan ci sono diversi indizi di poetichese: anastrofi e in particolare inversioni dell’ordine sostantivo – aggettivo (“silenti stelle”, “bella fronte”, “misero cuore”), la scelta di parole di tono più elevato (“coltri”, “dì”, “congiunti” come aggettivo per “uniti”) e una struttura abbastanza schematica: le tre strofe di Canto d’amore cominciano ciascuna con un verbo al futuro in prima persona plurale (“Dipingeremo”, “Percorreremo”, “Ci sazieremo”) e le quattro strofe di L’ultimo bacio con un elemento corporale (“Il tuo corpo”, “La tua bocca”, “Le tue mani”, “Premo le mie labbra / sulla tua bella fronte”). Ne trascrivo due per intero per essere più chiaro:

Canto d’amore

Dipingeremo nel cielo
come due raggi di sole
congiunti in un’unica luce
il rosa dell’aurora,
il rosso del tramonto,
il blu del mezzodì.

Percorreremo insonni
i sentieri della notte,
ascoltando attoniti
il respiro della terra
e il canto d’amore
delle silenti stelle.

Ci sazieremo di baci
e di amplessi sfrenati
finché ci addormenteremo
dolcemente accarezzati
dal suono dei nostri cuori,
sincronicamente palpitanti.

L’ultimo bacio

Il tuo corpo, madre mia,
sulle coltri profumate
giace, immoto,
al mio cospetto.

La tua bocca mima
un sorriso aggraziato,
che ti illumina il viso
dal dolore scavato.

Le tue mani son giunte
a stringere un rosario,
appoggiate sul ventre
che un dì mi crebbe.

Premo le mie labbra
sulla tua bella fronte
per cogliere il sentore
dell’ultimo tuo tepore,
prima che il gelo avvolga
il mio misero cuore.

Ciò detto, rilevo una fantasia scalpitante e promettente, come quando in Crepuscolo il mare viene paragonato a un fiore carnivoro che ingurgita il sole e l’uso del verbo “mimare” per il sorriso della madre in L’ultimo bacio è di una profondità potenzialmente vertiginosa.

Nelle poesie di Cordelia Stagno D’Alcontrès ci sono nel bene e nel male gli elementi della poesia pop: immagini forti e nitide, di quelle che alla prima lettura già restano impresse ma poca – in apparenza – cura formale. I versi, di lunghezza molto irregolare, sono sostanzialmente prosa tagliuzzata con l’ENTER che reclamano a sostegno e complemento una performance. E ci sono alcune cose che tra l’omaggio al genere e l’anelito allo scandalo risultano paradossalmente ancora più stantie, come il triangolo maledetto e noir “vino, sigarette, pistola”. Oltrepassando gli stilemi soliti c’è senz’altro una buona fantasia, fervida e ironica, quando lo scabroso tocca forse corde sincere. È il rischio e il bello delle sovrapposizioni tra autore che scrive e personaggio che parla e del mix di letterario ed esistenziale che lo governa. Perché Cordelia si presenta come “una donna part-time, l’alter-ego di un uomo che avverte la potente necessità artistica di esplorare la sua parte femminile”. Non esistono formule, ma mi sembra un caso in cui maggiore disciplina o forse anche soltanto letture più profonde (più Cvetaeva e meno Bukowski) sarebbero d’aiuto. Ecco nel frattempo tre estratti per dare un’idea:

da BULLE TS

Il silenzio è sexy, ha detto qualcuno.
Sarà, ma io preferisco i proiettili.
Lo sai, tesoro, ho poco istinto materno,
il mio utero di femmina elettrica non tollera le pappette, il pianto isterico e i denti da latte.
Ho due stinchi d’acciaio sotto un velo di pelle profumata.

da BAD DAY

Oggi i nervi raschiano.
A volte capita.
La messa a fuoco non riesce.
Ci sono orgasmi che sono rimasti intrappolati nello scarico del water.
Sorrisi intrappolati sul fondo dei cassetti che non si aprono mai.
Anche l’orizzonte si è in lato da qualche parte, forse in ripostiglio, tra le scope e le candeggine.
La candeggina sbianca. La nicotina ingiallisce.

da 16 BLINKS


Esistere senza scarpe è più intimo:
io e i miei piedi,
io e le mie mani,
io e il mio petto,
ogni parte di me vuole accoppiarsi con il resto del corpo, esistere è una questione di anima e lenzuola orgiastiche; mi verso dell’altro vino,
rollo un’altra sigaretta,
questa fottuta magia svanirà tra 16 battiti di ciglia: quanto fa in secondi?
Quanto fa in battiti cardiaci?
E quanto in colpi di rasoio?

Come poesia del mese ne scelgo tre tra quelle inviate da Matteo Galluzzo. In una poesia (un’altra) parla del Kintsugi, la (uso la sua definizione) “tecnica di riparare con l’oro / il vasellame crepato”. Ecco, mi sembra che Matteo Galluzzo ripari sintagmi e stilemi di coccio con l’oro del suo sguardo: l’attenzione per il tempo che ci ignora e per gli oggetti di cui ci siamo serviti. Le crepe si vedono, ma sono belle, sono preziose.

Il tuo telefono
è diventato mio talismano;
eredità di affetti
tramandata nelle cose.
Lo guardo, ci appoggio l’orecchio
per credere che ci sia
dentro la tua voce,
ancora incastrata tra le valvole.
Silenzio. Nessun miracolo.
Riattacco. Squilla il telefono.

***

Gli scricchiolii della sedia
deserta nell’angolo in attesa.
Il dialogo dei termosifoni spenti
nella calura d’agosto.
Custodiscono il ricordo, le cose,
di atti trattenuti nel fondo della materia.
La verità delle giunture e degli spigoli,
vibrante sotto la scorza ruvida,
nell’assoluta calma del mondo circostante.

***

L’assente non è colui che scompare
oltre le gialle strettoie del tempo.
Ma qualcosa che resta nelle trame dei giorni,
nelle minime depressioni dei divani.
È la ruota che gira per inerzia ancora
a lungo dopo il colpo di pedale.

 

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato quattro libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (OMP 2008), Parole incrociate (Tracce 2008), Ostello della gioventù bruciata (Miraggi 2015) e Nature morte e vanità (Vydia 2020). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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