Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi dei poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Le poesie di Matteo Manfrinati fanno parte di un ciclo che s’intitola “Crollo della galassia centrale” e il titolo asimoviano suggerisce derive o quanto meno analogie fantascientifiche. Vengono messi in scena fatti di cronaca nera (in particolare un duplice omicidio commesso in agosto nella provincia di Cuneo), un controllo di polizia, il volo di misteriosi droni. I versi sono accoppiati in rime baciate, libere però da leziosità filastroccose ed eventualmente assonanzate (sentire: cortile, cercarlo: Bernardo, Torre: correre, metropoli: rotoli). L’interesse di quello che è raccontato sta più in quello che sottintende e fa presagire che in quello che dice e più ancora, probabilmente, nel disegno complessivo che ogni componimento contribuisce e contribuirà a formare, come tasselli d’un mosaico. In quella qui riportata ci sono la cosa migliore (l’annuncio dei droni nel primo verso esplicitato solo tre versi dopo) e la peggiore (l’apocope “scendon”: vezzo poetico che cozza con il tono cronachistico della serie).

Puntini a zonzo nella grande metropoli.
Un attimo e tutto il patriottismo va a rotoli.
Scendon dai palazzi mai uditi suoni,
La gente si sbraccia urlando: «Droni!»

L’esplicito riferimento a Pessoa nel titolo, le tessere linguistiche crepuscolari, in particolare la presentazione del poeta sotto infantili spoglie (“ecco chi / sono, un bambino nascosto / dietro a una pila di libri sempre / più alta” cfr. Corazzini), l’impaginazione dei versi mossa, a metà pagina, lo slancio di rivolta che si sfascia in rinuncia: ecco alcuni degli ingredienti delle poesie di Nicolò Tudorov. La struttura ritmica si basa più che sulle rime sulle abbondanti ripetizioni, come i verbi “gettare”, “squillare”, “stare” e “pregare” nella poesia seguente e in un’altra poesia l’interrogazione “Vivere in questo modo?” ripetuta tre volte.

O desassossego.

Basta, getto la spugna
sono stanco di rincorrere
nuvole scure e di telefoni
che squillano muti senza
un vero senso

nemmeno un senso.

Quei quattro cocci rimasti
li getto e ti prego, ti prego
getta anche il tuo, ora e
per sempre fanciulla mia bella
abbasso la maschera, ecco chi
sono, un bambino nascosto
dietro a una pila di libri sempre
più alta, stammi distante, non starmi
vicino non toccarmi non voglio
star male lasciami in pace; ancora
una volta mia bella fanciulla
gira la giostra non ti rincorro
il telefono squilla, squilla di
nuovo, nessuno risponde rimane
il silenzio che urla poche parole
nessuno mi ascolta mi faccio
vicino vicino, a me stesso
e a nessuno

abbraccio il cuscino

il mio gatto soltanto

struscia il destino

ed io
ancora

inquieto

rimango.

Come poesia del mese scelgo una delle tre inviate da Francesca Soriani, tratta, come le altre due, dal libro “C’è una scala in un gradino” (Temperino rosso, 2023): un titolo che è un frattale. È una poesia che evoca un amore precario servendosi della potente arma dell’ellissi: la censura enigmistica della toponomastica stradale del titolo, in apertura il gesto passionale adombrato e insinuato dalla reazione psicologica che esso provoca, l’aggettivo in chiusa “preverbali” riferito a “baci” che decreta che quello che fa scaturire la poesia nella poesia non entra o, se entra, lo fa sotto forma di stentata eco.

Via *******

Cambi il mio modo di ragionare
in vicoli appartati,
dove non è dato spazio
all’incertezza.
La strada è sbarrata
se non si è dotati di una barra
spaziatrice interiore,
ciò che ci mantiene ciechi
e digitati in baci preverbali.

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato quattro libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (OMP 2008), Parole incrociate (Tracce 2008), Ostello della gioventù bruciata (Miraggi 2015) e Nature morte e vanità (Vydia 2020). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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