Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi dei poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Nelle poesie di Federico Digilio il paesaggio veneto è costruito su un’alternanza tra natura e impatto umano, l’uno e l’altra in costante degradazione e in mutuo accavallamento. Melograno, nespole, ortiche, stelle da una parte e mattone, malta, cisterna, posto di blocco stradale dall’altra. Il finale, con la battigia paragonata a grumi di sangue, propone persino un’ipotetica sovrapposizione. Mi chiedo che cosa ne penserebbe Zanzotto di tutto questo.

Il rosso invade il melograno nel suo lusso stagionale e le foglie muoiono e le nespole anche muoiono nere sulla strada
le facciate senza intonaci mostrano il mattone e la malta e il Veneto nella sua stagione prodiga
il mosto e le grappe fermentano l’autunnale sorriso alcolico
L’ultima cisterna scarica benzina nell’ultima stazione conficcata nel giallo
chi mi riempie il serbatoio non ha mai varcato quel confine di ortiche
gusta l’orizzonte con i soldi nel marsupio e giura di non averlo mai varcato quel confine

Ma le stelle sono in cielo e i rami sottolineano quel respiro della notte che non scuote via la noia ma la vita
battuta da quelle due puttane e un posto di blocco familiare
sbadigliano tutti alla luna
è la prostrazione generazionale come sacra abitudine
come un fermo diventi poliziesco e teatrale sull unica strada verso l’alba lo sa Dio
Ecco il mare i palloncini e i gonfiabili

dopo il noioso arrossire viene la baldoria e carte di credito limitate
la battigia è crepata come grumi di sangue sui porti rovigotti

In un altro testo il poeta può esordire con una quadruplice negazione (“no / non si sceglie / e no / non mi importa di 10 o 15 cubi di cielo”) e paragonarsi a “uno smisurato ratto” o a Cristo. Grappa e battigia sono le parole che ritornano e il sentimento di una provincia cronica e fatale è onnipresente.

Valeria Zoppo è più attenta ai giochi di suono, alle similitudini chiare e di sicuro effetto, alle raffiche di domande più o meno retoriche. Ecco un esempio della sua poesia:

At-tendo

E dopo te è un unico,
lento
sospiro
una vita che non so di chi è, almeno finché non torni
qui.
Come albero alle soglie dell’inverno,
a te tendo.
Come un orologio scarico,
attendo.
Come fiore, celo la corolla e mi spengo
l’aria tiepida ancora e poi sarà fredda e secca,
tremo e pian piano sento:
il cuore batte, ma più lentamente,
quasi non si sente
sembrerò un torso di mela quando tornerai.

 

Suo è uno dei più bei versi che ho avuto il privilegio di leggere in questa rubrica (il presente è il settantesimo articolo):

scoprii che il mare senza sale non funziona

che è semplice, memorabile, preciso, polivalente e aperto. Inevitabile chiedersi, leggendolo, quale sia la funzione del mare e restare sospesi alle risposte che eventualmente ognuna e ognuno può darsi.

Come poesia del mese scelgo Crocifissione liquida di Eleonora Federici, perché sfacciatamente pop. Il quasi fastidioso dropping name, l’inglese (reel, smartphone, selfie) che incrosta l’italiano come l’abbigliamento rinascimentale una scena evangelica, l’assurda assordanza (Raggaeton e Vasco Rossi nella prima strofa, esplosioni e ronzio nell’ultima) e, infine e soprattutto, l’ultimo verso, perché l’unico imperfetto del testo (c’era) crea un effetto temporale di zoom all’indietro, chiudendo su un drone che potrebbe rappresentare una specie di antitesi della colomba/Spirito Santo.

Crocifissione liquida

I reel con il Raggaeton sopra,
burattini distribuiscono
Red Bull; qualcuno fa una storia
con una canzone di Vasco:
“Vado al massimo”.

L’obiettivo degli smartphone
è puntato sul sangue,
che gronda dalla croce:
si fanno selfie con le dita
nelle piaghe, video su Instagram
della flagellazione.

Partono fuochi d’artificio
Boom boom
e vroooooom:
c’era anche un drone.

 

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato quattro libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (OMP 2008), Parole incrociate (Tracce 2008), Ostello della gioventù bruciata (Miraggi 2015) e Nature morte e vanità (Vydia 2020). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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