Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Le poesie di Ilaria Patano hanno ironia, energia e molta più attenzione formale di quello che lo slancio delle frasi lascerebbero pensare. I versi sono chiari, alta è la leggibilità apparente, ma talmente ricchi di foga e autoconsapevolezza (i propri sogni, il proprio corpo, i propri versi) da renderli anche profondi. Insomma un’invidiabile miscela di facilità alla prima lettura e resistenza alle successive. I versi facili in genere si consumano presto, mentre questi conservano meglio, soprattutto quando giocano di sorpresa. L’ironia fa capolino nelle freddure, ad esempio “valore in borse / sotto gli occhi”, “avrai mica letto / a letto” o ancora, inscenando la fantasia comune del proprio funerale, quando immagina di arrivarci “cinque minuti in anticipo sulla tabella di marcia (funebre)”. L’energia si carica e circola tra gli avverbi e le indicazioni temporali e spaziali, come i vari “spesso”, “a volte”, “l’altro giorno”, le ore tra la fine della notte e l’inizio della mattina e i punti in cui viene fornita una misura, che siano i seicento metri di raggio di vista in cui contare le ingiustizie o i due centimetri sufficienti a cadere. In un verso Patano dice che ha scritto molte brutte poesie. Io ne ho lette solo tre e brutte non lo sono affatto. Ecco un campione:

L’altro giorno ci ho sognato
masticavamo le suole delle scarpe
qualcuno si è seduto sulle mie costole
(ma quando l’aggiusti la guarnizione della caffettiera?)
mi è sembrato di sentirti attraccare era notte piena o quasi mattino
di tanto in tanto sparisci
ti sciogli
muori con le urla in fondo alla gola
io cieca ti cerco ma devi vibrare
agitarti
bussare
se vuoi che ti trovi

Quello che ho preferito delle poesie di Alban Alessandro Alexandr sono alcuni enunciati che si prestano, soprattutto se isolati, alla sentenziosità. Penso a versi come “Non c’è alcun bisogno di chiarezza” o “Poiché nulla di / Ciò che viviamo se ne / Va veramente”. Ci sono elementi ricorrenti e assoluti (l’acqua, il bruciare) che forse per l’anelito di essere universali corrono il rischio di essere inattuali. Sentenze a parte, il punto migliore (come sempre a mio modesto avviso) è nell’ungarettiana Cinguettio, in cui la tovaglia fornisce un elemento concreto e visibile che vale più di tanti fiori e mari e venti e l’estate è presente nel suono ribattuto dell’accento (estàte: sbàttere).

Ho sentito
L’estate
Nello sbattere
D’una tovaglia
Su un balcone
Di stelle

Come poesia del mese scelgo una poesia d’amore di Giuseppe Pipino, per l’originalità e l’equilibrio tra verso libero e rigore strutturale, per come i versi con le domande si stagliano e stendono rispetto alle media degli altri versi e aggettivi come “insensato” e “insana” rientrano nel campo semantico dell’amore. Le rime (crea: epopea, te: me, lente: mente, finale: crinale) danno vivacità a un discorso che potrebbe altrimenti rischiare la concettosità. Mi ha fatto pensare alla frase del Livre d’or de la Comtesse Diane: “Cos’è l’aritmetica del sentimento? Uno più uno fa uno”.

Aritmetiche Cardiache

come fosse possibile prevedere o preordinare
l’insensato equilibrio di stare
affianco
poggiando l’uno sull’uno dell’altro
addendi che guardano al due 
come sostanza che non si crea
se a pretesa aritmetica
si aggiunge l’insana epopea
di cercare te
usando me
come lente
dirmelo a mente
partecipante al calcolo finale 
che aggiunge ai tuoi occhi
i miei sul crinale
che fare se ti guardo e niente si moltiplica?
operazione possibile
quella di forzare la cifra
fornire al dividendo
una via d’uscita
che fare se al finire s’aggiunge la fatica?
rompiamo la riga
è quasi mattina
sottrarre non salva
non salva l’attesa
se l’attesa è agonia

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato quattro libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (OMP 2008), Parole incrociate (Tracce 2008), Ostello della gioventù bruciata (Miraggi 2015) e Nature morte e vanità (Vydia 2020). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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