Immagine di Leonor Krasner

Rubbrica: Le Parole dell’attuale

Recensione di Francesca Innocenzi

L’isola di Spetses, con il suo mare violazzurro, il cielo notturno puntinato di stelle, le sue albe, è lo scenario geografico e simbolico in cui prendono forma le poesie di Iulita Iliopulu, proposte qui in un’edizione bilingue che riunisce i versi di Il mosaico della notte e le prose poetiche di La casa; testi accomunati da elementi tematici e sintattici, in una scrittura profondamente metaforica, frammentata e complessa, che rinvia al lato enigmatico, oscuro, onirico dell’esistenza. In particolare, in Il mosaico della notte la scelta di classificare i testi secondo le lettere dell’alfabeto greco rientra nella volontà di conferire un ordine cosmogonico e di rappresentare la totalità di un’esperienza. Le raffigurazioni della casa, della notte, del mare si incastrano semanticamente, a costituire un mosaico dalle sfumature acquarellate, in accordo alle note musicali. La musica stessa si fa immagine nella capacità di donare una tangibilità all’invisibile; una raffinata sensibilità percettiva confermata dall’impiego di sinestesie – «luci cadenti di suoni».

La casa è organismo animato, vivo, sovrapponibile al corpo, specialmente nella strenua difesa contro un assalto, un’irruzione: «Una riga come non scritta/ Un urlo/ Il momento in cui alcuni forzano la porta/ E la casa resiste/ E come belva incatenata mugola cupamente/ Con il cuore che batte veloce». Nel campo semantico della casa rientra pure una varietà di luoghi chiusi – il giardino, il museo, la stanza d’albergo – custodi di un vissuto personale e sovrapersonale, emblema di spazi interiori. Mentre il dato naturale, ancestrale – la luna, il mare, le colline – serba intatta la sua atemporalità, i luoghi chiusi costellati di presenze umane sono soggetti all’azione corrosiva del tempo. La casa evoca così una dolorosa percezione di abbandono, disfacimento, assenza; assimilata alla nave, simbolizza il divenire, il mutare delle cose, il moto inesorabile degli anni fino al furore distruttivo del naufragio.

Casa è protezione e prigione, rassicurazione e rovina, nascondimento e svelamento, custodia e abbandono. Vi dimorano figure femminili relegate in solitaria attesa, sacerdotesse del focolare domestico eternamente sospese. Da evidenziare la ricorrenza della finestra, confine significatore di bivalenza, apertura/chiusura nella bidirezionalità dello sguardo, che si rivolge dall’esterno verso la casa o dalla casa verso l’esterno. In questa continua osmosi tra il dentro e il fuori, la notte, dato sensibile e simbolico ad un tempo, è apertura e insieme contenitore, una «casa di stelle». Vere e proprie scenografie della liturgia del vivere, le abitazioni, rappresentate e raccontate, alludono alle esistenze di personaggi che si intravedono appena sullo sfondo, anche quando si trovano ad affrontare il rito di passaggio della morte.

La confluenza della dimensione personale in quella sovrapersonale prende corpo nell’antitesi tra chi per necessità abbandona la propria casa e va incontro all’ignoto, e chi può permettersi di restare al sicuro senza ombra di turbamento. Entro tale prospettiva, la casa in rovina è la baracca data alle fiamme con il beneplacito della legge dell’uomo. Nei versi di Ventunesimo secolo termini che tracciano una climax ascendente di violenza rendono le pesanti contraddizioni dei nostri tempi, dotandosi nondimeno di un senso universale: «Secolo che si finge clemente/ Con intenzioni sempre ostili/ Scheda, identifica/ Contrassegna – catapulta – i passeggeri in soprannumero/ Di un battello immateriale che inviato per salvare/ Segnala le perdite accertate – per motivi/ statistici soltanto».

Lo status di straniero, il nomadismo, non mancano di trasporsi in una condizione esistenziale: «Per tanti anni ho nuotato di casa in casa». Il viaggio è in primis stato mentale, onirico, salto temporale, spostamento a ritroso nella memoria che riapproda nei territori dell’infanzia. L’io poetante riscopre l’attitudine alla visione, uno sguardo stupito che si perde in contorni sfumati, in cerca di orizzonti imperituri. Il potere della memoria, individuale e collettiva, delinea immagini archetipiche filtrate dal linguaggio dell’analogia: «Ancora bianca e diafana/ Foglia rotonda dell’albero del cielo/ Dal gambo invisibile che regge/ Con fermezza i secoli»; qui l’astro notturno è divinità antica che fa da tramite tra passato e presente. Analogamente le stelle racchiudono l’essenza di dei, sovrani, spiriti di antenati precipitati da epoche remote, che si materializza nella ieraticità delle statue.

Le valenze polisemiche finora individuate non mancano di confermarsi nell’elemento onnipresente, immancabile nel paesaggio isolano, il mare. Il mare – che in greco, thálassa, è di genere femminile, come la notte – accoglie la summa del naturale e dell’umano, la storia delle specie viventi. È abitato da esseri acquatici che condividono il percorso di vita dei loro compagni aerei e terresti, votato al passaggio ad una dimensione superiore; dipinto nelle sue variegate tonalità cromatiche, è l’intelaiatura di quel mosaico della notte risultato dall’incontro, dalla compenetrazione, dall’unione delle diversità. Il mare, si sa, è fluttuazione e inquietudine, smarrimento e ritorno. E il desiderio di riappropriarsi di luoghi persi trova soluzione nel conforto di un amore che sia casa, in un andamento circolare in cui l’omega coincide con l’inizio e sancisce, nell’esperienza metonimica del bacio, l’immaterialità del vero riparo.

da Il mosaico della notte (Donzelli 2022)

Nessuno, il cane della spiaggia

Sera e il cane della spiaggia, bagnato
Ora corre leggero e minuto
Calpestando verdi ciottoli, vetri divenuti ghiaia
Più raramente conchiglie e anche piccoli frammenti di mattoni
di una casa mai costruita
Ora chiazza bruna dalla criniera equina va al largo
Con l’istinto del nuotatore reso felice – anche solo per un attimo –
per tanto azzurro
Ora resta immobile, grigio, enorme sulle scale di una vecchia
casa
Che gli anni hanno chiuso per sempre
Ed è rimasto un cumulo di sale a ostruire le persiane
L’apertura della porta
L’udito dei fantasmi
Che passano di nascosto la notte come ombre tra i cipressi del
giardino
E prendono la scorciatoia scendendo
Tra l’inquietudine degli uomini addormentati.

Sera e il cane della spiaggia, bagnato
Ansimando per i comandi del cielo
Guarda – solo lui – negli occhi il buio
Poi assetato con la punta della lingua
S’immerge nella polvere delle stelle
Si perde lontano nelle acque turchine e torna
Guardiano fedele dell’estate.

Οὗτις, ὁ σκύλος τῆς ἀκτῆς

Ἀπόγευμα κι ὁ σκύλος τῆς ἀκτῆς στέκει βρεγμένος
Ἄλλοτε τρέχοντας ἐλαφρύς καί μικρός
Κρούει πράσινα βότσαλα, γυαλιά πού ἔχουν γίνει χαλίκια
Κογχύλια, πιό σπάνια, καί μικρά θρύμματα τούβλων τοῦ
σπιτιοῦ πού δέν χτίστηκε
Ἄλλοτε καφετής μέ χαίτη σάν ἄλογο ἀνοίγεται μακριά
Μέ τό ἔνστικτο κολυμβητῆ πού εὐτύχησε –γιά μία ἔστω
στιγμή– τέτοιο γαλάζιο
Κι ἄλλοτε ἀκίνητος, γκρίζος, τεράστιος στά σκαλιά
σπιτιοῦ παλαιοῦ
Πού τό κλεῖσαν γιά πάντα οἱ χρόνοι
Κι ἀπόμεινε σωρός τό ἁλάτι νά φράζει τίς γρίλιες
Τῆς πόρτας τό ἄνοιγμα
Τῶν φαντασμάτων τήν ἀκοή
Πού σκυφτά περνοῦν τίς νύχτες, σκιές ἀπ’ τοῦ κήπου τά
κυπαρίσσια ἀνάμεσα
Καί κόβουν δρόμο κατηφορίζοντας
Μέσ’ ἀπ’ τῶν κοιμωμένων ἀνθρώπων τήν ταραχή.

Βράδυ κι ὁ σκύλος τῆς ἀκτῆς στέκει βρεγμένος
Ἀνασαίνοντας γρήγορα τοῦ οὐρανοῦ τά προστάγματα
Βλέπει –ὁ μόνος– κατάματα τό σκοτάδι
Καί διψώντας μέ τήν ἄκρη τῆς γλώσσας του
Μές στή σκόνη τῶν ἄστρων βουτᾶ
Στά νερά τά μπλάβα μακριά χάνεται κι ἐπιστρέφει
Πιστός φύλακας τοῦ καλοκαιριοῦ.

 

Casa sulla spiaggia di Elèni

Guarda verso la luce
Anche se porte e finestre restano chiuse

A volte schiudono le persiane
E due mani di donna sbattono un asciugamano grigiastro
Bandiera dei segreti racchiusi da sempre in questa casa
Pesante, radicata saldamente sul mare
Costruita per lunghi anni con silenzi di pietra
Con ombre tutt’intorno al recinto
Con luci spente sulla facciata
Stracolma – quadri, tristezze, mobili –
E completamente vuota
Tinte leggere la abitano ora
Più dei passi stranieri dei nuovi inquilini
Che, di camera in camera lenti, echeggiano
Tradimento.

Σπίτι στήν παραλία τῆς Ἑλένης

Στραμμένο στό φῶς
Καί ὅμως. Μέ κλειστές πόρτες – παράθυρα

Κάποτε μισανοίγουν τά παντζούρια
Καί δυό χέρια γυναίκας τινάζουν μιά πετσέτα γκριζόλευκη
Σημαία τῶν μυστικῶν πού εἶχε πάντοτε τοῦτο τό σπίτι
Βαρύ, πατώντας γενναῖα στή θάλασσα
Χρόνους πολλούς μέ πέτρινες σιωπές χτισμένο
Μέ ἴσκιους στή μάντρα ὁλόγυρα
Μέ σβησμένα φανάρια στήν πρόσοψη
Γεμάτο ὥς πάνω –τά κάδρα, οἱ λύπες, τά ἔπιπλα–
Κι ἐντελῶς ἄδειο
Ἐλαφρά ὑδροχρώματα νά τό κατοικοῦν
Πιό πολύ κι ἀπ’ τῶν νέων ἐνοίκων τώρα τά ξένα τά βήματα
Πού ἀπό κάμαρη σέ κάμαρη ἀργά, ἠχοῦν
Προδοσία.

 

Pesciolini

Assetati di un po’ di aria
Nuotando
Descrivono un rapido arco
Fuori del mare
E di nuovo si affrettano
L’uno dietro l’altro
A tornare acquatici
Senza rumore alcuno
Per bisbigliare un po’ di vita
Misurando ogni volta
Il cangiante blu profondo, chiaro, azzurro, quasi verde
Perché passino
Giorni e sentimenti
Fino ad arrivare – forse – d’autunno al largo
Inargentando per un attimo
Il nero del mare lontano
E come esseri umani
In una spirale d’acqua mai solcata se ne vanno una volta per sempre
In alto, nel mosaico
Della notte lucciole tralucenti.

Ψαράκια

Διψασμένα γιά λίγο ἀέρα
Ἔτσι καθώς κολυμποῦν
Μιά βιαστική καμπύλη διαγράφουν
Ἔξω ἀπ’ τή θάλασσα
Καί ξανά σπεύδουν
Τό ἕνα ἀκολουθώντας δίπλα τό ἄλλο
Νά ἐπιστρέψουν ὑδρόβια
Χωρίς ἦχο κανένα
Νά μουρμουρίσουν λιγάκι ζωή
Τό ἀλλαγμένο μπλέ βαθύ, ἀνοιχτό, οὐρανί, πρός τό πράσινο
Κάθε φορά
Μετρώντας, μέρες κι αἰσθήματα
Νά περάσουν
Ὥσπου νά φθάσουν –ἴσως– φθινόπωρο στ’ ἀνοιχτά
Τῆς μακρινῆς θαλάσσης τό μαῦρο
Μιά στιγμή ν’ ἀσημίσουν
Κι ὅμοια ἄνθρωποι
Σέ στροφή ἀπάτητη τοῦ νεροῦ μιά γιά πάντα νά φύγουν
Ψηλά, στό ψηφιδωτό
Τῆς νύχτας πυγολαμπίδες διάφανες.

Iulita Iliopulu, poetessa greca nata nel 1965, ha studiato letteratura bizantina e neogreca all’Università di Atene e teatro alla Scuola d’arte drammatica dell’Accademia di Atene. Scrive poesie, saggi e fiabe per bambini. Suoi componimenti sono tradotti in inglese, francese, spagnolo, italiano in antologie e riviste letterarie. Autrice di otto raccolte poetiche, ha tradotto In difesa della poesia di Percy B. Shelley e ha scritto diversi saggi e uno studio critico sulla poesia del Premio Nobel Odisseas Elitis. Si è occupata dell’opera del poeta anche con numerose conferenze e letture di suoi versi in Grecia e all’estero, oltre a curare l’edizione di molti suoi libri.

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