Ritratto di John Keats

Dall’introduzione di Luca Alvino

[…] Keats è uno di quei poeti che deve essere letto sul libro, non può essere ascoltato. Le sue frasi si dilatano ben oltre la misura del singolo verso, e si amplificano come le onde provocate da un sasso gettato in uno stagno. C’è bisogno di rileggerlo, di tornare indietro, cercare il soggetto dei verbi; i periodi si articolano in numerose coordinate e secondarie, la punteggiatura è di assoluta rilevanza per la comprensione, perché apre e chiude, e segna le volute del pensiero. Il tutto, rispettando le regole rigide dei versi e delle strofe, con rime perfette e sempre evocative. Poi, dopo sei o sette versi, a volte più, si riallaccia alla proposizione principale, e la perfeziona, la porta a compimento. Il cerchio si chiude magicamente, ma – lo ripeto – occorre leggere e rileggere, è impossibile seguirlo solamente con l’ascolto. In ciò consiste forse l’incanto più alto dei suoi versi. Un’altra cosa che potevo fare nella mia traduzione era giocare con gli endecasillabi, inserire continui enjambements, procrastinare il senso fino al termine della frase poetica. In tal modo ho tentato di riprodurre quei viluppi sintattici e versali che sono una delle caratteristiche più incisive e peculiari del nostro autore. Infine, l’ultimo aspetto sul quale ho puntato è stato il lessico. Poiché si trattava di una traduzione per i contemporanei, ho scelto di usare un lessico quasi sempre attuale, ma non ho risparmiato in alcuni punti una velatura di arcaismo. Questo perché Keats sceglie di usare, quando capita, un linguaggio aulico, erudito, ed è difficile negare che una parte del fascino della sua poesia consista in quelle parole non usuali con cui cosparge il suo dettato poetico come un mosaico, con dei brillanti sfavillanti. Keats, pur essendo morto molto giovane, a meno di ventisei anni, ebbe una produzione poetica particolarmente generosa. Dovendo selezionare un’antologia dei suoi testi, ho preferito tradurre le odi e i sonetti, che tra le sue opere mi sembravano le meglio riuscite, non tanto da un punto di vista formale, ma in quanto sono portatrici di un messaggio duraturo, e non peccano di un’eccessiva erudizione antiquaria (come forse i poemetti) o di una troppo caduca attualità (come le epistole), che le rende meno fruibili da parte di un pubblico contemporaneo. Delle odi e dei sonetti scritti da Keats, in questa raccolta trovate quasi tutto. Pochissimi componimenti ho preferito tenere fuori, perché a mio avviso non rendevano giustizia al suo genio creativo. […]

Da Mio cuore (Interno Poesia Editore 2023), curatela e traduzione di Luca Alvino

Alla Speranza

Quando al mio focolare, solitario,
mi siedo, e con i miei pensieri d’odio
avviluppo di buio il cuore mio;
quando i bei sogni all’occhio della mente
più non balenano, e la nuda landa
della vita non mostra più i suoi fiori;
dolce Speranza, il tuo soave balsamo
versa sopra di me, e poi sul mio capo
muovi su e giù d’argento le tue ali.

Se al calar della notte, io vagando,
dove i rami intrecciandosi tra loro
schermano fitti i raggi della luna,
uno Sconforto triste amareggiasse
le mie meditazioni, e, corrucciato,
mettesse in fuga, dolce, l’Allegria,
mostrati con i raggi della luna
tra le fronde del tetto, e scaccia via
lontano lo Sconforto maledetto.

Se Delusione, madre dell’Angoscia,
la figlia costringesse ad agguantare
il mio cuore sbadato; e, come nuvola,
si preparasse, assisa sopra l’aria,
a colpire la vittima ammaliata;
scacciala col tuo volto luminoso,
falla fuggire, o mia dolce Speranza,
come il mattino mette in fuga il buio!
Se il fato di coloro che ho più cari
raccontasse una storia di dolore
al mio cuore apprensivo, o mia Speranza
dagli occhi luminosi, la morbosa
mia fantasia rallegra; per un poco
donami i tuoi sollievi più soavi;
la luce tua risplenda intorno a me,
luce che vien dal cielo, e sul mio capo
muovi su e giù d’argento le tue ali.

Se un infelice amore addolorasse
il petto, o per crudeli genitori,
o per crudele amante; fammi credere
che non sia vano stare a sussurrare
i miei sonetti all’aria a mezzanotte!
Dolce Speranza, il tuo soave balsamo
versa sopra di me, e poi sul mio capo
muovi su e giù d’argento le tue ali.

Nello scorcio degli anni che verranno,
fa’ ch’io non veda del nostro paese
dissolversi l’onore; e veda invece
serbar l’anima sua la nostra terra,
ed il suo orgoglio, la sua libertà,
non solo l’ombra della libertà.
Riversa dai tuoi occhi luminosi
inusuale luce – alla mia testa
dai protezione sotto le tue ali.

E ch’io mai veda della patria il lascito
altissimo, la grande Libertà,
maestosa, ma vestita in modo povero!
Oppressa con la porpora indecente
di un tribunale, con la testa china,
che muore già; ma lasciati vedere
mentre dall’alto scendi sulle ali
ed empi il ciel d’argento scintillante.

E come quando, nella sua brillante
maestà, una stella d’oro va coprendo
la chiara cima d’una nube oscura;
ed in tal modo lei va rischiarando
del cielo il volto buio per metà;
tu, similmente, quando i miei pensieri
oscuri avvolgono il mio cuore presago,
dolce Speranza, il tuo celeste influsso
riversa intorno a me, e poi sul mio capo
muovi su e giù d’argento le tue ali.

 

To Hope

When by my solitary hearth I sit,
And hateful thoughts enwrap my soul in gloom;
When no fair dreams before my ‘mind’s eye’ flit,
And the bare heat of life presents no bloom;
Sweet Hope, ethereal balm upon me shed,
And wave thy silver pinions o’er my head.

Whene’er I wander, at the fall of night,
Where woven boughs shut out the moon’s bright ray,
Should sad Despondency my musings fright,
And frown, to drive fair Cheerfulness away,
Peep with the moon-beams through the leafy roof,
And keep that fiend Despondence far aloof.

Should Disappointment, parent of Despair,
Strive for her son to seize my careless heart;
When, like a cloud, he sits upon the air,
Preparing on his spell-bound prey to dart:
Chase him away, sweet Hope, with visage bright,
And fright him as the morning frightens night!

Whene’er the fate of those I hold most dear
Tells to my fearful breast a tale of sorrow,
O bright-eyed Hope, my morbid fancy cheer;
Let me awhile thy sweetest comforts borrow:
Thy heaven-born radiance around me shed,
And wave thy silver pinions o’er my head!

Should e’er unhappy love my bosom pain,
From cruel parents, or relentless fair;
O let me think it is not quite in vain
To sigh out sonnets to the midnight air!
Sweet Hope, ethereal balm upon me shed,
And wave thy silver pinions o’er my head!

In the long vista of the years to roll,
Let me not see our country’s honour fade:
O let me see our land retain her soul,
Her pride, her freedom; and not freedom’s shade.
From thy bright eyes unusual brightness shed –
Beneath thy pinions canopy my head!

Let me not see the patriot’s high bequest,
Great Liberty! how great in plain attire!
With the base purple of a court oppressed,
Bowing her head, and ready to expire:
But let me see thee stoop from heaven on wings
That fill the skies with silver glitterings!

And as, in sparkling majesty, a star
Gilds the bright summit of some gloomy cloud;
Brightening the half-veiled face of heaven afar:
So, when dark thoughts my boding spirit shroud,
Sweet Hope, celestial influence round me shed,
Waving thy silver pinions o’er my head.

 

All’autunno

I
Stagione di foschie e d’una pastosa
fecondità, tu amica prediletta
del sole che matura ogni raccolto;
tu che con lui congiuri per far gravi
con i frutti le viti, e benedette,
appese intorno al tetto e alle grondaie
di paglia; fai incurvare con il peso
delle tue mele gli alberi muschiosi
del casolare, e fino al suo midollo
ogni frutto maturi; fai gonfiare
la zucca, ed i gusci di nocciola
tu fai rotondi con il dolce seme;
fai sbocciare altri fiori ed altri ancora,
tardivi per le api, che si illudano
che i giorni caldi mai avranno fine,
ché l’estate ha colmato fino all’orlo
le loro celle vischiose di miele.

II
Chi non ti ha vista nella tua opulenza?
Talvolta chi ti cerca può trovarti
seduta spensierata in mezzo all’aia,
i tuoi capelli accarezzati piano
dal vento che setaccia; o addormentata
assai profondamente dentro un solco
mietuto solamente per metà,
intorpidita dalle esalazioni
dei papaveri, mentre la tua falce
usa riguardo al prossimo mannello
coi fiori suoi intrecciati; certe volte
come spigolatrice tieni ferma
sotto il grave fardello la tua testa
traversando un torrente; o presso un torchio
da sidro, con paziente sguardo, osservi
lo stillar delle gocce a ora a ora.

III
Canti di primavera, dove siete?
Sì, dove siete? No, tu non pensarci,
tu hai già la tua musica – che mentre
le nuvole striate fan fiorire
il giorno che declina dolcemente,
e tingono le stoppie di pianura
con un colore rosa, proprio allora
i moscerini in coro, in mezzo ai salici
del fiume, si lamentano, levati
su in alto o trascinati verso il basso,
come il vento leggero vive o muore;
agnelli adulti belano chiassosi
dal limite dei colli; i grilli cantano;
e con dei lievi acuti il pettirosso
fischia nell’orto chiuso; radunandosi,
le rondini cinguettano nei cieli.

To Autumn

I
Season of mists and mellow fruitfulness,
Close bosom-friend of the maturing sun,
Conspiring with him how to load and bless
With fruit the vines that round the thatch-eves run;
To bend with apples the mossed cottage-trees,
And fill all fruit with ripeness to the core;
To swell the gourd, and plump the hazel shells
With a sweet kernel; to set budding more,
And still more, later flowers for the bees,
Until they think warm days will never cease,
For Summer has o’er-brimmed their clammy cells.

II
Who hath not seen thee oft amid thy store?
Sometimes whoever seeks abroad may find
Thee sitting careless on a granary floor,
Thy hair soft-lifted by the winnowing wind;
Or on a half-reaped furrow sound asleep,
Drowsed with the fume of poppies, while thy hook
Spares the next swath and all its twinèd flowers;
And sometimes like a gleaner thou dost keep
Steady thy laden head across a brook;
Or by a cider-press, with patient look,
Thou watchest the last oozings hours by hours.

III
Where are the songs of Spring? Ay, where are they?
Think not of them, thou hast thy music too –
While barrèd clouds bloom the soft-dying day,
And touch the stubble-plains with rosy hue:
Then in a wailful choir the small gnats mourn
Among the river sallows, borne aloft
Or sinking as the light wind lives or dies;
And full-grown lambs loud bleat from hilly bourn;
Hedge-crickets sing; and now with treble soft
The red-breast whistles from a garden-croft;
And gathering swallows twitter in the skies.

 

A mio fratello George

Ho visto oggi molte meraviglie:
il sole, che ha baciato via le lacrime
che riempivano gli occhi nel mattino –
i pari laureati che si sporgono
dall’oro delicato della sera –
l’oceano insieme alla sua vastità,
con il suo verdeazzurro, le sue navi,
gli scogli, le sue grotte, le speranze,
con le paure – con la misteriosa
sua voce, che chiunque ascolterà
dovrà pensare a quello che sarà
e a ciò che è stato. Vedi, caro George,
in questo istante, mentre io ti scrivo,
Cinzia dalle tendine sue di seta
s’affaccia vergognosa, come fosse
la sua notte di nozze, un po’ celando
i propri amori. Ma cosa sarebbe
senza la compagnia del tuo pensiero,
del cielo e poi del mar la meraviglia?

 

To my Brother George

Many the wonders I this day have seen:
The sun, when first he kissed away the tears
That filled the eyes of morn – the laurelled peers
Who from the feathery gold of evening lean –
The ocean with its vastness, its blue green,
Its ships, its rocks, its caves, its hopes, its fears –
Its voice mysterious, which whoso hears
Must think on what will be, and what has been.
E’en now, dear George, while this for you I write,
Cynthia is from her silken curtains peeping
So scantly, that it seems her bridal night,
And she her half-discovered revels keeping.
But what, without the social thought of thee,
Would be the wonders of the sky and sea?

 

Stella lucente

Stella lucente! Immobile vorrei
essere come te – ma non sospeso
nella notte in splendore solitario,
come eremita insonne, di natura
paziente, a contemplare, con eterne
palpebre aperte, il moto delle acque,
intente al loro compito solenne
e puro di abluzione dei terrestri
lidi, o per ammirare la distesa
soffice della neve che si posa
sui monti e le pianure – no – piuttosto
per adagiarmi, immobile per sempre,
sul seno del mio amore che germoglia
chiaro, sentirne sempre il dolce ansare,
e, sempre desto, in un soave affanno,
udire all’infinito il suo respiro
tenero, e così vivere per sempre –
oppure venir meno nella morte.

 

‘Bright star! would I were steadfast as thou art’

Bright star! would I were steadfast as thou art –
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature’s patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth’s human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors –
No – yet still steadfast, still unchangeable,
Pillowed upon my fair love’s ripening breast,
To feel for ever its soft swell and fall,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever – or else swoon to death.

 

John Keats, uno dei più importanti poeti del Romanticismo, nasce a Londra il 31 ottobre 1795. Nel 1810, rimasto orfano di entrambi i genitori, inizia a lavorare come apprendista farmacista e chirurgo, esperienza che lo induce, nel 1815, a intraprendere gli studi di medicina presso il Guy’s Hospital; presto si rende conto della propria vocazione letteraria, lasciando gli studi e dedicandosi interamente alla poesia, pubblicando alcuni componimenti sulla rivista «Examiner». Nel 1817 pubblica il suo primo volume di versi, Poems, edito da C. & G. Ollier. In quel periodo si lega ad alcuni poeti e artisti, tra cui Percy Bysshe Shelley. A settembre del 1818 conosce Fanny Brawne, quella che divenne presto la stella luminosa della sua breve vita. Nell’inverno 1818-1819 compone l’Endimione (edito da Taylor & Hessey), l’Iperione e le sue odi migliori. Nel 1820 pubblica Lamia, Isabella, The Eve of St Agnes, and Other Poems (Taylor & Hessey). Nel 1820, per tentare di combattere la tubercolosi, in cerca di un clima più mite, si trasferisce a Roma, dove va ad abitare in Piazza di Spagna per gli ultimi mesi della sua vita. Muore il 23 febbraio 1821.

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