Berlinde de Bruyckere – drawing

 

Il corpo del testo rubrica a cura di Claudia Mirrione

 

 

Ecografia 

Nell’angolo smussato
il monitor ferma immagini.
Bianco angelo volteggia
e sprofonda.

Silenzio e attesa.
Sono paziente davvero paziente
e osservo il chiaroscuro.

Ma il mio sguardo va a te,
lucciola,
ai bagliori punteggiati,
ai rami e alle foglie
che ti fanno siepe
in scala ridotta sulla scrivania.

Illumini penombra di vita.

Il tuo pulsare tra il verde
si fa insistito:
sistole e diastole di luce.
Alfabeto morse. Alfabeto muto.

Sei conforto ultimo.

Bianco angelo si muove
sullo sgabello girevole.

Vedo. Ora misuro. Dice.
E poi sussurra: due centimetri.
È un carcinoma. Dice.

Nella parola carcinoma
è contenuta la parola amor.

E amore risuona ancora
nella stanza spoglia.

Dolore anestetizzato. Assicura.
Si rimuove e tutto tornerà
come prima. Dice.

Tutto tornerà
come prima.
Il mio corpo analfabeta
non comprende.

Il fiocco si fa scuro.

 

Questa poesia di Adriana Tasin è tratta dalla sua raccolta d’esordio, Il gesto è compiuto (puntoacapo 2020), e in particolare dalla prima sezione della raccolta, In_fertilità, cui in questo articolo faremo prevalentemente riferimento. In questa sezione Tasin affronta il tema di un presupposto ciclo naturale che porta l’individuo di sesso femminile ad essere donna e infine madre. Tuttavia, ella si sente come una donna che ha mancato l’obiettivo: «Femmina, donna,/ infine madre займ с 18 лет без кредитной истории. / Donna senza essere madre / ultimo scalino non compiuto» (cf. Diagramma). La procreazione è un grande interrogativo per gli uomini, per le donne, è un tema che si intreccia con l’idea di felicità, con forme alternative di maternità e paternità, l’adozione, l’affido, la genitorialità diffusa. Rievocando Platone, Aristotele ricorda che i mortali arrivano ad una forma di «eternità» attraverso la procreazione; la procreazione è vista come il modo per trasmettere la forma di uomo e fare sì che queste forme si ripetano all’infinito, opponendosi così alla caducità dell’esistenza terrena. Un verso di questa sezione de Il gesto è compiuto recita così: «I bambini schiamazzano / nel cortile. // E l’eternità / sta lì fuori» (cf. Rinuncia). Eppure, la poeta si sente esclusa da questa continuità nell’esistenza: «Non è staffetta eterna / da qualche parte si deve terminare. / Io sono il capolinea / di questa corsa universale» (cf. Avi). C’era stato un momento in cui credeva fosse giunto il momento per lei di custodire il seme dell’eternità, e di questo parla la poesia Ecografia inserita in apertura al testo. Tuttavia, per un tragico rovesciamento del destino, durante l’ecografia in cui ci si aspettava quel non so che felicità nuova («Il tuo pulsare tra il verde / si fa insistito: / sistole e diastole di luce. / Alfabeto morse. Alfabeto muto»), questo seme ch’ella sentiva in corpo si è rivelato corruzione e degenerazione, un carcinoma da asportare. Questa tematica, quella del rovesciamento inaspettato dal positivo al negativo e al contrario, darà i suoi frutti in una raccolta poetica successiva Fatti reali immaginari (Arcipelago itaca 2022) che si apre a situazioni di più generale portata, il che ha generato in me una riflessione con un richiamo ad un motto sapienziale dell’antichità greca, fatto proprio da Euripide in molte delle sue tragedie: «non potrà essere chiamato felice neppure un uomo, finché vive, e si dovrà attendere di vederne la fine» (sentenza che riecheggia anche nell’Etica Nicomachea).

Nel componimento aleggia un forte senso di sospensione creato attraverso la suddivisione in strofe (ognuna è un momento autonomo della scena descritta), attraverso frasi nominali e una punteggiatura insistita che ci trasmette tutta la tensione emotiva di chi scrive. L’ἀπροσδόκητον divide il componimento esattamente in due parti ed è sottolineato dall’epifora «dice» e dal trascolorare delle immagini, che vanno dai barlumi di luce entro la penombra dell’ambulatorio («Ma il mio sguardo va a te,/ lucciola, / ai bagliori punteggiati», e poi «Il tuo pulsare tra il verde / si fa insistito: /sistole e diastole di luce») alla fosca chiusa finale («Il fiocco si fa scuro»). Il linguaggio del corpo, in tutto ciò, va per le sue vie, non riconosce affatto le parole rassicuranti dell’angelo bianco volteggiante: «Tutto tornerà / come prima. / Il mio corpo analfabeta / non comprende».

Per ogni fine, c’è però sempre un nuovo cominciamento, magari in termini inaspettati e diversi: «Al nuovo cominciamento / vogliamo guardare / al ventre di Maria / che presto partorirà desiderio» (cf. Cominciamento). Chi dice quindi che questa maternità che apre alla sacralità e al  mistero, che rievoca i tratti mariani della purezza, non possa coincidere, non solo con la procreazione vera e propria, ma anche con una nuova potenza generatrice dei più inattesi e svariati cominciamenti? Sempre da In_fertilità, in Svuotata, Tasin recita: «Mutila nel ventre / ma piena di grazia».

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