Liz Hernandez, dettaglio di Mi permiso secreto (2022)

Il corpo del testo rubrica a cura di Claudia Mirrione

 

Accadono eventi in grado di lasciare che si apra la voce del corpo e la sua intima sorgente di pensiero.
Eventi forti che si intrufolano tra le vene e si trasformano in leve, grimaldelli, punte capaci di forare quei solchi in cui la parola annidata prende a fluire, ad indicare le metamorfosi della materia e dei pesi, la fisicità dei sensi e i contatti tra le membrane.

Accadono eventi che dicono un oltre.
È un oltre in cui la narrazione e la necessità, l’incontro e la promessa vengono meno, dileguano su un orizzonte che mostra il suo essere già dato e conosciuto.

Accadono eventi attraverso cui ciò che avanza è un atto linguistico nel quale ascolto e corpo, corpo e parola, convergono.
Ogni fibra, ogni poro, ogni villo si trasmuta. Ogni mucosa perde la propria funzione e si metamorfosa in orecchio.

Accadono eventi che mostrano i sempre provvisori limiti di una porosa lingua. Lingua che mette in scena il dentro del desiderio di indicare.

Accadono eventi che trasformano la carne e i tendini in materia… materia che preme verso la forma della propria differenza.
C’è una lingua che è lingua del corpo.
C’è una parola che è lama dell’impasto placentare.
C’è una scrittura che è linea provvisoria del desiderio.
C’è un ritmo di fondo che è leggerezza interstiziale dell’infra.
C’è una sospensione che è sospensione del corpo all’interno di uno spazio.
Spazio poetico.

Accadono eventi che mettono in parentesi il reale per mostrare la purezza del vuoto. Vuoto in cui l’alterità di sé accade per dire il testo come momentanea unità e trama del processo.

Accadono eventi grazie ai quali la materia prende a drammatizzare sé stessa esibendo radici ed incontrando la voce nella forma di una trama.
Accadono eventi che inscrivono in uno spazio.
Stanza testuale.
Nodo di vene, dis-occultamento del pieno che agisce crepando in sorgivi rivoli le intercapedini poste tra rappresentazioni e presenze della differenza.
La metamorfosi dei confini altri si dice attraverso segni.
Segni di risacca.
Segni di risucchio.
Segni di espansione.
Segni di contatto.
Segni di corpo aperto/sigillato.
Segni di ritmi.

Accadono eventi attraverso cui la scrittura va ad annidarsi nel corpo.
Sorta di tana.
Trasparenti epidermidi.
Il corpo rinuncia al superfluo.
Il tempo diviene l’eternamente presente.
Il pensiero lascia avvertire la sua esplosione.
Il movimento si mostra nell’alveo della sua fluidità continua.
Il soggetto morde l’oggetto della scrittura trasformandosi in oggetto stesso, inscrivendosi in sé.
Sé di mutamenti.
Sé di provvisorietà.
Sé di metamorfosi.
Sé di molteplicità.
Sé di divenire.
Sé di perdita.
Sé di rivelazione.
Sé di congiunzione.
Il corpo definisce una sorta di scrittura della/nella scrittura. Scrittura che indica i modi attraverso cui il processo si definisce inscrivendosi in un sistema estetico il cui movimento è l’intensificazione di una cifra tattile/ auscultativa interiore.

Accadono eventi che mostrano il lavorìo intenso dello “sguantare”, del rigirare all’infuori ciò che è nucleo al fine di poterlo conoscere, salvaguardare. Ciò che è nucleo dice l’ammantata differenza che desidera respiro e tatto.

Accadono eventi attraverso i quali il corpo entra in relazione con sé, il corpo dice attraverso un percorso di accesso al mondo… percorso in cui la perdita non indica nostalgia ma creazione.

Accadono eventi che dicono come la metamorfosi della materia sia la metamorfosi dei pesi che la attraversano.
L’opaco, il pesante si allargano sino a trasformarsi in sottile membrana d’ascolto che definisce il luogo. Luogo d’essere. Una qualità dell’essere che mostra le aperture, i canali, le interfacce con la realtà, con i rifiuti, con i gesti, con le presenze, con le analisi, con le articolazioni, con i pieni, con le materie di cui sono fatte le parole, con i movimenti, con i connettivi che legano quanto era disperso, con la sostanza dell’oltrepassata frantumazione.

Accadono eventi che mostrano come la scrittura si nutra del movimento del divenire.
Divenire radicato nel pensiero ma, anche, nel desiderio.
Desiderio che vuole comunicazione attraverso la parola radicata nel dentro del corpo.
Corpo testuale.
Sostanza della fisicità.

Accadono eventi che indicano i guadagni operati dal frammentarsi dell’atto costitutivo d’amore allorché esso è andato ricomponendosi nelle viscere della scrittura modellandola nei sensi primigeni… un mai-dato d’infinita ripetizione, di articolati significati.
Nascite poste ai margini d’ogni significazione data dal medesimo.
Nascite intrise di erranze che mostrano la loro potenza.
Potenza trasformativa.
Potenza contrastiva.
Potenza generante.

Accadono eventi che interrompono la lallazione, impongono il ritmo dell’interdipendenza, interrompono il limite, obbligano la ripetizione a divenire elaborazione, lasciano visibili le matrici delle connessioni.

Accadono eventi che addomesticano l’eresia consentendo di comprenderne l’intima tessitura e il suo materico spessore.
Quante le infinite strade attraverso cui passa il filo della trascendenza?
C’è una qualità sottile della trascendenza che ha a che fare con una dimensione corporea del pensiero e di una rappresentazione altra di sé.
Le bocche non divorano più.
Le funzioni si sottraggono al giogo degli opposti.
Ogni organo aumenta le sue funzioni.
Le funzioni si mostrano nelle loro libere molteplicità.
Gli antichi gesti si sgretolano e si riconnettono agli arcani lì dove i nuclei si legano alle radici della creazione e le rappresentazioni altre dell’appartenenza all’origine dicono i percorsi.
Percorsi di potere.
Percorsi di marginalità.
Percorsi di tensione.
Percorsi di interruzione.
Percorsi di libertà.

Accadono eventi che gettano luce, consentono lettura altra della ricerca mostrandone ancor più intimi sensi.

Accadono eventi in cui si palesano significati di legami tra esistenza e scrittura.

Accadono eventi che dicono il corpo e la sua sessuazione.

Corpo reale, corpo testuale, corpo e nodo della scrittura… In the process of writing

 

Accadono eventi è il primo testo della silloge di Anna Rita Merico, In the process of writing (pubblicato prima da Zane Editore nel 2006 e successivamente inserito nella raccolta Fenomenologia del silenzio pubblicata nel 2022 da Musicaos Editore). L’espressione che dà il titolo alla raccolta, In the process of writing, è mutuata da Scritture del corpo. Hèléne Cixous variazioni su un tema, a cura di Paola Bono (Luca Sossella Editore 2000), ed indica il momento in cui viene concepito il dire e lo si trasforma in parola scritta: lo spirito di questa raccolta è ben incarnato dal primo componimento che è qui antologizzato e andiamo a commentare.

«Accadono eventi in grado di lasciare che si apra la voce del corpo e la sua intima sorgente di pensiero. // Eventi forti che si intrufolano tra le vene e si trasformano in leve, grimaldelli, punte capaci di forare quei solchi in cui la parola annidata prende a fluire, ad indicare le metamorfosi della materia e dei pesi, la fisicità dei sensi e i contatti tra le membrane. // Accadono eventi che dicono un oltre».  Già l’incipit del testo delinea i tre temi principali che vengono esplorati in questo componimento: in primo luogo, l’attenzione è posta sugli eventi che accadono e che fanno leva su chi è poeticamente predisposto, aprendo verso un oltre, facendo sgorgare una voce tra i silenzi. Ciò rappresenta, dunque, l’”ingresso” della poesia, la determinazione di un atto linguistico e soprattutto poetico in cui “corpo” e “parola” convergono, una parola e un corpo che sono sempre intesi come sessuati, mai neutri. Nel suo saggio a conclusione di Fenomenologia del silenzio, a proposito proprio di In the process of writing, Luciano Pagano afferma: «Si tratterà di un percorso genetico, prima che letterario, in cui dal vuoto del silenzio nascerà il suono della lingua. La drammatizzazione è il processo di creazione del mondo, operato dalla lingua. (…) La lingua-parola non è un simbolo. Il suono, vibrazione, è una membrana che entra in dialogo col corpo, «conficcando la parola nella metamorfosi della carne»».

In secondo luogo, viene evidenziata, sia in apertura, che in tutto il componimento, la natura bifronte dell’articolazione corpo/pensiero/parola: il corpo (con il campo semantico relativo alle sue specifiche parti anatomiche) genera il pensiero, il pensiero genera la parola orale e quella scritta. Tutto ciò ha una duplice natura: un aspetto materiale, concreto, fisico, ma anche una componente che va oltre la fisica, appunto meta-fisica e trascendente («Accadono eventi che addomesticano l’eresia consentendo di comprenderne l’intima tessitura e il suo materico spessore. / Quante le infinite strade attraverso cui passa il filo della trascendenza? / C’è una qualità sottile della trascendenza che ha a che fare con una dimensione corporea del pensiero e di una rappresentazione altra di sé»). Attraverso una «lingua porosa» che alterna pieno a vuoto, come nella pagina si alternano i testi a spazi bianchi di riflessione, come dal silenzio nasce, in un atto fenomenico, la parola, il corpo reale diventa corpo testuale e, attraverso una potenza generativa («Potenza trasformativa. / Potenza contrastiva. / Potenza generante»), si dice, si definisce, si inscrive in percorsi che sono poi, in altre raccolte – sempre racchiuse in Fenomenologia del silenzio – i nuclei più pregnanti della poesia di Merico: «Gli antichi gesti si sgretolano e si riconnettono agli arcani lì dove i nuclei si legano alle radici della creazione e le rappresentazioni altre dell’appartenenza all’origine dicono i percorsi. / Percorsi di potere. / Percorsi di marginalità. / Percorsi di tensione. / Percorsi di interruzione. Percorsi di libertà».

Infine, corpo/pensiero/parola non solo sono visti sotto la dicotomia materiale/immateriale, ma sono sempre colti nel loro divenire (non a caso Pagano menziona il proemio delle Metamorfosi di Ovidio): la materia non è statica e monolitica, ma è sempre sottoposta a continua metamorfosi, ad un cambiamento e ad un fluire continuo, così come i pensieri e le parole che da essa si levano: «Accadono eventi che dicono come la metamorfosi della materia sia la metamorfosi dei pesi che la attraversano. L’opaco, il pesante si allargano sino a trasformarsi in sottile membrana d’ascolto che definisce il luogo. Luogo d’essere. Una qualità dell’essere che mostra le aperture, i canali, le interfacce con la realtà, con i rifiuti, con i gesti, con le presenze, con le analisi, con le articolazioni, con i pieni, con le materie di cui sono fatte le parole, con i movimenti, con i connettivi che legano quanto era disperso, con la sostanza dell’oltrepassata frantumazione. // Accadono eventi che mostrano come la scrittura si nutra del movimento del divenire».

A livello retorico, Anna Rita Merico rende questo tema della continua metamorfosi attraverso le tecniche, legate insieme, dell’anafora e dell’anadiplosi. Ad esempio: «Il soggetto morde l’oggetto della scrittura trasformandosi in oggetto stesso, inscrivendosi in sé. / Sé di mutamenti. / Sé di provvisorietà. / Sé di metamorfosi. / Sé di molteplicità. / Sé di divenire. / Sé di perdita. / Sé di rivelazione. / Sé di congiunzione». Il primo periodo della sezione termina con «sé» e il secondo comincia con il «sé» che poi si ripete in anafora ed è, peraltro, congiunto a termini che meglio definiscono il sé, e che parlano di perdita, di congiunzione, di legame, di cambiamento e, appunto, metamorfosi. In questo modo, attraverso queste figure retoriche che rappresentano in qualche modo l’ossatura del componimento (sostenuta proprio dall’anafora «Accadono eventi» e da numerosissimi rimandi in anadiplosi), Anna Rita Merico scandisce il ritmo, genera la parola dal silenzio e soprattutto si slancia in avanti e lega quanto detto con quanto di nuovo si sta per dire, in modo tale che, sia a livello contenutistico che a livello formale, ricorsività del modello e inesorabile cambiamento a partire da esso siano del tutto inscindibili e compenetrati.

Nel pensiero di Merico – come ho potuto approfondire (rimando sempre al saggio di Pagano) – il modello che si ripete si può ricondurre all’archetipo della Madre originaria, rappresentazione primigenia del femminile. A partire da esso si generano continui cambiamenti: una donna non è soltanto la donna che nasce in una nuova contingenza spazio-temporale, in un determinato hic et nunc, ma è anche tutte le progressive sedimentazioni che si stratificano dentro di lei e che discendono, ancestralmente, da un archetipo originario. Ripetizione di un modulo e cambiamento (anafora, anadiplosi e slancio in avanti): graficamente, una spirale, simbolo di energia, fecondità e sviluppo del Cosmo a partire da un centro.

 

 

Anna Rita Merico vive nel Salento. Originaria di Nola (Napoli). A Nola ha imparato il senso profondo dell’antropologia attraverso l’imponente Festa dei Gigli (patrimonio immateriale U.N.E.S.C.O.), le strade del libero pensiero attraverso lo studio dei due nolani Giordano Bruno e Pomponio Algieri. Laureatasi presso Università Federico II in Filosofia con tesi in Dottrine Politiche sul pensiero di Carla Lonzi che le ha consentito di intraprendere un percorso mai lasciato: quello sulle politiche della soggettività. Ha tenuto insieme due parti importanti della propria attività: l’insegnamento e la ricerca sugli studi legati alla conoscenza del pensiero femminile con particolare riferimento all’epoca contemporanea ed al medioevo. Intensa attività di saggista, collaborazione a riviste e partecipazione a collettanee. Nel corso del tempo lo spazio preso dalla scrittura poetica, pur essendo stato un luogo da sempre praticato, è andato delineandosi come centrale nell’attività creativa di pensiero definendosi come punto d’incontro generativo tra conoscenza filosofica e poesia. Nell’arco produttivo dell’Autrice ha avuto un ruolo centrale la domanda sull’essere della parola e la sua genesi nell’impasto con il silenzio e la spiritualità. Oltre alle sillogi qui raccolte, sempre per Musiacaos Editore, ha pubblicato (2020) la raccolta di testi poetici Era un raggio… entrò da Est.

(Visited 125 times, 1 visits today)