Tra ciliegi e robot (Edizioni del Faro 2020) è il primo libro di Nicolò Gugliuzza, pubblicato dalla piccola casa editrice trentina Del Faro, inserito nella collana Sonar, diretta da Paolo Agrati.
Il libro è diviso in tre sezioni, che descrivono altrettanti approcci alla poesia da parte dell’autore. La prima, Battito, è la meno recente. È caratterizzata da ritmi sincopati, un “confinato incedere” in un contesto in cui è percepibile “il rumore di un cielo che frana”. In questa sezione, Gugliuzza sperimenta molto, anche dal punto di vista visivo, proponendo versi scombinati che riflettono l’oltraggio del quotidiano: un vero e proprio elettrocardiogramma del senso.
È possibile per il soggetto scrivente resistere a questa realtà oltraggiosa?
La risposta di Gugliuzza è probabilmente negativa. La ragione è da cercarsi negli stessi limiti del rendere in parole l’oltraggio della realtà, ma anche il conflitto, espresso nel silenzio, che chiude la prima sezione della raccolta, in cui i poeti visionari non possono far altro che fumare.
La sezione intermedia, Fuga, trova nella descrizione di luoghi fisici (territori, ma anche luoghi di lavoro) una prima ricostruzione e descrizione del soggetto, grazie a un approccio che si fa talvolta etnografico-interpretativo oppure fotografico. La sezione tenta un avvicinamento, dopo la pars destruens della prima sezione.
La terza sezione, Respiro, visivamente, si giustifica tutto sul margine sinistro. In questa postura sembra trovare una prima pace del soggetto con il mondo esterno. L’approccio è più rarefatto, simbolico, quasi una pausa. Si trova in questa sezione una linearità, anche grafica. Per un autore appassionato di poesia asemica come Gugliuzza, trovare linearità grafica ha lo stesso valore del trovare linearità nelle parole.

In un’epoca di apparente iperesposizione da parte di molti, non esclusi gli individui scriventi, ha ancora qualche dignità l’autobiografia? L’Io ha detto tutto?
È necessario operare strategie di rimozione del soggetto scrivente? Si tratta di una prerogativa per avere una qualche autorevolezza letteraria nell’intricato, sovraffollato e autofago universo poetico italiano contemporaneo?
Come spesso accade per i post sui blog, non è questo lo spazio per discuterne.
Basterà gettare qualche base per il ragionamento, in modo da non gettare nel turbine comunicativo bambini, acque sporche e microplastiche.
Partire da una scelta, dall’intrinseco rapporto tra esperienza individuale e scrittura, che però non è necessariamente da rendere esplicito.
È possibile, in ultima istanza, trovare un compromesso tra l’elusione dell’io e il confessionalismo?
Una risposta può appoggiarsi sui cicli di vita. È probabile che nelle prime fasi di un processo di scrittura sia più difficile eludere l’Io. Importante è almeno, da subito, disperdere quell’Io, minarne la centralità, espanderlo.
Da questo punto di vista, risulta importante, soprattutto per chi pubblica un’opera prima, rendere conto del percorso che ha portato alla realizzazione di un modo di fare e intendere la poesia. In tal senso, il processo di scrittura si può intendere come un progressivo disancoramento dall’Io. Un processo evolutivo che va da un Io egomane e monocentrico, per giungere a un Io frastagliato, solubile. In entrambi i casi, un Io attivo.

da Tra ciliegi e robot (Edizioni del Faro, Trento 2020)

Riflessioni sopra un cannibale nel silenzio della modernità

Gelosa osmosi
rievoca forme,
l’affanno diffonde e derive
per autunni, jeans logori,
spettri susseguendosi
alla banchina d’un miraggio.

Cantando fuochi fatui
o giocando alla guerriglia
ci siamo illusi, detestati, assolti
quando tu eri diversa,
il vivere intonso e tu,
tu andavi ripetendo:

“La reale cura:
il linguistico elemento.
L’unica certezza:
del desiderio l’ombra.
Il solo amore:
il tradimento.”

 

L’autore nel limpido buio d’ottobre

L’autore alla ricerca di monete
monadi
mondi
e poi mai ridursi
all’accettazione
della capitolazione,
appunti di lezione
per una barbara sonata,
aspra confusione
salici bruciati,
recita un’incisione:
non cadranno petali di pace
tra le scorie male illuminate
di fiabe sordide e strazianti

 

Indagine su di un cittadino agli uffici postali

Uffici postali,
luoghi di masturbazioni ontologiche
nell’attesa sfinita che solo
ti lascia tra sedili in plastica sparsi di disoccupazione,
famiglie dall’estremo oriente, botulini annoiati
matrone michelangiolesche,
giovani studenti svegli da qualche istante,
impiegati stanchi
umani
postali.

Le poste, anfratti poco illuminati,
provocazioni esistenziali.

Dedicato a chi, come me, aspetta agli uffici postali.

 

Impiego

Sempre più caldi i sedili del 18
in viaggio per flore e fauni ubriachi,
sempre più calde
le teche al burro, chiacchiere post-operaie:
piove governo ladro, piovono ponti, salari
mentre filo al lavoro e ho sonno
piedi si calpestano, fradici di pioggia
occhiaia, gasolio
e vorrei cinque minuti,
cinque minuti soltanto
fuori da ogni devozione, ogni contratto,
cinque minuti per giocare
fumare mezza sigaretta
non sentire più, più in alcun modo
i sedili sempre più caldi del 18

 

Gli ultimi giorni della pagina

Le mani, le sue
rapprese al volante.

Sotto di lui l’Adriatico. Una storia
d’inverno.

Gabbiani in volo, orizzonti a pezzi. Sfila i suoi ricordi

uno xilofono accarezza i ciuffi biondi, tinti

conturbata la brina

camminiamo sulle banchine di due mondi

quello che ordina e strazia
quello che scappa, soffre, tace

sotto noi le strilla dei mercanti di Natale

accanto vigneti scarni, carsici, tavole

l’eleganza di un frammento, poi

l’autostrada rivelarci

il suono che non ricordiamo.

Sfila questo tempo, corre la distanza
accelera la vettura, densa di vita
per un’ultima volta, nudi di grammatica
nell’impotenza del verbo
nella raffinatezza dei volatili,
in quei racconti sinceri
lungo una strada friulana,
gli ultimi momenti assieme
gli ultimi giorni della pagina.

 

Nicolò Gugliuzza, classe 1992, comincia la sua attività letteraria nel 2012 quando si avvicina alla scrittura sperimentale e alla poesia performativa. Di formazione antropologica, fa della poesia strumento di impegno sociale: negli anni successivi è animatore di progetti di poetry slam per adolescenti, migranti e giovani detenuti. Membro di collettivi e blog letterari, nel 2015 contribuisce alla fondazione del gruppo di poesia sperimentale Zoopalco, della rivista «Neutopia» e alla nascita del progetto di poesia, musica elettronica e arti visive Waiting for Godzilla. Parallelamente sperimenta i territori della poesia asemica e verbo-visiva, prendendo parte a pubblicazioni, esposizioni personali e collettive. Vive e lavora a Bruxelles. Tra ciliegi e robot è la sua prima raccolta di poesie.

(Visited 333 times, 1 visits today)