Fotografia di Hans Isaacson

Dalla nota introduttiva “Tutto in noi è incustodito” di Ivan Crico

(…) Si resta, sagome d’ombra e ombre portate o riflessi, con il volto negato a chi ci osserva o accompagna nel nostro cammino, restituito – ogni volta che si emancipa dalle panie illusorie del noto – alla solitudine prima e ultima, sempre incondivisibile, della nascita e della morte. Uno dei compiti più ardui di chi si avventura nella selva della traduzione dell’invisibile mondo di sensazioni, pensieri, paure, speranze che ci abita, è anche quello di testimoniare la solitudine di questo passaggio, di questo transito da una soglia ad un’altra soglia, soglia perpetua di ogni autentica interrogazione, rendendola comunque in qualche modo riconoscibile e comune a tutti coloro che daranno il proprio consenso interiore ad ascoltarla. In quest’opera, dove le immagini di Massi non sono semplici illustrazioni, ma varchi inattesi che si aprono nel bianco che assedia i testi, lo sguardo intercetta le cose sempre da una posizione scomoda, da punti di vista che non si impongono, che lasciano respirare gli eventi, osservandoli da una lontananza che non è mai distacco ma desiderio pudico, continuamente coltivato, di non creare gabbie interpretative in cui rinchiudere l’avvento inafferrabile del presente.

Da Ogni giorno un cielo diverso (Ronzani Editore, immagini di Danilo Massi)

È un’intervista alle pietre
la trasparenza del fiume
e tutto l’udito e tutta la vista
sono un’unica coscienza:
le distanze si compattano
e nessuno vive da ultimo
nell’acqua che riconosce
i fragili della sua stirpe.
L’oscurità della fretta
è urgenza che non salva
e la careggiata dall’altra parte
è il regno che disattende.

*

Sull’asfalto i rilievi gialli
che restano degli incidenti
e una macchia di carburante
che ancora si diffonde.
Forse dall’alto quei segni
hanno una dote per tutti
e la fragilità è un punto luce
nei corridoi delle strade.

*

Il gelo di dicembre
sui muscoli delle macchine
nell’ora che sbatte il pugno
contro un sole senza indirizzo.
C’è chi raschia con la spazzola
e chi rovescia mezza bottiglia
e chi stacca dal proprio vetro
un foglio di giornale sfinito.
Noi accendiamo i motori
sprofondando nei sedili
e come orsi polari in letargo
contiamo le crepe del giorno.

*

Grigio il fondo degli specchi
il trattenere dei rubinetti
e grigio il muscolo delle stanze
nell’abduzione delle tende.
Qui non abita il distacco
ma il contatto senza bisogno
e non c’è avviso per rendere noto
che tutto in noi è incustodito.
Veglierà per condannarci
la giustizia degli oggetti:
mandria di materie e forme
che tutto crea e ci distrugge.

*

Nuove luci nella notte
sfuggono da due finestre
nel punto in cui la montagna
ci ha abituati a un’assenza.
Forse quelle fronde sfoltite
aprono allo scambio di intese
tra frammenti che ogni sera
risalgono la propria caduta
e viene da scacciare i vetri
e imbrigliare i sipari
per costringere al coraggio
chi ci chiama dal buio.

 

Luca Bresciani (Pietrasanta, 1978) ha pubblicato in versi: Lucertola (Edizioni del Leone, 2011), Modigliani (Lietocolle, 2015), L’elaborazione del tutto (Interno Poesia, 2017), Canzone del padre (Lietocolle, 2018) e Linea di galleggiamento (Collana Gialla Lietocolle – Pordenonelegge, 2020). È direttore del blog «Poeti Oggi».

Danilo Massi (Roma, 1956) è regista, attore e fotografo. Ha firmato nel 1979 il suo primo film da regista, Ciao cialtroni!, candidato al Nastro d’Argento 1980 come opera prima. È del 1989 suo secondo lungometraggio, Una notte chiara; nel 1994 ha firmato come Daniel Stone il suo terzo film per il cinema.

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