Fotografia di Lello Muzio

SCAFFALE POESIA: EDITORI A CONFRONTO

Dietro le quinte editoria: Cristina Babino, direttrice della collana di poesia Nereidi, racconta la nascita del libro

Non ho ancora avuto modo di conoscere personalmente Antonella Palermo, viviamo distanti anche se ci troviamo spesso a parlare in confidenza di una regione, Le Marche, che per alcuni aspetti delle nostre vite ci accomuna. Poeticamente l’ho conosciuta tramite una segnalazione di Christian Sinicco – colgo anzi questa bella occasione per ringraziarlo – che tempo fa mi ha inoltrato il manoscritto, ancora non definitivo e con un titolo diverso, successivamente modificato in Il giunco e la statua per volere dell’autrice. La raccolta mi ha subito colpito per la sua onestà, per la chiarezza del dettato, per come sa rappresentare con acume ma senza inutili sovrastrutture il dolore di fronte alla malattia di una persona cara, nel caso specifico del padre ormai anziano. Anche, per la funzione quasi di “sentinelle” della presenza umana che si trovano ad assolvere gli oggetti quotidiani che abitano la casa tanto quanto le persone, così come per alcune scelte lessicali a volte “scomode”, seppur all’interno di un linguaggio e di una ispirazione certamente non sperimentali. Sono questi alcuni degli aspetti salienti dell’opera che rileva Elena Santagata nella sua puntuale e ricca prefazione al volume.  L’editing alla raccolta, rispetto alla prima stesura che mi è giunta, è stato devo dire minimo. Di solito, per quanto riguarda la poesia, cerco di intervenire il meno possibile e solo se strettamente necessario. Del resto, se ritengo che una raccolta abbia bisogno di una sostanziale revisione, preferisco non pubblicarla e invitare magari l’autore a rifletterci ancora. Cerco però, laddove credo opportuno, di dare consigli ad esempio su scelte lessicali che mi convincono poco, o che ritengo possano essere migliorate per il bene della resa finale dell’opera. A volte gli autori sono felici di ricevere questi consigli e li seguono, a volte ritengono di non doverlo fare e in questo caso rispetto comunque il loro pensiero. Nel caso di Antonella, ci siamo confrontate anche sul titolo, meditando su diverse opzioni e variazioni, scegliendo alla fine quello che percepiva come più aderente al suo sentire.

Dalla Prefazione di Elena Santagata

“Pur mantenendo modulazioni tipicamente anti-sperimentali e care a una qualche produzione novecentesca dai toni piani e dal lessico quotidiano, ne Il giunco e la statua il verso si sfolla, l’umanità viene meno e le esistenze umane sono tali solo se filtrate dall’ambiente esterno: quella di Palermo è una poesia fatta più di oggetti che di persone («gli oggetti sono sui letti / appesi alle sedie / sui braccioli del divano»). Sono le volgari e crepuscolari “cose quotidiane”, buttate lì con una finta e sobria negligenza che obbedisce, in realtà, a un ordine privato e insondabile dall’esterno, e che contribuisce a incarnare l’umano, la cui esistenza si intuisce solo per mezzo di ciò che lo circonda: piccoli regali, accessori, medicine, valigie, manichini, vetrine, campanelli, bilie, giostre di luna park, vasi a forma di pera o di cilindro. Una dimensione disabitata e affollata al contempo, in cui è l’ambiente a dare corpo e consistenza a coloro che lo abitano, plasmando un mondo la cui superficie, così prosaica e banale, è perforata solamente dalla coscienza del soggetto poetante, che riscopre, tramite l’osservazione, gli attimi in cui si rivela il punto morto del mondo, ovvero, in una chiave contingentista dell’esegesi della realtà, una qualche forma di verità, sia privata sia universale. […]”

Da Il giunco e la statua (Vydia 2024)

Sotto braccio camminammo.

Eri un giunco, eri la statua di Giacometti

carne reliquia fossile
la pressione di tutti i piedi
viandante affaticato e vecchio.

Domani il museo si farà muto
come muti siamo noi
il bronzo solo che tintinna.

*

Abbiamo messo il tavolo al centro
e ci siamo finiti sotto.
Le parole esposte all’intralcio delle sedie.

Ci si sbranava per minuzie

qui ora si gioca al minimo,
le voci attutite,
sentire il vuoto sotto
anche se poggiamo i piedi.

*

Sopraggiunge un’aria totale
di un presente spesso
un anticipo di strati scivoloso
l’epoca di un sapere niente
e voler sapere niente
che cuce le evidenze.

Queste gambe
i suoi seni scesi
mai perlustrati.

Aspetto non so bene cosa
regalo ore
senza concentrazione
solo un richiamo
a stare nell’odore di prato tagliato
dentro il design ospedaliero
coi colori pastello
e la sacca rosso amarena del drenaggio.

 

Antonella Palermo è di origini molisane. Giornalista, vive e lavora a Roma, occupandosi soprattutto di approfondimenti culturali e dell’attualità internazionale. Ha esordito in poesia con Le stesse parole (Lietocolle, 2012). Per il suo secondo libro di versi, La città bucata (Interno Poesia, 2018), ha ricevuto l’Attestato di Merito al Premio “Lorenzo Montano” 2020. È autrice di sperimentazioni teatrali basate su suoi testi. Recensioni a sue opere compaiono su: “Poesia”, “Poesia del nostro tempo”, “Carteggi letterari” e altre riviste. Il giunco e la statua (Vydia, 2024) è la sua pubblicazione più recente.

 

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