Ángeles Mora, fotografia di Antonia Ortega Urbano

SCAFFALE POESIA: DIETRO LE QUINTE EDITORIA

 

Valentina Colonna, curatrice e traduttrice dell’opera,  svela alcuni dettagli sulla nascita del volume. 

Immagino che tu abbia incontrato molte e molti poeti in questi anni di studio e di lavoro in Spagna: come mai hai scelto proprio la Mora per questo tuo primo importante lavoro di traduzione? Che cosa della sua scrittura ha risuonato in te?
La poesia di Ángeles Mora è stata per me una folgorazione avvenuta ormai cinque anni fa. Come dici giustamente, si è trattato di una vera e propria risonanza. Una risonanza cristallina. Una sorta di riconoscimento. Ho incontrato nel tempo altre voci ispaniche che mi hanno affascinato e hanno risuonato in me. Anche con queste voci ho cercato di familiarizzare e ho provato a lavorare (tra tutte quelle di Javier Egea e Juan Antonio Bernier – voci che percepisco anch’esse molto vicine al mio sentire e che mi hanno innamorata). Quello con Ángeles Mora è stato però un incontro fatale per varie ragioni. Si tratta del primo testo poetico letto totalmente per caso a Granada nel 2019 (senza conoscerne l’autrice). Non sapevo che era un incontro che avrebbe in qualche modo cambiato la mia vita. Eppure quella rara sensazione destabilizzante che avviene quando si legge una poesia straordinaria mi fece intuire l’importanza di quella conoscenza poetica, tutt’altro che casuale. Un incontro destinato, nella sua connessione rarissima, a rimanere. Fu, in particolare, con il suo testo “Saber de ti”, che ricordo di avere letto nel patio della mia casa granadina di quel tempo. Sentii quei versi così vicini a me, così anche “miei” in una profondità che non ricordavo di avere ancora vissuto, che decisi di approfondire la lettura di Ángeles, recuperando tutta la sua opera. Per la prima volta sentivo una voce di un’autrice che viveva in qualche strada non distante da me (senza che io lo sapessi) e che risuonava alla stessa frequenza, in una terra amata come l’Andalusia, in un’altra lingua a me sorella, come lo spagnolo.
Quali sono state le difficoltà, se ci sono state, che hai incontrato nel trasporre i versi di Mora dallo spagnolo all’italiano?
Sulla difficoltà e impossibilità della traduzione sono state scritte tante pagine da personalità molto più autorevoli e di maggiore esperienza della mia. Anche per questo è così delicato e complesso rispondere a questa domanda. Per quanto riguarda la mia esperienza con Ángeles, che è stata  la mia prima vera e propria esperienza di traduzione, posso dire che il mio tentativo di trasposizione della sua parola poetica all’italiano è stato un viaggio straordinario ma non immediato né sempre fluido e “risolto”. Questa vicinanza di cui ti parlavo credo mi abbia aiutato a seguire l’onda della sua scrittura e della mia riscrittura. Ma diversi spazi delicati sono rimasti per me come una sfida tuttora aperta. La traduzione credo offra questa possibilità dell’irrisolto, una questione sempre aperta, come un’opportunità, anche in tutta la sua connaturata disillusione. Forse un po’ come ogni opera d’arte, ma all’ennesima potenza. Partiamo infatti dall’accettare che diverse lingue, in quanto espressione di diverse culture e, a loro volta, diverse culture che plasmano lingue diverse, costituiscono la sostanza principale dell’intraducibile nella comunicazione linguistica. La traduzione fornisce un’approssimazione o anche un viaggio più lontano dall’originale di quanto si pensi e, come ben sappiamo, mai una totale coincidenza di due testi (e due anime). Se la frustrazione nasce nel tentativo di più vicina traduzione del parlato quotidiano o in prosa (specialmente quando ci fermiamo a guardare nel dettaglio l’intraducibilità di alcuni spazi della comunicazione), immaginiamoci in poesia. La relativa vicinanza dello spagnolo e dell’italiano e l’esperienza da parte mia di entrambe le lingue e le culture forse ha permesso di orientarmi più facilmente in questi due sentieri che si sono incontrati. Tuttavia, più volte la criticità è emersa, in termini di rispetto della musica del testo originale così come di riproduzione del suo senso insieme. L’avventura della traduzione è stata quindi nel complesso per me stimolante ed elettrizzante, costituendo una sfida in cui bellezza e al contempo la frustrazione di un desiderio che non afferra mai del tutto l’oggetto amato, ma lo corteggia, si sono alternate ciclicamente sino a un equilibrio di gioia.
Per quali ragioni un’autrice come Mora può risultare interessante per il pubblico italiano?
Mora è un’autrice vivace, che canta una bellezza del quotidiano e le sue contraddizioni (nella storia privata, nella storia del mondo) con una leggerezza e una precisione straordinarie. La sua poesia merita di essere conosciuta in Italia e auspichiamo che possa essere accolta bene perché ha la forza ariosa e la visione della grande poesia. Rappresenta una voce dalla bellezza mediterranea che possiamo sentire anche nostra e in cui tanti lettori possono ritrovarsi, nel viaggio di solitudine che ciascuno intraprende nella sua vita.

 

Dall’introduzione di Valentina Colonna
Poesia d’acqua e dimenticanza: la voce di Ángeles Mora

La poesia di Ángeles Mora è un canto d’amore e di perdita, che entra nell’anima dei lettori con leggerezza vivace, virtuosamente dondolando tra l’ironia sottile e la nostalgia. È una poesia in ascolto, come lo è sempre la grande poesia: nasce da una contemplazione silenziosa delle fessure che aprono alla visione e da un orecchio musicale particolarmente attento all’universo. È in questa concentrazione sulla vita nei suoi dettagli visibili e invisibili che l’opera di Mora tenta la ricostruzione dell’Io, anche quando esso è rinnovato, generato dalla brace e fiore della dimenticanza. Allora, Ángeles Mora si mette in cammino per cercare nelle stratificazioni di esperienza luci e ombre, mischiando, con rara gioia, veli di malinconia e solitudine insieme a inni di bellezza. Fa così confluire anche il più silenzioso pianto nell’acqua che scorre dietro ciascuna delle sue case, vero motore musicale di tutta la sua poesia. Anche laddove l’anima si riempie di pioggia, l’unica cosa che resta in piedi è, infatti, solamente una casa dell’acqua: […] Elemento per eccellenza vitale, l’acqua è ritmo e melodia, con il suo scrosciare, il suo gocciolare, il suo battito. […] Potremmo dire che la poesia di Ángeles Mora è intrisa d’acqua, non solo perché compare ciclicamente negli occhi che descrive “pieni d’acqua”, o in quanto è l’abitante della sua casa-poesia, ma anche e primariamente perché l’estrema vitalità della scrittura ha la stessa leggerezza e forza dell’acqua, ne assorbe la musica. Questo comporre è infatti pieno di musica, che emerge dalla pagina nella naturale cura e armonizzazione dei versi, prevalentemente liberi e con misure diverse, che si allargano e assottigliano, e raramente si combinano anche in inaspettati giochi metrici. E a cui si accompagna un folto numero di riferimenti espliciti, principalmente al genere canzone ma anche letterari, cinematografici ecc. La musica prende così forma nelle stanze di Mora, in un filo sottile che si dipana in tutta l’opera e tiene insieme gli anni, con un timbro che risuona nella scrittura. Casa dell’acqua – prima antologia italiana dell’autrice – è un libro disegnato dal tempo, che ne prende i diversi respiri e affonda nei principali luoghi remoti e vicini a cui Mora ci guida, accompagnandoci a casa con la delicatezza del suo muoversi nella vita. Casa dell’acqua può definirsi l’intera opera di questa grande poetessa, che nei riflessi del suo rimescolarsi, nel suo farsi madre, ospita i lettori. Tratteggiano la mappa di quest’opera molteplici luoghi-tempo: quelli dell’infanzia, della dimenticanza, della cura paziente e della rinascita fiorita. Sono anche i luoghi più veri della terra andalusa dove Ángeles Mora è nata e vive. Sono gli spazi-casa della sua anima, che diventa anche la nostra. […] In questo volume, che raccoglie quarant’anni di produzione di Ángeles Mora, dal 1982 al 2022, ho cercato di includere quei testi che, provenienti dalle sue nove raccolte, potessero meglio disegnare il viaggio di scrittura dell’autrice e che più hanno risuonato nel mio incontro con lei, avvenuto a Granada nel 2019. […]

Dalla postfazione di Matteo Lefèvre

[…] La versione dei testi di Ángeles Mora è condotta da Valentina Colonna con rigore filologico e altresì con la freschezza della consuetudine umana, che la poeta italiana ha potuto esperire direttamente e a lungo in quella stessa Granada che è patria dell’autrice (e una delle capitali della poesia iberica, per giunta). È anche per questo che la sua voce, sia nella misura minimale sia nell’estensione di interi componimenti, sa riprodurre così bene la vivace colloquialità del verso spagnolo, così come la sua natura pensosa, la sua frammentata circolarità, il ritmo incalzante o illineare del discorso. L’obiettivo, centrato, dalla Colonna sta proprio nella percezione del respiro dell’origine, nell’ascolto delle battute melodiche – la traduttrice è anche musicista, del resto – e del pensiero descritto dall’autrice e poi rivelato, non semplicemente riprodotto, anche nelle versioni italiane, che divengono in questa maniera teatro di uno scambio profondo, quasi “sottocutaneo”, e non mere rivisitazioni.

Dall’intervista ad Ángeles Mora, a cura di Valentina Colonna

[…] Il ritmo o la musica delle mie poesie cerca l’emozione, la verità che scopre la poesia. La poesia ti chiede una forma, ha una necessità propria. La musica delle mie poesie mi ha sempre aiutato ad arrivare a qualcosa di nuovo, a scoprire la luce che i miei versi stavano cercando. Scrivere una poesia è come aprire un sentiero in un bosco dove nessuno è mai andato prima. È il modo di aprire sentieri e accogliere tutto ciò che vai trovando lungo il cammino e anche, naturalmente, il luogo dove finalmente si arriva: la radura del bosco, in cui riposi tu insieme alla luce definitiva della poesia. La musica delle parole mi aiuta ad aprire quei sentieri di cui ti parlo. […] Per me la poesia è stata sempre una forma di vita, una maniera di pensare e di costruire la mia personalità in relazione con il mondo in cui vivo. La poesia è intensità, pensiero, emozione, bellezza… ma la poesia non sarebbe nulla per me se non si rapportasse con la vita, con ciò che è fuori da noi, dal nostro egoismo personale. Per me la poesia è, ed è sempre stata, un modo di lottare contro ciò che non ci piace del mondo in cui viviamo, di perseguire un mondo diverso, dove l’amore è più potente dell’egoismo, dove non esiste sfruttamento, un mondo molto più egualitario, bello e vivibile, dove i confini uniscono e non separano: un mondo praticamente senza confini. Vorrei che la poesia che verrà servisse a trasformare il mondo.

Da Casa dell’acqua. Poesie (1982-2022) (AnimaMundi Edizioni 2023), traduzione e cura di Valentina Colonna

Gli oblii

Passò aprile, passò maggio, passò giugno.
Quanto tempo fa…
Friedrich Hölderlin

 

Parlo del fatto che ho dimenticato
ciò che mi ha dato la vita
– ciò che mi ha fatto vivere, direbbe Hölderlin –.
Fare merenda con del cioccolato
intorno alle cinque.
L’arco e le frecce
di Robin Hood.
Il fico che fu il centro del mondo.
Le esplorazioni nel canneto.

Cose palpabili come il silenzio adesso,
palpabili come la paura e la stanchezza.
O come la canzone che canterò domani
e passerà come è passata la tua mano.

Un nuovo oblio, amore:
il tuo amore in questa notte.

 

Los olvidos

Pasó Abril, pasó Mayo, pasó Junio.
Cuánto tiempo hace ya…
Friedrich Hölderlin

Hablo de que olvidé
lo que me dio la vida
—lo que me hizo vivir, diría Hölderlin—.
Merendar chocolate
al filo de las cinco.
El arco y las flechas
de Robin Hood.
La higuera que fue el centro del mundo.
Las exploraciones en el cañaveral.
Cosas palpables como el silencio ahora,
palpables como el miedo y el cansancio.
O como la canción que cantaré mañana
y pasará como pasó tu mano.
Un nuevo olvido, amor:
tu amor en esta noche.

 

Elegia e cartolina

Non è facile cambiare casa,
abitudini, amici,
lunedì, balcone.
Piccoli riti che ci hanno portato
a essere come siamo, la nostra vecchia
osteria, una birra
per due.
Ci sono cose che non trasporta la valigia:
il cielo che solleva una serranda,
l’odore di tabacco di un desiderio,
i sentieri battuti del nostro
cuore.
Non è facile disfare un giorno le valigie
sotto un’altra pioggia,
cambiare per sempre di luna,
di nebbia, giornale, voci,
ascensore.
E andare per una strada che non hai mai
immaginato,
con altri passeri che ormai
non ti domandano, altri gatti
che non conoscono il tuo nome, altri baci
che non ti vedono arrivare.
No, non è facile adesso cambiare chiavi.

E molto meno facile,
lo sai,
cambiare amore.

Elegía y postal

No es fácil cambiar de casa,
de costumbres, de amigos,
de lunes, de balcón.
Pequeños ritos que nos fueron
haciendo como somos, nuestra vieja
taberna, cerveza
para dos.
Hay cosas que no arrastra el equipaje:
el cielo que levanta una persiana,
el olor a tabaco de un deseo,
los caminos trillados de nuestro
corazón.
No es fácil deshacer las maletas un día
en otra lluvia,
cambiar sin más de luna,
de niebla, de periódico, de voces,
de ascensor.
Y salir a una calle que nunca has
presentido,
con otros gorriones que ya
no te preguntan, otros gatos
que no saben tu nombre, otros besos
que no te ven venir.
No, no es fácil cambiar ahora de llaves.

Y mucho menos fácil,
ya sabes,
cambiar de amor.

 

È già primavera

Piove mentre la gente passa
affrettata come me
mi nascondo sotto la grondaia
e guardo il temporale e gli ombrelli
di alcuni previdenti.
La gran parte di noi corre.
Una volta bagnati, tutto appare facile:
ridere e lasciare che le gocce
rinfreschino le guance e che i capelli
scivolino sulle spalle divertiti.
A quest’altezza l’odore di terra
bagnata sale inebriante
al punto che sembra gentile tanta furia
che salta per strada. Continuo
di portone in portone. Chiudo gli occhi
per salvare l’istante.
Quando li apro
finisce la follia delle nuvole.
Sono già vicino a casa.
La maglietta attaccata al cuore.

Ya es primavera

Llueve mientras la gente pasa
apresurada como yo
me escondo bajo los aleros
y miro el chaparrón y los paraguas
de algunos previsores.
Los más corremos.
Una vez empapados todo resulta fácil:
reír y dejar que las gotas
refresquen las mejillas y que el pelo
escurra por los hombros divertido.
A estas alturas el olor a tierra
mojada sube embriagador
y hasta parece amable tanta furia
en la calle saltando. Sigo
de portal en portal. Cierro los ojos
por guardar el instante.
Al abrirlos
acaba el desatino de las nubes.
Cerca de casa estoy.
La camisa pegada el corazón.

 

La solitudine della casalinga

Restare sola è un cammino che conosci.
O una situazione.
Come lo sgabuzzino delle punizioni
per espiare le mancanze di una bimba
intrepida
che non impara a moderarsi.
Interrotti al pomeriggio, candidi giochi
che bisogna pagare:
girare attorno al tetto delle suore
chiudendo gli occhi al pericolo.

Come quella macchia che non si toglie dal vestito,
la colpa alberga nella coscienza
– si impara –
il tuo cervello la trascina
senza che te ne accorga,
sino a che appare insieme a te
in un altro sgabuzzino
di solitudine nemica.

Di solito accade nella discesa aspra della sera,
quando il tetto delle suore
è il crepuscolo in cui ti lasci scivolare
mentre si fa buio
senza aver messo a posto.
Vuoti tristi davanti a te stessa,
quando stendi i vestiti che non stiri
o copri i letti che non fai,
muta, come se nessuna voce
ti crescesse nel petto.

Rimanere da soli, in bianco,
non avere memoria di ciò che abbiamo perso,
dimenticanza soltanto nella carne,
inspiegabile.
E la tua eloquenza spezzata
che ti piove dentro.

Per rimanere in bianco,
essere nessuno,
non importa essere o meno accompagnati,
sentire gli occhi che ti amano o quelli che ti odiano,
ma sapere che sotto ai tuoi piedi
ammutolisce la terra,
sì, questo è definitivo.

Eppure
ti si aprono in bocca
le parole che non hai mai detto,
pronte a cadere
proprio dalla parte opposta del silenzio.

La soledad del ama de casa

Quedarse sola es un camino que conoces.
O una situación.
Igual que un cuarto oscuro de castigo
para expiar las faltas de una niña
intrépida
que no aprende a templarse.
Rotos en la tarde, cándidos juegos
que hay que pagar:
coronar el tejado de las monjas
tapándole los ojos al peligro.

Como esa mancha que no sale del vestido,
la culpa se aloja en la conciencia
—se aprende—
tu cerebro la arrastra
sin que lo notes,
hasta que aparece contigo
en otro cuarto oscuro
de soledad enemiga.

Suele oscurrir en la caída arisca de la tarde,
cuando el tejado de las monjas
es el crepúsculo por el que te deslizas
mientras se hace de noche
sin haber recogido.
Huecos tristes ante una misma,
estirando la ropa que no planchas
o tapando las camas que no haces,
muda, como si ninguna voz
te creciera en el pecho.

Quedarse a solas, en blanco,
no tener memoria de lo que perdimos,
sólo olvido en la carne,
inexplicable.
Y tu elocuencia rota,
lloviéndote por dentro.

Para quedarse en blanco,
ser nadie,
no importa estar o no acompañada,
sentir los ojos que te aman o los que te odian,
pero saber que bajo tus pies
emmudece la tierra
sí es definitivo.

Y sin embargo
se te abren en la boca
las palabras que nunca pronunciaste,
listas para caer
justo hacia el otro lado del silencio.

 

La dimenticanza

È così breve l’amore e così lungo l’oblio.
Pablo Neruda

Sangue secco.
Josep María Rodríguez

Non so più in che quaderno ho scritto quella pagina.
Non lo trovo, non lo cerco nemmeno:
quante pagine perse contengono i miei giorni!
Si staccano dal corpo, se le inghiottisce la terra,
ma resta sempre una traccia,
quasi niente, sangue secco
che non svanisce.

Sono tutte cicatrici, però non sono uguali.
A volte una vita, una lunga vita,
può trascinarne un’altra sino alla morte.

Una goccia di sangue
si è conficcata a poco a poco nel mio fianco.
Possiede un volto e un nome:
lascia una sensazione insopportabile
di dolcezza perduta
e abbandono.

È moneta corrente questo dolore:
chi l’ha provato lo sa.

El olvido

Es tan corto el amor y es tan largo el olvido.
Pablo Neruda

Sangre seca.
Josep María Rodríguez

Ya no sé en qué cuaderno escribí aquella página.
No lo encuentro, ni siquiera lo busco:
¡tienen mis días tantas hojas perdidas!
Se desprenden del cuerpo, se las traga la tierra,
mas siempre queda un rastro,
apenas nada, sangre seca
que no desaparece.

Todas son cicatrices, pero no son iguales.
A veces una vida, una larga vida,
puede arrastrar alguna hasta la muerte.

Una gota de sangre
se clavó poco a poco en mi costado.
Tiene un rostro y un nombre:
deja una sensación insoportable
de dulzura perdida
y abandono.

Es moneda corriente este dolor:
quien lo probó lo sabe

 

Ángeles Mora è una delle voci più significative della poesia spagnola contemporanea. Nata a Rute (Cordova), vive a Granada dall’inizio degli anni Ottanta. Ha pubblicato nove libri di poesia con i quali ha ricevuto importanti riconoscimenti, come il Premio Nacional de la Crítica e il Premio Nacional de Poesía de España. Ha ricevuto inoltre il Premio Rafael Alberti e il Premio Ciudad de Melilla. In Italia sono usciti due libri, entrambi con traduzione di Elena Palumbo Mosca: Contraddizioni, uccelli (Edizioni dell’Orso, 2005), Finzioni per un’autobiografia (Medinova, 2022). Casa dell’acqua. Poesie 1983-2023 è la prima antologia italiana della sua opera poetica.

Valentina Colonna, poetessa e pianista compositrice, è nata a Torino nel 1990 in una famiglia di musicisti. Ha pubblicato tre libri di poesia, tra cui La cadenza sospesa (Aragno, 2015, prefazione di Davide Rondoni), uscito in Argentina nel 2020 (La cadencia suspendida, Buenos Aires Poetry, trad. Mario Chávez Carmona), e Stanze di città e altri viaggi (Aragno, 2019, prefazione di Aleš Šteger), segnalato al premio Frascati (60^ ed.). Dopo la laurea con lode e dignità di stampa in Scienze linguistiche presso l’Università degli Studi di Torino, ha concluso con lode, nel 2021, un Dottorato di Ricerca (Doctor Europaeus) in Digital Humanities (Linguistica) presso le Università di Genova e Torino, realizzando una prima storia della lettura della poesia dagli anni Sessanta a oggi e ideando l’archivio vocale online Voices of Italian Poets. Del 2022 è la sua prima monografia che ne racchiude una parte, Voices of Italian Poets. Storia e analisi fonetica della lettura della poesia italiana del Novecento (Edizioni Dell’Orso). Nel 2023 è risultata vincitrice di una MSCA-Marie Skłodowska Curie European Postdoctoral Fellowship di due anni presso l’Università di Granada.

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