Immagine di Angela Bacon

Dalla prefazione di Fabio Scotto

I frammenti dei quali si compone questa nuova silloge di Jean Flaminien, pur nella loro specifica singolarità stilistica e tematica, vanno comunque letti come il coerente proseguimento di un work in progress che consiste nell’esercizio di una poesia pensante, o, per dirla con Leopardi, di un «pensiero poetante» affidato alle risorse del verso come della prosa poetica e volto ad affrontare la questione del mistero della presenza dell’essere in un mondo spesso insensibile alla voce della natura e vittima di un edonismo egoistico che mina fortemente la relazione. Se, pur nella varietà dei motivi e delle modalità espressive, molti dei temi della sua ricerca sono già presenti nelle sue opere precedenti – si pensi, ad esempio, all’evocazione delle «transitions mystérieuses» e al ritorno al Dire originario di Preservare la luce (2011), o all’interrogazione escatologica di Dio, del Logos e del Tempo di L’uomo flottante (2016), che già in larga parte adotta la misura aforistica e sapienziale –, Della bontà osa affrontare un argomento storicamente poco praticato, per non dire inviso alla poesia (eccezion fatta forse solo per i testi sacri e la lirica religiosa, comunque sostanzialmente estranei all’approccio dell’Autore), la quale, da Poe a Baudelaire, da Blake a Lautréamont, ha nella modernità preferito dar voce al male, per il bisogno provocatorio di antagonismo e di esplorare le tenebre dell’inconscio e dello spleen, ricettacolo delle pulsioni umane e delle tentazioni della carne. […] Il libro, nel quale l’Autore dissemina un ampio repertorio paratestuale di epigrafi e citazioni da scrittori e filosofi di epoche e provenienze assai diverse (da Dante a Hölderlin, da Rimbaud ad Apollinaire, da Michaux a Deguy e Bonnefoy …), utili a mostrare, nonostante tutto, la presenza tematica della bontà nel catalogo poetico di varie epoche, si presenta come una successione di frammenti in versi che sviluppano, attraverso il sillogismo lirico, un’apologia della bontà dai tratti gnomici frutto di una riflessione profonda sulla condizione del mondo, del cosmo e degli esseri che lo abitano. Dedicata alla memoria della madre (il che già conferisce all’opera quell’imprescindibile tratto di singolarità soggettiva senza il quale non è data vera letteratura), l’opera muove dalla convinzione, già espressa nell’Incipit, che la bontà esista e che essa non sia un ente in sé, ma la materializzazione di un istanza morale che orienta i comportamenti degli esseri fino a diventarne l’elemento fondativo stesso. La presenza della bontà nel mondo è quindi innegabile e ne è prova il dato esperienziale.[…] Rifuggendo da ogni idealizzazione, Flaminien canta una bontà in atto, non l’ipotesi ma la realtà dell’agire, che è quella tuttavia di qualcosa che rimane, pur nella certezza della sua presenza, inafferrabile e indefinibile […].

Da Della bontà (Book Editore 2020), traduzione e cura di Fabio Scotto

È la speranza misteriosa
che affiora per effrazione
in tale gioia e in puro dono
in un universo d’ombra.
Anteriore a ogni sapere,
qui nell’essere che appare,
giustificandolo tra gli esseri,
sentiero fuggevole.
Il risveglio è la sua ragione,
la fonte la sua memoria.

Luminoso pianeta che nessuno attende,
presenza spontanea che si eclissa.

Elle est l’espérance mystérieuse
qui surgit par effraction
en telle joie et en pur don
dans un univers d’ombre.
Antérieure à tout savoir,
ici en l’être apparaissant,
le justifiant entre les êtres,
chemin fusant.
L’éveil est sa raison,
la source sa mémoire.

Lumineuse planète que nul n’attend,
présence spontanée s’éclipsant.

*

Chi conosce
la vera natura del cuore?
E quale roccia, la sua resistenza?
Quale ritmo la sua persistenza?
Seguendo in anticipo
il corso naturale delle cose
incline al loro rovesciamento,

Bontà senz’ombra, senza preavviso,
non sorvegliata,
fa irruzione nell’attivo del giorno,
scompare, non si cancella …

Qui connaît
la véritable nature du cœur?
Et quel rocher, son endurance?
Quel rythme, sa persistance?
D’avance suivant
le cours naturel des choses
enclin à leur renversement,

Bonté sans ombre, sans annonce,
insurveillée,
fait irruption dans l’actif du jour,
disparaît, ne s’efface …

*

Benché abiti il nostro essere
si mantiene fuori portata,
insondabile richiamo della vita,
vento di dolce follia
piú saggia della vecchia sapienza
come una guastafeste.

In ogni altra civiltà
scandisce l’uomo in gestazione:
«io sarò, io sarò …»
L’attesa, l’orizzonte del prossimo
dove l’uno diventa l’altro
nel non-detto.
Nessun bisogno
di ricorrere all’assoluto
perché avvenga.

Tout en habitant notre être
elle se tient hors d’atteinte,
appel insondable de la vie,
vent de folie douce
plus sage que la vieille sapience
en éteignoir.

En toute autre civilisation
scande l’homme en gestation:
«je serai, je serai …»
L’attente, l’horizon du proche
où l’un devient l’autre
dans le non-dit.
Nul besoin
d’avoir recours à l’absolu
pour qu’il advienne.

*

Ha poca leggenda
nel tempo accumulata,
nessuna carica originaria.
Non traccia cerchi,
non colonizza, non fa alcuna esclusione.
Non deve giustificarsi,
nessun amor proprio
né risentimento.
Non vive d’utopia.

Ha raggiunto la sua piena forza
in un unico corpo del tempo ferito?

Elle a peu de légende
au temps accumulée,
nulle charge originelle.
Elle ne trace pas de cercle,
ne colonise pas, ne pose aucune exclusion.
Elle n’a pas à se justifier,
nul amour-propre
ni ressentiment.
Elle ne vit pas d’utopie.

A-t-elle atteint sa force entière
en un seul corps du temps blessé?

*

«Riconoscere l’Altro, è dare» Lévinas

Grazie a lei
abbiamo un piede nell’assoluto,
qui, ora.
Grazie a lei
nessun bisogno d’interrogare
senza fine lo scopo:
qui, ora lo polverizzano.
Grazie a lei,
sola dimora
la vera grandezza del cammino,
in agente pensiero:

Io dò, – io mi dò -, dunque sono.

«Reconnaître l’Autre, c’est donner» Lévinas

Par elle
nous avons un pied dans l’absolu,
ici, maintenant.
Par elle
nul besoin d’interroger
sans fin le but:
ici, maintenant le pulvérisent.
Par elle,
seule demeure
la vraie grandeur du chemin,
en agissante pensée:

Je donne, – je me donne -, donc je suis.

 

Jean Flaminien d’origine guascona, è nato a Aire-sur-l’Adour nelle Lande. Vive in Spagna. Espressione nuova di una poesia pensante, meditativa, in divenire, presso Book Editore, nella traduzione di Marica Larocchi, ha pubblicato: Soste, fughe (2001), Graal portatile (2003), Pratiche di spossessamento (2005), L’acqua promessa (2009), Preservare la luce (2011) (poi raccolti nel volume L’infinitude – Finitezza e infinito (2012, ed. tascabile 2019), L’altra terra (2018). Nella traduzione di Antonio Rossi: L’uomo flottante (2016 e 2020, Premio Internazionale “Camaiore-F. Belluomini 2020”).

 

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