When the shadow of the grasshopper falls across the trail of the field mouse on green and slimey grass as a red sun rises above the western horizon silhouetting a gaunt and tautly muscled Indian warrior perched with bow and arrow cocked and aimed straight at you it’s time for another martini.

Anche oggi, con la mascherina, qualcuno si appoggia al muro, giusto di fianco alla vetrina ad angolo del cafè Vesuvio. Si fa scattare una foto col telefonino. Una buona instagrammata sicuro. Il murales è proprio cool. Magari conosce pure Kerouac, e la storia che quando ha sentito il reading del Cassady di On The Road ha deciso di farne uno dei suoi templi preferiti. Insieme a lui, in qualche tavolino, c’erano Ginsberg, Corso, forse anche O’Hara da New York, qualche volta. Qualche anno prima perfino Dylan Thomas. Chi scatta la foto ha forse sentito nominare qualcuno di questi avventori. Magari non importa nemmeno, perché Tripadvisor l’ha comunque consigliato tra i must-see-places da vedere a San Francisco.

Poco tempo fa, il 24 Marzo del 2019, Lawrence Ferlinghetti aveva festeggiato il suo centenario giusto lì di fianco, alla City Lights, la libreria che aveva fondato nel 1953 e presente ancora oggi nel medesimo tour d’obbligo della città di San Francisco. Proprio di fianco al Vesuvio, nato qualche anno prima. Il compleanno centenario di Ferlinghetti era stato di quei pochi eventi legati alla poesia che richiamava all’interesse mondano della celebrazione. Molti articoli erano stati scritti in proposito e la stessa città di San Francisco ha proclamato il 24 Marzo come il Ferlinghetti Day. Ridendo un poco aveva avuto modo di dire in proposito: «Faranno una bella festa. Ma è  inutile che io appaia in pubblico, perché non potrei parlare. Voglio dire, potrei parlare, ma a causa della mia vista sarebbe… Io non so cosa sarebbe». Era divertente, Lawrence. Uno che ci sapeva fare. Che credeva che il mondo fosse davvero un posto bellissimo, che credeva nella vera “rebirth of wonder”. Un sorriso, il suo, che nascondeva molte cose. Il medesimo sorriso con cui ci piace pensare abbia accolto il suo quasi 102esimo anno di vita. In una medesima instagrammata – con mascherina – proprio davanti alla sua libreria, o davanti al suo  Old West Hotel nel suo ritiro a Bixby Canyon, Big Sur.

Ferlinghetti era “una voce americana”, come scrisse di lui Gerald Nicosia, giornalista (e poeta) californiano, il quale sottolineava come la sua lingua e il suo umorismo erano qualcosa che poteva davvero essere compresa dall’uomo medio della strada. Come molti altri, anche lui avrebbe allegato il termine populista (populist), ma sarebbe – almeno dalle nostre parti – un amaro riferimento del tempo odierno. Alcuni direbbero “poeta beat”, come molti degli articoli che si leggono in proposito, anche se, come lo stesso Ferlinghetti ha detto nel documentario del 2013 Ferlinghetti: Rebirth of Wonder: “Non chiamarmi Beat. Non sono mai stato un poeta Beat”. Dire cosa è stato un personaggio del genere vorrebbe comunque sminuire la sua portata specifica. Noi lo vorremmo chiamare “l’ultimo poeta editore” ma con questo titolo si potrebbe fare torti a qualcuno, così preferiamo riferirci ai luoghi fisici che ancora oggi portano la misura (anch’essa fisica, oltre che ideologica) del suo lavoro creativo.

A Coney Island Of The Mind, uscito nel 1958, è riuscito infatti a vendere un milione di copie nel corso degli anni, influenzando molte delle menti della nuova generazione in termini di una poesia capace di avvicinare sia l’angel-headed hipster (per dirla à la Ginsberg) che l‘everyday man. Alcuni dicono che, senza di lui, Bob Dylan non avrebbe scritto molto, che il fenomeno del DIY non avrebbe preso così piede in America senza questo esempio specifico. Le leggende sono molte, e il fatto che siano vere o inverificabili per davvero poco conta. Ad ogni modo, la grandezza di Ferlinghetti è certamente legata al movimento che egli stesso ha contribuito a far nascere in una West Coast che necessitava proprio una voce come la sua, capace di richiamare a sé una giovane generazione di autori bramosi di potersi offrire al pubblico con la dignità di chi, da conforme o dissidente, voleva comunque celebrare la vita. Poesia come arte insurrezionista, diceva in uno dei suoi titoli. “Se vuoi essere un poeta, crea opere in grado di rispondere alla sfida di tempi apocalittici, anche se questo significato suona apocalittico. Sei Whitman, sei Poe, sei Mark Twain, sei Emily Dickinson e Edna St. Vincent Millay, sei Neruda e Mayakovsky e Pasolini, sei americano o non americano, puoi conquistare i conquistatori con le parole.” (Poetry as Insurgent Art, New Directions 2007)

Nell’autunno del 1956 pubblicò un piccolo tascabile da 75 centesimi: era Howl, di Allen Ginsberg, che inaugurò la casa editrice legata alla libreria, la cosiddetta City Lights Book, che darà alla luce anche la sua prima raccolta Pictures of the Gone World nel 1955. Il libro destò un certo scandalo e finì anche sotto processo. Non l’autore, certo, ma proprio il suo editore. Ferlinghetti disse sempre che non c’era più bisogno del noto editore newyorkese: se volevi essere pubblicato e avevi qualcosa di autentico da dire, conveniva cambiare costa. E molti lo fecero per davvero. Pacifista convinto, come solo chi ha visto in prima persona Nagasaki e Pearl Harbour, romantico così come chi ha visto Parigi negli anni giusti, idealista e visionario come pochi, Ferlinghetti è un uomo che è sempre stato identificato con le luci della sua città, alle quali sorridere in risposta.  Fino a una ventina di anni fa si esibiva anche in letture di poesia nei campus universitari, «accolto da un pubblico che lo trattava come una rockstar e che gridava i titoli delle loro poesie preferite», come si legge sul Los Angeles Times. “Va bene, ancora un’altra”, avrebbe risposto.

«City Lights era l’unico posto di San Francisco dove potevi entrare, sederti a leggere un libro senza che nessuno potesse obbligarti a comprare qualcosa», disse nel 1968 al New York Times, «avevo questa idea di una libreria che potesse anche diventare un centro culturale, e sapevo che sarebbe stato il luogo perfetto anche per una casa editrice». La City Lights era un luogo magico, cuore pulsante di un distretto che ancora oggi mostra quelle potenti vibrazioni culturali che nemmeno il turismo e le instagrammate di sorta possono scalfire. E anche il Cafè Vesuvio, proprio di fianco alla storica libreria, non presenta più gente come Kerouac o Ginsberg, ma quel sentore riesce ancora ad essere palpabile. E con un velo di romanticismo si può ancora sentire qualche homeless nei dintorni che parla di come Ferlinghetti era ammirato da tutte le donne del distretto italiano, ma alla fine gli aveva permesso di farsi una cultura. Non importa se son frasi per accaparrarsi qualche spicciolo. Il lavoro del poeta editore è qui, insieme alle luci della sua città, rappresentato da un sorriso finale, ancora, ci auguriamo, monito per molti. E non solo come ultima preghiera.

Traduzioni dall’inglese di Davide Romagnoli

da How to Paint Sunlight: Lyrics Poems & Others, 1997–2000 (New Directions 2001)

LA LUCE CHE CAMBIA

La luce che cambia
di San Francisco
non è nessuna delle tue luci dell’East Coast
nessuna delle tue
perlacee luci parigine
La luce di San Francisco
è una luce di mare
una luce d’isola
E la luce della nebbia
che copre le colline
alla deriva di notte
attraverso il Golden Gate
per poi sdraiarsi sulla città all’alba
E poi le tarde mattinate d’alcione
dopo che la nebbia si è esaurita
e il sole dipinge le case bianche
con la luce del mare greco
con ombre nette e pulite
facendo sembrare che la città
fosse appena stata dipinto

Ma il vento si alza alle quattro
spazzando le colline

E poi il velo di luce della prima sera

E poi un’altra tela
quando la nuova nebbia notturna
entra a fluttuare

E in quella valle di luce
la città va alla deriva
disancorata sull’oceano

da A Coney Island of the Mind (City Lights Books 1958)

VI.

Stavano montando la statua
di San Francesco
davanti alla chiesa
di San Francesco
nella città di San Francisco
in una stradina laterale
appena fuori dal viale
dove nessun uccello cantava
e il sole stava sorgendo in tempo
nel suo solito modo
e appena cominciando a brillare
sulla statua di San Francesco
dove nessun uccello cantava

E molti vecchi italiani
erano in piedi tutt’intorno
nella stradina laterale
appena fuori dal viale
guardando gli astuti lavoratori
che stavano issando la statua
con una catena e una gru
e altri strumenti
E molti giovani giornalisti
in abiti abbottonati
stavamo annotando le parole
di un giovane prete
chi stava sostenendo la statua
con tutti i suoi argomenti

E per tutto il tempo
mentre nessun uccello cantava
qualsiasi Passione di San Francesco
e mentre gli spettatori continuavano a guardare
in alto a San Francesco
con le braccia tese
agli uccelli che non c’erano
una molto alta e così puramente nuda
giovane vergine
con capelli di paglia
molto lunghi e molto lisci
e che portava addosso solo un piccolissimo
nido d’uccello
in un luogo molto esistenziale
continuò a passare attraverso la folla
nel frattempo
e su e giù per i gradini
davanti a San Francesco
i suoi occhi abbassati per tutto il tempo
e cantando a se stessa

RISCHIANDO COSTANTEMENTE L’ASSURDITA’

Rischiando costantemente l’assurdità
e la morte
ogni volta che si esibisce
sopra le teste
del suo pubblico
il poeta come un acrobata
sale su rime
a un alto filo da lui stesso teso
e in equilibrio sugli sguardi
sopra un mare di facce
percorre la sua strada
verso l’altro lato della giornata
eseguendo capriole intrecciate
e trucchi di prestigio
e altre teatralità
e tutto senza confondere
nulla
per ciò che potrebbe non essere

Perché lui è il super realista
che deve per forza percepire la
verità tesa
prima di assumere ogni posizione o passo
nella sua presunta avanzata
verso quel trespolo ancora più alto
dove la Bellezza sta e aspetta
con gravità
per iniziare il suo salto mortale

E lui
un piccolo uomo charleychaplin
che può o può non cogliere
la bella forma eterna di lei
sparsa nell’aria vuota
dell’esistenza

Lawrence Monsanto Ferlinghetti (24 marzo 1919 – 22 febbraio 2021) è stato un poeta, pittore, attivista sociale e co-fondatore di City Lights Booksellers & Publishers . Era autore di poesie, traduzioni, narrativa, teatro, critica d’arte e narrazione cinematografica. Ferlinghetti era meglio conosciuto per la sua prima raccolta di poesie, A Coney Island of the Mind (1958), che è stata tradotta in nove lingue, con vendite di oltre un milione di copie.

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