Immagine di Tina Modotti

Nota di lettura di Paolo Pera

Silvio Aman, maestro riservato e studioso riconosciuto, è di certo tra le voci più delicate, musicali e appassionanti della poesia italiana contemporanea. Il suo canto si differenzia per una “timida eleganza” e una certa concettosità alleggerita dal carattere trasognato delle meditazioni mediante le quali il sé si disperde (liberandosi) a osservare giardini, quadri, fenomeni naturali, etc.: una dissoluzione verso lo stadio liquido cui “l’iperboreo”, termine che troviamo nella sua opera, risultava destinato; dissoluzione che commercia facilmente con l’ambito psicanalitico, dove la messa in concedo delle peggiori istanze dell’io porterebbe a una “santità” da dis-essere in cui farsi sguardo significa aderire alla Bellezza (e così al divino), incarnando dunque, per scatto etico, il Bene (come ebbe a insegnare Eckhart nella sua dottrina dell’uomo nobile).

Dalla Prefazione di Luigi Fontanella

Una poiesi, questa di Garten, davvero densa e variegata che, a volerla definire in pochi termini essenziali, appare, nel suo complesso, profondamente autoanalitica e hésitante, e il cui intimo compito sembra essere quello di far luce nel coacervo del subconscio del suo stesso Autore. Una poesia, aggiungo, spesso intrisa di oscura, planetaria melanconia… Ed è, fin dalle prime pagine, subito presente la tipica modalità espressiva del poetare di Aman, che si muove come per onde sinuose, in un gioco ambiguo tra memoria e proiezione immaginativa, laddove il pensiero dell’Autore va stanando dalle ombre del passato (passato non sempre distante, ossia che può anche essere prossimo e recentissimo) volti e momenti topici, che la poesia riesce a far ri-vivere o ri-esaminare.

Da Garten (Puntoacapo, 2022)

SEHNSUCHT

Non voglio più sostare,
ma osservo con passione sorridente
le coppie che mi illudono…
amori rinnovati sul bel lago
con onde fatte a conche nere e ardenti
da un gioco permanente.

Mi dicono: “Rimani!
hai tutto ciò che vuoi,
ondoso di bellezza e eternità”
ma ubique e fervorose
risento strane voci dai fogliami:
“Non ti fermare dove gli altri vanno!”

Era infatti così:
rimasta nel cassetto dell’Hôtel
la foto di chi un tempo ha preso il volo,
e pare che la bionda m’irridesse,
come se lì, svegliandomi in ritardo,
fossi rimasto solo.

 

SERATA A WILHELMSHAVEN

Più tardi, quando l’onda cala
e il suo residuo è il limo,
l’orrore cui le cose si rassegnano,
non so cos’aspettarmi:
il mare è così grigio
e tanto solo in questi suoi pensieri…

O è forse per l’ambiente dimidiato?
Resta, chissà se per lusinga almeno,
l’acquatica empatia delle vetrine…
qualcosa in cui il tramonto un po’ attenuato
parrebbe anticipare nel riflesso
l’umore mattutino dell’aurora.

 

PERSEFONE
(Pasqua di resurrezione)

Ben poco da ammirare
fin che non vedi gli olmi, il verde
appena nato dalla luce,
e approvi la famiglia delle acacie,
l’offerta di quei fiori profumati
che per fortuna ignorano:
vedere per davvero le innocenti
passare dentro un verde di bandiere
perché l’esterno aiuti.

È il giorno in cui Persefone risale,
i freschi mazzi in grembo
a rinnovare il ciclo,
lei che non sa né mai potrà comprendere
i tetri rettifili della storia
togliere curve al tempo.
… Ma è proprio per l’aprile,
per queste nuove dita ai vertici
che ha un nuovo slancio l’anima.

INVITO

Stai sempre chiusa in te, luttuosa
nel tondo peristilio della notte
e lì distilli il limo
che i giorni del passato ti conducono…
non so già più perché.

È aprile, e tu non credi a chi ritorna
allegramente a farti ridere,
uno che giunge a un tratto
da un suo lavoro oscuro,
i semi preparati nel silenzio
di un’affettuosa neve,
e innalzi i suoi cestini nella luce.

Ti porterà le viole e in giallo chiaro
le mai sposate primule,
Mentre la gente preme
e non si sa per cosa…
non guardano nemmeno.

 

GARTEN
(Il giardiniere)

Verso le rose dagli stami gialli
si fa più intensa l’ombra –
è il punto in cui la vasca ti dà l’acqua
quando nelle ore estive hai sete
e hai già compiuto il rito mattutino
di abbeverare gli ospiti,
il Gotha che hai raccolto dentro l’Arca
di queste specie rare.

Ma quando lasci i tuoi rastrelli
e il chiostro dei biglietti è chiuso
ripensi alla straniera incuriosita
dalle tue felci arboree.
Ora è il silenzio

e ciò che scorre lentamente
a far da madre alle ninfee
è il sangue verde del ruscello.
Tu spesso non hai voglia di andar via –
cosa faresti altrove?
Qua senti come è bello dir di sì:
tu curi attentamente ogni dettaglio
e la risposta è buona.

Allora, dove il parco si è svuotato,
vorresti tramutarti nell’oblio
che è in te l’ebbrezza,
il verde in cui respiri e ti addolcisce.

 

Silvio Aman, presente in moltissime antologie della poesia contemporanea, ha curato il volume di saggi Memoria, mimetismo e informazione in Teatro naturale di Giampiero Neri, Milano, Edizioni Otto/Novecento, 1999. Antologia di poeti e scrittori svizzeri (con inediti di Giorgio Orelli) in Hesperos, Milano, La Vita Felice, 2001. È autore di diversi saggi, tra cui Robert Walser, il culto dell’eterna giovinezza (Milano/Lugano, Giampiero Casagrande, 2009). In poesia: Sinfonia alpina (pref. di Gilberto Isella, Balerna, CH, Edizioni Ulivo, 2004); Nel cuore del drago (prefazione di Guido Oldani, Novara, Interlinea, 2005); Ariele (a cura di Giancarlo Pontiggia con postfazione di Paola Loreto, Bergamo, Moretti&Vitali, 2010 – di cui dieci poesie sono apparse nel numero di novembre 2009 della rivista Poesia); L’orifiamma (prefazione di Vincenzo Guarracino, Busto Arsizio, Nomos Edizioni, 2013); Sonetti fosforescenti (Pasturana, AL, puntoacapo, 2022).

Paolo Pera (Alba, 1996) vive a Canale e si è laureato in Filosofia all’Università di Torino. Ha pubblicato il romanzo La scuola attraverso i miei occhi (Vertigo, 2012); una rielaborazione del classico per l’infanzia di Heinrich Hoffmann (Pierino Porcospino, Gian Giacomo Della Porta Editore, 2021); tre raccolte poetiche: La falce della decima musa (Achille e La Tartaruga, 2020) e Pietà per l’esistente (Ensemble, 2021), Pena di me stesso. Debolezze scanzonate (Ensemble 2022).

 

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