Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi dei poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Le poesie di Edoardo Manenti presentano molte immagini suggestive e paradossali (ovvero suggestive in quanto paradossali): su tutte l’esempio di “corazza di sangue”. Può declinare assiomi pirandelliani (“O resteremo incastrati / Tra due pupille / Mai sazi, mai nuovi / ma sempre gli stessi, / Per non rompere il nostro ritratto / Scolpito nel mondo di un altro”) e spesso lascia in sospeso il proposito del testo. Si serve di un’aggettivazione eccessiva, la cui poeticità è per giunta esasperata dalle frequenti anastrofi (“liquidi passi”, “rotte menzogne”) e persino nella costruzione di una scena l’accumulo sinestetico dei dettagli rischia di aumentare la confusione invece di migliorare la messa a fuoco: muta, bisbiglia e boati da una parte, ritmici passi e canto scalzo dall’altra. A chi appartengono le armate distratte?

Pietre

Città che muta, riassembla
È muta e bisbiglia
A suon di boati, di luci, di occhi,
Ritmici passi
Di armate distratte
Non c’è solo pace tra gli angoli
Scortati da vuoti lampioni
Stanotte si ode soltanto
Il canto scalzo
Del predicatore abbandonato

Sergio Colangeli invia tre testi “giapponesi”, secondo le regole dell’arte. I pregi sono quelli noti al genere, i difetti quelli connaturati alle altrettanto note difficoltà che la nostra lingua polisillabica in questo genere riscontra. Il primo ha la bellezza dei contrasti: la sciagura di una casa allagata e la bellezza di una cosa che brilla; il secondo è un po’ più facile, perché si appunta su un’osservazione naturalistica non così originale che per giunta rende il primo verso quasi superfluo; il terzo, soprattutto se lo si paragona ai primi due, spiega troppo e questo avviene a scapito della forza evocativa.

SENRYŪ
la nostra casa
è tutta allagata –
adesso brilla

HAIKU ( estate )
non sono solo –
questa notte i grilli
cantano per me

TANKA ( autunno)
non ti ho visto
migrare sopra di me –
cade la piuma
tra le foglie inermi
raccolgo il saluto

Come poesia del mese ne scelgo una di Letizia Polini, perché individua una cosa sfuggente da dire, eppure universale: l’impossibilità di una relazione e al contempo la necessità della stessa, lo sguardo che è sempre sbilenco, obliquo, rifratto dalla finitudine. Un bicchiere sul ciglio, un burrone che incombe sulle spalle.  I trattini del verso finale a staccare la domanda tremenda, la o alla fine del quarto verso che mette in evidenza il baratro ubiquo. Tenere è mancare.

quando parli io guardo di lato
e ripasso il contorno del corpo
lo tengo e con l’occhio lo manco,
a salvarmi è sempre il gatto o
un bicchiere sul ciglio, una cosa
da mettere a posto.
Fisso zone di sbieco per non guardarti
il burrone che hai sulle spalle, non sentire
la voce sottile risalire la nuca:
– e se muori? –

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato quattro libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (OMP 2008), Parole incrociate (Tracce 2008), Ostello della gioventù bruciata (Miraggi 2015) e Nature morte e vanità (Vydia 2020). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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