Linea di galleggiamento (LietoColle – Pordenonelegge 2020), quinta raccolta di Luca Bresciani, presenta un discorso unico senza scansione in sezioni. Si tratta di un elemento strutturale e intertestuale che si accorda con quanto riassunto nel titolo: la linea tracciata da Bresciani è in effetti continua, e si configura come un luogo di riflessione al cui interno la scrittura assolve al suo compito conoscitivo («eravamo già dei poeti / nel bianco sotto i costumi / a sgranare l’alfabeto / come fosse un rosario») e aggregante («l’infinito esige radunanza») nella relazione che si stabilisce tra la percezione del soggetto – mimetizzato nei vari contesti e mai ipertrofico – e gli altri interpreti di un confuso e spesso solitario vivere quotidiano («odiamo per incompletezza», «nessuno assomiglia a nessuno / nella menzogna dell’equilibrio»).
In questi ritagli di quotidianità, fatta di persone ma soprattutto di oggetti, si svolge l’esperienza di Bresciani, divisa tra veglia, sonno e risveglio dei sensi: il suo è «un corpo trasformato in cartina muta», rileva Paolo Maccari nella postfazione, mediante il quale egli «tenta di riattivare, o reinventare, i significati di azioni logorate dalla consuetudine». Sempre Maccari, infatti, concentra innanzitutto l’attenzione sull’importanza del legame tra soggetto e oggetto: «Con Linea di galleggiamento Luca Bresciani consegna al lettore il resoconto di una vigilanza. Nei suoi versi la realtà è perlustrata nelle sue emergenze più minute – piatti, tovaglie, ciabatte – ma il catalogo che ne deriva non è abbandonato all’implicita luminescenza semantica del singolo oggetto: nel giro breve dei testi si assiste sempre a una interferenza meditativa, che tuttavia non sottrae l’oggetto stesso alla sua consistenza materiale; avviene semmai il contrario: il pensiero si cala tra le cose, ne partecipa con la sua provvisorietà e con l’ardore delle sue interrogazioni.»
In tale contesto il linguaggio è uno strumento di raccordo («io gioco con la lingua / con le mie viti a stella / e la voce diventa coro / nell’universo del palato»), un ponte tra la prospettiva – mai compiaciuta – della nullificazione e una comprensione del reale filtrata della coscienza. Anche la coesione dei versi, prevalentemente raggruppati in quartine liberamente rimate, riproduce il senso della linea di galleggiamento, nel tentativo di arginare una dispersione emotiva, di focalizzare e «mappare» (Maccari) uno spazio, pur precario, di contatto empatico.
Questo spazio o luogo di riflessione che Bresciani intende ricostruire funziona come una sorta di membrana, attraversata da movimenti osmotici provenienti da direzioni differenti. Lo testimoniano le due citazioni, una di Szymborska e l’altra di Cioran, proposte all’inizio del libro: sono due poli che racchiudono un universo poetico dove oggetti e pensiero hanno modo di interfacciarsi e fondersi tra loro, diventando oggetti pensanti. Tuttavia se nella prima parte appaiono più evidenti i riferimenti all’ambiente circostante, nella seconda metà dell’opera si assiste a uno sviluppo in senso verticale delle immagini e delle metafore, che Maccari riconduce globalmente a certe analogie, ma anche a certi «lampeggiamenti oggettuali» tipici di Caproni.
I riferimenti principali di Bresciani sono la casa (dimensione privata) e la strada (dimensione pubblica), le notti e le albe, le minime vibrazioni che fanno da spia nel riconoscimento degli stati d’animo che vengono proiettati sulle cose. Questo riconoscimento svela una condizione esistenziale («la meta è essere / prima di diventare») e il pericolo nichilista dell’inerzia («altrimenti la passione ti sganciava / e diventavi una giovane pietra»). Comunque anche se la poesia non conduce alla salvezza («la poesia non salva le persone / ma il bene delle cure dimenticate / e diventa il mercato d’antiquariato / di ciò che non abbiamo compiuto») Bresciani ricorda quanto sia essenziale l’aspetto della condivisione, in virtù di quella faticosa e oscillante ricerca della consapevolezza che è il presupposto di ogni vera e vicendevole relazione con l’altro e con il mondo: «Una nota in calce al cielo / che dice non sei solo.»

 

da Linea di galleggiamento (LietoColle – Pordenonelegge 2020)

 

La bottiglia socchiusa dell’acqua
sul comodino è una Madonna
e attorno il resto della salvezza:
telefono-fazzoletto-pastiglia.

Coricarsi è un pellegrinaggio
chiedendo la grazia del sonno
per smarrirsi nelle coperte
giocando a non esistere.

*

Accendere i fornelli
per credere ancora nei miracoli
e il pentolino con il manico rotto
diventa un cucciolo malfermo.

È savana la colazione
offrendo la gola al telegiornale
ma quanta bellezza l’acacia che resiste
nella siccità rasoterra del niente.

*

Il semaforo ci affianca
e qualcuno si sbircia:
la stessa malattia tra le mani
la stessa solitudine nei sedili.

Poco tempo per sedimentare
scambiando un segno di luce:
il verde riapre la caccia
e il sangue torna una miccia.

 

Luca Bresciani (Pietrasanta, 1978) ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: Lucertola (Edizioni del Leone 2011), Modigliani (LietoColle 2015), L’elaborazione del tutto (Interno Poesia 2017) e Canzone del padre (LietoColle 2018). Le sue poesie sono ospitate in molti siti letterari tra cui Poetarum Silva, Atelier Poesia, Interno Poesia, Perigeion, Poesia del nostro tempo, Laboratori Poesia, I poeti sono vivi e sul quotidiano la Repubblica. Linea di galleggiamento è risultata tra i vincitori del premio Guido Gozzano 2019 e Anna Osti 2019 sezioni “silloge inedita”.

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