Nel 2008 Lorenzo Carlucci ha pubblicato La Comunità Assoluta (Lampi di Stampa) – di cui per Poesia del nostro tempo si è già occupata Alice Tomaselli nel 2018 [1] inaugurando la rubrica Parole dai mitici ’00 – e Ciclo di Giuda e altre poesie (L’arcolaio). La prima è una raccolta di versi e prose che, come scrive Claudio Damiani nella nota introduttiva, nasce da un dialogo continuo con una presenza-assenza. Riprendendo proprio le parole di Tomaselli, «sentimenti, azioni, tutto, o quasi, invocano il disordine di un sistema», di una Comunità appunto Assoluta, «ovvero priva di valori di qualsiasi natura», come un numero «privato del suo stesso segno». Ciò si traduce in una incomunicabilità stratificata: Valerio Cuccaroni, infatti, osserva che il libro «ha l’aspetto di un diario di viaggio, in cui si sono accumulate nel tempo scritture diverse, ispirate a esperienze diverse, in luoghi e tempi diversi» (La radice di Lorenzo Carlucci, in «absolutepoetry», 20 gennaio 2009).
Se questa opera è caratterizzata dalla sperimentazione e dalla disarticolazione, Ciclo di Giuda e altre poesie funge da contrappunto, almeno nella struttura, assumendo una configurazione unitaria. Non si esaurisce tuttavia la ricerca sulla lingua che, nel suo inesauribile potenziale combinatorio atto a scavare nei significanti e nei significati, approfondisce l’aspetto tragico dello scollamento tra logica ed enigma avvalendosi del lessico matematico, filosofico e teologico. Si ripropone dunque la questione dell’assenza, del vuoto incolmabile e inesplicabile, ma solo percepibile dietro l’impianto mistico che si avvale della parola per giustificare, ancora mediante il procedimento dialettico, il fondamento misterioso del divino («quel dio decorazione, lo ricordi, ha preso stanza in un / mio angolo di mente, e picciolo là ruota, ed è segreto»). La figura di Giuda, appeso oscillante all’albero, appare a intermittenza all’interno di un paesaggio arido e desertificato correlativo della nullificazione («e non abbiamo / un verbo in cui piantar l’uncino. dovremmo dire Nulla?»), che non a caso nella prefazione Matteo Veronesi definisce «forse baudeleriano o eliotiano». Il riferimento, precisa di nuovo Veronesi, è «il Vangelo di Giuda, di cui le sabbie di Nag Hammadi hanno […] restituito una versione copta, era già indirettamente noto attraverso gli eresiologi della prima età cristiana».  In tal senso il tema del tradimento, suggerisce sempre Veronesi, «si sposa […] ad un’inesausta interrogazione logica e ontologica». Ciò che in fondo resta dell’afasia, di questa realtà impronunciabile, è l’ordito melodico di un verso che si allunga e si contrae variando ritmo senza tuttavia perdere musicalità. Neppure la parola sembra infine avere la facoltà di dire per riassumere e contenere, insomma per comunicare la sensazione vaga ed eterea dell’assenza, sovrastata da un cumulo di sillabe atte a colmare un vuoto assoluto («per quante volte a questo volume vuoto?»). Di conseguenza glossolalia, il titolo di uno degli ultimi componimenti, nell’economia del poema può essere interpretata quale vera parola-chiave. Il dizionario ne offre una duplice e sintomatica lettura: «1. La coniazione, talvolta patologica, di associazioni sillabiche prive di senso; 2. La facoltà di pregare e lodare Dio in una lingua misteriosa, intesa solo dai primi cristiani forniti carismaticamente del dono dell’interpretazione».

[1] https://www.poesiadelnostrotempo.it/comunita-assoluta-lorenzo-carlucci/

 

da Ciclo di Giuda e altre poesie (L’arcolaio 2008)

mentre sta lì che pende come un frutto
i venti esplorano i possibili
volumi possibili dei venti
in moto sopra i campi

*

dov’è che sboccia la radice ferma
di quest’aria?
piede innocente piede
capacità dei venti
d’essere pietra
un piedistallo vero
per un impiccato

*

e vero pure c’hai radici in cielo
che dicono la doppia crescita dei mondi
e pure io dico che la forma tua
non viene in sette ombre definite ombre
non viene in spade che eclissano la luna
non viene derivata
io dico la tua direzione immacolata.

*

Primo Rabbino . rasségnati. tu non sarai capace a sviluppare dell’esser suo il fiorire o il florilegio. manco sarai capace
a riallacciare i lacci del suo nome all’osservanza per il Nome Grande.
Secondo Rabbino . sia questo il mio problema primo e dimmi padre come sopporti tu la rimozione del suo dire dal nostro conventicolo.
Primo Rabbino . la porto per sostituzione.
Secondo Rabbino . nessuna luce spirale può eguagliare il torneo che il suo spirito imprime all’intelletto nostro. no, nessuna. e sarò muto, accoccolato in basica conchiglia.
Primo Rabbino . io siedo e, come lo vedi, il mondo trottola qui intorno mentre alzo la mia mano.
Secondo Rabbino . quale conchiglia? codesta lingua, maître, quale conchiglia? erro io erro io vedo, vedo, mai mi rassegno all’esser suo assorbito.
Primo Rabbino . c’è un punto, sai.
Secondo Rabbino . fisso e pur sempre in moto, siano cos`ı le stelle, nella caduta libera perenne, immote. mia mente, maestro mio: potenza cielo e limes.
Primo Rabbino . pensiero pieno, il sapere.
Secondo Rabbino . inamovibile l’alternativa. rubata via. ripetizione sua di redenzione, prossimità e la fissazione d’esta mente, ineludibile reduplica e la nega. tuoi occhi, obbligazione. ’sta fissità, èscappata

*

Primo Rabbino . un gran volume d’Aria.
Secondo Rabbino . la bibbia che balbetta.
Primo Rabbino . la babbia.
Secondo Rabbino . e che dimora in ciò?
Primo Rabbino . vediamo un po’, amico venerando.
Secondo Rabbino . su questo corpo grande, faremo affidamento?
Primo Rabbino . cavo. tronco. la logica di sua sostituzione è definienda.
Secondo Rabbino . o confinata solo.

 

Lorenzo Carlucci (Roma, 1976), laureato in Filosofia, si è specializzato in Logica Matematica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha conseguito un Dottorato di ricerca in Matematica a Siena e un Ph.D. in Computer Science alla University of Delaware. È docente di Logica Matematica presso il dipartimento di Informatica dell’Università La Sapienza di Roma. Ha pubblicato Semeyazah – il mio nome ha visto (1994) in playOn poetry (ADR 2002), estratti da Newark Concrete in If music be the food of love, play on (Scheiwiller 2004) e, nel 2008, La Comunità Assoluta (Lampi di stampa) e Ciclo di Giuda e altre poesie (L’arcolaio). Assieme a Laura Marino, ha curato la prima traduzione italiana dal latino del poema medievale Architrenius (Carocci editore 2019) di Giovanni di Altavilla.

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