Immagine di Ebru Sidar

Dalla prefazione di Giuliano Ladolfi

[…] Rosa Salvia possiede la dote di saper lanciare sguardi acuti e chiarificatori all’interno dei propri sentimenti, come Catullo nell’Odi et amo, senza affidarsi a un grigio “indistinto”, come spesso avviene anche nelle arti figurative contemporanee, che maschera l’incapacità di comprendere il proprio vissuto interiore. Sa immergersi in un paesaggio, in un’opera d’arte per “afferrarla” con gli occhi, con le mani, con tutta se stessa e ritrarne il significato profondo: quell’«altrove che / non può essere svelato», ma che ella sa far percepire, «come quando la musica rallenta / prima di tacere». I mostri di Bomarzo incutono una «doppia paura del vero e del falso». Le figure del passato restano in noi come «colme presenze». I giorni dei nipotini «divorano» quelli dei nonni e inducono a percepire il vuoto prodotto dal tempo, «la pausa / che trattiene l’istante». […] La raccolta di Rosa Salvia, così come il suo stile, si modella su un gruppo di parole fondamentali: tempo, silenzio, ombra, grazia, tutte realtà paradossalmente “concrete”, che richiedono un balzo interiore per divenire componenti dell’esperienza individuale. Il tempo esiste e non esiste; il silenzio è assenza di suono; l’ombra è la smaterializzazione di un corpo; la grazia è una dimensione dell’anima. E proprio in questi concetti apparentemente privi di consistenza mi sembra di scoprire il senso del titolo Quella strana assenza di gravità. Nell’epoca dell’urlo mediatico, di parole gridate, di strumenti virtuali capaci di manipolare la dimensione umana della persona, il presente testo si qualifica come assunzione di consapevolezza della necessità di superare le barriere della banalità per lasciare spazio a riflessioni esistenziali su problematiche che qualificano la vita. La poesia, pertanto, assume il compito non solo di porsi come faro di interpretazione di un periodo storico, ma anche di trasformarsi in invito alla responsabilità di mutare l’incomprensibile tragedia collettiva in orizzonte di speranza proiettata in una dimensione temporale e contemporaneamente in uno spazio metafisico, in cui il limite esistenziale dell’essere umano e della realtà può trovare una collocazione di senso.

Dalla postfazione di Marco Vitale

[…] L’itinerario di questa raccolta di poesie si svolge per le vie della bellezza, chiamata a rendere testimonianza in opposizione a quanto il tempo si porta via con la sua fuga, precipite per solito ma talora sottilmente ingannevole in un’apparenza di immobilità. Il tema è questo e si fa più acuto a misura che le immagini si stagliano nella loro evidenza e ci vengono incontro. È una geografia dell’anima naturalmente, dove ogni incanto vibra di un’inquietudine segreta […].

da Quella strana assenza di gravità (Raccolta di poesie, anni 2019, 2020) (Giuliano Ladolfi Editore 2021)

Le fontane gemelle di piazza Farnese

Al crepuscolo, gli odori di ottobre
scivolano fra le fontane gemelle
di piazza Farnese, come un pane
che lievita e cresce all’ascolto del limite –

le foglie gialle risuonano nei nostri occhi
già pieni di luna e sembrano persino lacrime,
tanto cadono dolcemente.

Vaghiamo sospesi a un riflesso che muore
e che nasce continuo
senza sapere
quanto è frutto di sogno
il freddo e il dolore
e quelle sorelle di pietra che restano insieme
e distanti
con il pudìco fasto che sembra proteggerle,
da sé sgorgando, in sé ritornando.

Un piccolo fuoco

Quando non riesco più a sottrarmi al dolore,
nel verde degli alberi che increspa le cose
raccolgo tutto quello che la vita deposita
per continuare, ne faccio una miniera
portata in dono alla notte
un vangelo che mi aiuti a cogliere
tregue infantili –
a vivere rasente alle cose, ai solchi –
a definire il limite nel cono convesso
del verso
a mantenere il movimento di fondo,
l’obiettivo ancestrale, un piccolo fuoco
che bruci dentro di me; per quanto piccolo,
per quanto nascosto.

Sul balcone

Sul balcone, tra le crepe dei muri,
la nebbiosità dissolve il suo velo
e le piante emergono rinate
da tutti gli angoli dell’ombra
sospese sopra un respiro –

in questo mondo avaro di baci
e di carezze, il ginepro, l’erica,
la pervinca, mi abbracciano
con il loro colore, quieti nel loro
tepore, sopra il disordine dei
notiziari, la concitazione delle
cose che accadono
feroci
e si disperdono.

Nella loro luce
s’affida la mia memoria
coniuga lo spazio rarefatto
in una grafia di petali e di lettere –

ed è un ricomporsi di segni
il tempo che ricomincia.

Rosa Salvia, nata a Picerno (PZ) nel 1952,  vive a Roma dal 1986. Insegnante di filosofia e storia nei licei, ha esordito con il romanzo breve La parabola di Elsa (Osanna 1991). Tra le sue successive pubblicazioni in versi: Le parole del mare (LietoColle 2007, Premio Cinque terre – Siro Guerrieri); Mi sta a cuore la trasparenza dell’aria (La Vita Felice 2012, finalista Premio Alda Merini – Brunate 2017); Dolore dei Sassi (puntoacapo 2015, menzioni speciali al Premio Lorenzo Montano e al Premio Thesaurus – Matera 2016); Il giardino dell’attesa (Samuele 2017, menzione speciale Premio Lorenzo Montano 2018, selezione Premio Città di Como 2018); Tempo innocente (LietoColle 2019, Premio con menzione d’onore come raccolta inedita al Premio Lorenzo Montano 2018, finalista inediti Premio Europa in versi 2018;  Premio Luciana Notari 2020). Sue poesie edite e inedite, nonché racconti e recensioni a testi di poeti contemporanei. sono stati pubblicati in diverse antologie e riviste letterarie online o cartacee quali «L’immaginazione» e «Poesia».

(Visited 228 times, 1 visits today)