Fabio Pusterla, foto ©CdT/Archivio

 

SCAFFALE POESIA: EDITORI A CONFRONTO

Dietro le quinte editoria: Cristina Daglio, titolare di puntoacapo Editrice, racconta la nascita del libro

Il progetto della collana “Ancilia” si basa sulla scelta di scritture di effettiva eccellenza selezionate e curate da Giancarlo Pontiggia. Tale scelta a monte dà a me come Editrice la garanzia di testi che abbiano forza espressiva e capacità di arrivare al lettore, sia che l’autore sia già noto o meno, che abbia pubblicato tanto o con parsimonia. Negli anni la collana ha ospitato tanti autori con lavori anche singolari rispetto alla propria produzione abituale. Fa parte di essi anche il nuovo “Ancilia” che esce questa primavera: Sinsigalli di Fabio Pusterla. Conobbi la scrittura di Pusterla all’epoca di Pietra sangue durante il periodo nel quale frequentavo un laboratorio letterario; era un autore molto diverso da quelli che avevo letto a scuola ma da anche da quelli che avevo potuto ascoltare dal vivo. Aveva nel suo scrivere la capacità di trasfondere il pensiero in immagini ricche e vitale, intessute di simboli ma mai banalmente “orfiche” o oscure. Non è un caso che poi nella vita lavorativa, ma anche in quella privata, la scrittura di Pusterla abbia accompagnato sia me che Mauro Ferrari (nella pubblicazione di CartaCanta “L’Anello critico 2022” Ferrari dedica un saggio a Tremalume; all’interno della recente Antologia per i quindici anni di puntoacapo io ho scelto una frase di un suo saggio come esergo). Quando Pontiggia, quindi, ha proposto il suo nome, tutto si è mosso con grandissima naturalezza; consapevoli che Pusterla è legato giustamente al suo Editore per le nuove raccolte, abbiamo scelto di chiedergli un testo che avrebbe voluto vedere in una cornice come quella della nostra collana, la quale prevede in appendice uno scritto (“Perché questo libro”), a cura dell’autore, che spieghi e racconti gli intenti del libro. Nel caso di Pusterla c’era effettivamente una pubblicazione che gli stava a cuore, comparsa nel 2010 per le edizioni d’If come prose accompagnate da disegni d’autore di Carmine Rezzuti. Il libro, con la morte dell’editrice, si perse nell’oblio delle pubblicazioni non più reperibili. Leggemmo il testo e malgrado i testi fossero definiti “prose” la poetica di Pusterla traspariva anche dalla forma, mai puramente narrativa e sempre protesa a un oltre, una soglia accennata. Ne parlammo tutti insieme e ciascuno diede la propria lettura;  Giancarlo Pontiggia trovò in quei testi una riflessione sulla poesia e sulla sua sopravvivenza nel mondo contemporaneo. Decidemmo quindi di affiancare una sequenza di poesie che nella nuova edizione vanno a chiudere e completare il discorso con il “canto sinsigallico”, regalandoci anche una visione di un ritorno alla musicalità, a quegli strumenti propri della poesia. Pubblicare un libro del genere mi ha posto alcuni interrogativi: quando un testo vale la riedizione? In che forma? Personalmente credo poco nel ripubblicare un testo tale e quale perché nel corso del tempo l’autore, la sua scrittura, il suo porsi al lettore spesso cambiano e si evolvono. Per le riedizioni occorre che ci sia un motivo forte, che ricollochi quel testo nell’oggi. Negli anni abbiamo avuto alcuni casi di questo: il primo fu Riccardo Olivieri con il Diario di Knokke, poi L’angelo delle distanze di Elio Grasso, Estranea (canzone) di Maria Pia Quintavalla; si tratta di libri importanti, che sono stati rivisti o ampliati dagli autori e che ancora oggi risultano incisivi e attuali e che quindi meritano nuova visibilità. Nel caso di Pusterla, passare da un lavoro in prosa, anche se “poetica”, a un nuovo libro integrato da testi poetici è motivo sufficiente di grande interesse editoriale. Lavorare con persone con l’apertura mentale e l’esperienza di Pontiggia e Pusterla, in questo caso, è per me sempre una grande scoperta: non si tratta mai solo di impaginare, discutere su un verso che magari gira male, ma di confrontarsi con loro sulla visione e sullo scrivere in senso ampio, ricevendo sempre spunti che aprono a nuovi orizzonti.

Da Sinsigalli (puntoacapo Editrice 2024)

XVII

Ci sono dei giorni in cui un sinsigallo avverte il rischio di cedere alla stanchezza o alla paura (l’una e l’altra hanno origini antiche, che saranno trattate un’altra volta), o al sentimento che nulla, proprio nulla abbia senso e spessore. Allora, perduto il canto, si siede a fare elenchi, disponendo piccole pietre nere sul bordo sinistro del tavolo, piccole pietre verdi su quello destro. Le pietre nere sono le cose brutte, da evitare. Verdi: le cose belle, da cercare. Il tavolo è la vita da percorrere. Sopra il tavolo, una lampada: è la luce.

Una volta tre carrubi avevano scoperto la tana del sinsigallo, ma lui era uscito da poco, sfuggendo involontariamente al pericolo. I tre rimasero a lungo a guardare schiumanti di rabbia il tavolo di noce scuro, la lampada accesa, le file di pietre sui bordi, gli intagli, come sentieri sottili, del legno. Pensavano forse a una mappa indecifrabile, a un alfabeto segreto. Alla fine, travolti dall’ira, ruppero le pietre coi denti, divelsero le gambe del tavolo, bruciarono il piano di noce.

Fuori, da qualche parte, il sinsigallo camminava.

*

Il senso dell’assenza
risplende dentro il canto
qualcosa che non vedi
ne illumina la lama.

Una cosa esistita
una cosa futura
nel presente non pesa
nell’assenza è più pura.

*

Tenacia, non speranza. Nello squarcio
del grigio appare un raggio. Non vuol dire
niente, nessuna promessa.
Dirigiti lì.

*

Poi camminare, camminare sempre.
Solo nel ritmo l’ala
del respiro, del volo. La fatica
del mattino che sorge, ancora e ancora.

 

Fabio Pusterla (1957) insegna letteratura italiana a Lugano (Liceo e Università); poeta, saggista e traduttore, vive tra la Svizzera italiana e il Nord Italia. Dirige la collana di poesia “Le Ali” per l’editore milanese Marcos y Marcos. È autore dei libri di poesia Concessione all’inverno (Casagrande, Bellinzona, 1985) e, tutti per Marcos y Marcos: Bocksten (1989); Le cose senza storia (1994); Pietra sangue (1999); Folla sommersa (2004), Corpo Stellare (2010), Argéman (2014), Cenere, o terra (2018) e Tremalume (2022).  Nel 2009 ha pubblicato nella collana bianca di Einaudi il volume antologico Le terre emerse. Poesie 1985-2008; cui ha fatto seguito Da qualche parte nello spazio. Poesie 2011-2021 (con un saggio di M. Natale e un autocommento dell’autore, Le Lettere, Firenze, 2022). Attivo anche come saggista e ricercatore, ha pubblicato con C. Patocchi il volume Cultura e linguaggio della Valle Intelvi  (1983)  e ha curato l’edizione critica delle opere narrative di Vittorio Imbriani. Tra le sue numerose traduzioni, spiccano quelle dell’opera di Philippe Jaccottet. Ha raccontato la sua esperienza di insegnante in Una goccia di splendore. Riflessioni sulla scuola, nonostante tutto (2008);  i suoi libri di saggi critici sono: Quando Chiasso era in Irlanda e Luoghi, maestri e compagni di via (2012 e 2018), il volume Il nervo di Arnold. Saggi e note sulla poesia contemporanea (2007), che raccoglie parte dei suoi interventi sulla poesia. Sulla sua figura il regista Francesco Ferri ha realizzato il documentario Libellula gentile. Fabio Pusterla, il lavoro del poeta, ora allegato all’omonimo volumetto curato da Cristiano Poletti (Marcos y Marcos 2019). La sua opera è tradotta nelle principali lingue europee; recentissima l’antologia Brief hommage to Pluto and others poems, a cura di W. Schutt (Princeton University Press 2023).

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