Dalla raccolta di poesie inedite Socrate il cinico, di seguito sei testi del poeta romagnolo Giovanni Strocchi. La silloge contiene scritti composti tra l’estate del 2016 e l’inverno del 2020. Sono testi intrisi di riferimenti alla filosofia, richiami a personaggi della mitologia classica o a pensatori dell’antichità; si incardinano sulle strutture e le attività del pensiero e del sentimento: amore, gelosia, oblio, menzogna, memoria, dubbio… sviluppando una poetica di pura introspezione. I versi accolgono forza e delicatezza allo stesso tempo, l’abbraccio del quotidiano messo in crisi dalla profondità dell’abisso.

 

Amori miei

Amori miei,
vincete e perdonatevi:
i tigli nudi hanno lungo riposo
nell’inverno abbruttito dei paesi.
La gelosia non muta la virtù:
e come non cambiano gl’occhi e le vene,
le ore sordissime si coprono da sole,
s’ammucchiano come la neve.

*

Battisteri

Ignoro quando i cirri nomadi
mi hanno dissetato.
Forse le notti di lune insicure
son troppe in un sonno soltanto,
così simili a maree
che Dio dispone una sopra ognuna.
Se fossero fugate l’ombra e la nube
che i peccatori chiamano peccato…
— è piovuto!
Finalmente sono colmi i battisteri.

*

Epimenide

Un raggio obliquo distende
alcuni metri d’ombra
oltre il pensiero possibile.
È contorto l’oblio di questi meandri:
una vera e falsa menzogna
generò tutto il mondo tramontato.
Io traggo la memoria dal pensiero vuoto,
ma ora che ogni dubbio è raddoppiato
dormirò per molto tempo
nel sepolcro di colui che visse invano.

*

La semina del divenire

Ti dono un piccolo pensiero,
non uno sguardo severo,
ma un sorriso che precede lo spirito.
È alto l’oblio che segna
il circolo più largo,
e la tua parte assopita
non desidera i ricordi.
Verrei anch’io in questa sospensione del cadere,
essere compagna d’altra pioggia,
e fare il bordo alla tua veste.
Seguiamo con fortuna le lacrime di prima,
e seminiamo larga mano il divenire.

*

Lascivia

Alla figlia di Caronte
ho donato una calla appassita.
Questa bugia copre di nero
la sera delle feste,
e seguirò la provvidenza
nella tana di me stesso.
Il sonno delle vie
nell’ora in cui si deve amare
divide vita e morte:
forse una clessidra
le ha vedute cadere.

*

Tetti d’inverno

Non è la ragion pigra
che mi chiude nella lana:
ritornerò dov’ero lentamente,
ma fuori del mio anello
un nevischio non attacca e quasi piove.
Si compie una stagione senza l’uomo:
sulle vie più stanche,
le mani indurite o scorticate
volgono a sparire.
Si sciolgono le strade
ove per largo alcuno non ha piede,
e come forse dice Omero:
― Tutti stanno sotto il coperchio delle case.

 

Giovanni Strocchi (18 gennaio del 1976) “Ancora bambino, vedevo le cose attraverso il mezzo dell’inquietudine, e durante l’adolescenza incominciai a scrivere. All’Università scelsi di studiare Filosofia per molte ragioni: una di esse è che ne occorre molta anche per scrivere una poesia soltanto. Poi pensai di dover diventare anche un buon filosofo, e questo fu volere troppo. Gli ultimi anni, prima che io abbandonassi l’Università, si confondono con i sogni di un ubriaco. Ho fatto molti mestieri, alcuni anche molto duri. Fra studi inconclusi e disperazione, ora cerco di uscire dal cerchio dei nosocomi.”

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