Dalla prefazione di Massimo Bacigalupo

Nel teatro di William Butler Yeats, come nella sua poesia, si può distinguere una fase celtica-crepuscolare e nazionalistica, legata alle vicende dell’Abbey Theatre di Dublino, e una fase assai diversa legata al modernismo internazionale. Dopo i grandi affreschi patriottici di The Countess Cathleen (1892) e Cathleen Ni Houlihan (1902) e le storie di vita irlandese che trascrivono in termini celtici un’ibseniana rivolta contro le convenzioni (The Land of Heart’s Desire, 1894), Yeats semplificò la sua tavolozza e scrisse brevi drammi poetici affidati a danzatori e attori mascherati. Il primo, At the Hawk’s Well (1917), fu raccolto nel 1921 in Four Plays for Dancers and Later Poems, titolo che ha carattere programmatico. Come dice nelle sue didascalie, Yeats pensa a rappresentazioni in spazi piccoli, meglio se in case private, sposando l’elitarismo delle avanguardie degli anni 1910, a cominciare dal Futurismo (da ricordare che Yeats aveva ospitato una conferenza di Marinetti nel suo appartamento a Londra).

È noto che in questo ripensamento della forma teatrale in chiave più esclusivamente poetica e minimale un ruolo decisivo ebbe la scoperta del teatro No giapponese, che presenta pochi personaggi mascherati, movimenti lenti e convenzionali, una recitazione cantilenante, e una rivelazione nel giro di una vicenda ridotta all’osso, che spesso concerne l’apparizione sotto mentite spoglie di illustri fantasmi del passato. Il No permise a Yeats di modificare le strutture del suo teatro senza rinunciare – anzi approfondendo – la sua area tematica: la mitologia celtica, il mito in genere, il dialogo con l’oltremondo, i revenants. In Irlanda come in Giappone i nomi dei luoghi richiamano gli eventi di un’epopea eroica, e un certo animismo sente i luoghi abitati da presenze storiche e mitiche, che non esitano a manifestarsi minacciando o suggestionando o solo dialogando con i vivi.

[…] I tre drammi che qui si presentano ci portano dunque al centro delle preoccupazioni dello Yeats maggiore, mostrando quanto in esse vi è di irrisolto e persino farraginoso ma anche l’ampiezza del suo orizzonte metafisico, speculativo e soprattutto poetico. Dalle grandi sistemazioni mitiche egli passa agli uomini che sbagliano e si tormentano: un torvo vecchio – senza alcuna classica gentilezza – davanti a una casa diroccata. La scena nuda dell’umanità.
Questo prosciugamento dell’azione è a tutto beneficio dell’efficacia drammatica. Calvario e La Resurrezione sono curiosità raffinate, note in margine all’opera poetica coeva. Ma Purgatorio (che deve qualcosa agli scritti sul Purgatorio di santa Caterina da Genova) è un lavoro di grande forza che trattiene l’attenzione e merita di essere rappresentato anche in Italia, magari in qualche scenario suggestivo, come a Valle Christi, in quella Rapallo dove Yeats concepì alcune delle sue visioni più turbolente (fra cui Bisanzio). I fantasmi di Purgatorio, la loro coazione e selvaggia disperazione, fanno davvero paura.

da Drammi cristici (Marco Saya Edizioni 2022), traduzione e cura di Massimo Morasso

Calvary

[…] CHRIST

I gave you life.

LAZARUS
But death is what I ask.
Alive I never could escape your love,
And when I sickened towards my death I thought,
I’ll to the desert, or chuckle in a corner,
Mere ghost, a solitary thing. I died
And saw no more until I saw you stand
In the opening of the tomb; “Come out!” you called;
You dragged me to the light as boys drag out
A rabbit when they have dug its hole away;
And now with all the shouting at your heels
You travel towards the death I am denied.
And that is why I have hurried to this road
And claimed your death.

CHRIST
I have conquered death,
And all the dead shall be raised up again.

LAZARUS
Then what I heard is true. I thought to die
When my allotted years ran out again;
And that, being gone, you could not hinder it;
But now you will blind with light the solitude
That death has made; you will disturb that corner
Where I had thought I might lie safe for ever.

CHRIST
I do my Father’s will.

LAZARUS
And not your own;
And I was free four days, four days being dead.
Climb up to Calvary but turn your eyes
From Lazarus that cannot find a tomb
Although he search all height and depth: make way,
Make way for Lazarus that must go search
Among the desert places where there is nothing
But howling wind and solitary birds. [He goes out.] […]

[…] CRISTO
Io ti ho dato la vita.

LAZZARO
Ma ciò che chiedo è morte.
Da vivo, non ho mai potuto sfuggire al tuo amore,
e quando mi sono ammalato, prossimo a morte ho pensato:
“Me ne andrò nel deserto, o a ridacchiare in un angolo,
mero fantasma, cosa solitaria. Sono morto
e non ho più visto niente, finché ho visto te, in piedi,
nell’apertura della tomba: “Vieni fuori!” hai chiamato.
Mi hai trascinato alla luce come i ragazzi trascinano fuori
un coniglio quando ne hanno scavato la tana.
E adesso, con tutte quelle urla che t’incalzano,
tu viaggi verso la morte che a me è stata negata.
Ed è per questo che mi sono affrettato fino a qui
e ho reclamato la tua morte.

CRISTO
Ma io ho vinto la morte,
e tutti i morti saranno resuscitati.

LAZZARO
Allora quello che ho sentito è vero. Pensavo di morire
quando gli anni a me assegnati fossero di nuovo finiti,
e che, essendotene andato, tu non avresti potuto
[impedirlo.
Ma ora accecherai di luce la solitudine
che la morte ha generato; ora disturberai quell’angolo
dove avevo pensato di poter stare al sicuro per sempre.

CRISTO
Faccio la volontà di mio Padre.

LAZZARO
E non la tua.
E io sono stato libero per quattro giorni, per quattro giorni
Sali sul Calvario ma volgi gli occhi [morto.
da Lazzaro che non riesce a trovare una tomba
anche se la cerca nell’alto e nel profondo: fa’ largo,
fa’ largo a Lazzaro che deve andare a cercare
tra i luoghi deserti dove non c’è niente
se non l’ululato del vento, e uccelli solitari. [Esce.] […]

*

The Resurrection

[…] [Song for the unfolding and folding of the curtain]

I

I saw a staring virgin stand
Where holy Dionysus died,
And tear the heart out of his side,
And lay the heart upon her hand
And bear that beating heart away;
And then did all the Muses sing
Of Magnus Annus at the spring.
As though God’s death were but a play.

II

Another Troy must rise and set,
Another lineage feed the crow,
Another Argo’s painted prow
Drive to a flashier bauble yet.
The Roman Empire stood appalled:
It dropped the reins of peace and war
When that fierce virgin and her Star
Out of the fabulous darkness called. […]

[…] [Canzone per il dispiegamento e il ripiegamento della tenda.]

I

Ho visto una vergine con gli occhi sbarrati
dov’era morto Dioniso il santo,
strappargli il cuore dal costato,
posarlo sulla mano,
e poi portarlo via, ancora palpitante.
E allora tutte le Muse hanno inneggiato
alla nuova rinascita del Grande Anno
come se la morte di Dio fosse solo uno spettacolo.

II

Un’altra Troia dovrà sorgere e cadere,
un’altra stirpe far da pasto ai corvi,
un’altra prua dipinta d’Argo
far vela verso un più sfarzoso ninnolo.
L’Impero Romano ne restò allibito:
lasciò le redini della pace e della guerra
quando la vergine feroce e la sua Stella
chiamarono dalla favolosa oscurità. […]

*

Purgatory

[…] OLD MAN
Beat! Beat!
This night is the anniversary
Of my mother’s wedding night,
Or of the night wherein I was begotten.
My father is riding from the public house
A whiskey bottle under his arm.

[A window is lit showing a young girl.]

Look at the window; she stands there
Listening, the servants are all in bed,
She is alone, he has stayed late
Bragging and drinking in the public house.

BOY
There’s nothing but an empty gap in the wall.
You have made it up. No, you are mad!
You are getting madder every day.

OLD MAN
It’s louder now because he rides
Upon a gravelled avenue
All grass to-day. The hoof beat stops,
He has gone to the other side of the house,
Gone to the stable, put the horse up.
She has gone down to open the door.
This night she is no better than her man
And does not mind that he is half drunk,
She is mad about him. They mount the stairs
She brings him into her own chamber.
And that is the marriage chamber now.
The window is dimly lit again.
Do not let him touch you! It is not true
That drunken men cannot beget,
And if he touch he must beget
And you must bear his murderer.
Deaf! Both deaf! If I should throw
A stick or stone they would not hear;
And that’s a proof my wits are out.
But there’s a problem: she must live
Through everything in exact detail,
Driven to it by remorse, and yet
Can she renew the sexual act
And find no pleasure in it, and if not,
If pleasure and remorse must both be there
Which is the greater?
I lack schooling.
Go fetch Tertullian; he and I
Will ravel all that problem out
Whilst those two lie upon the mattress
Begetting me. […]

[…] IL VECCHIO
Battono! Battono!
Stanotte è l’anniversario
della prima notte di nozze di mia madre,
o della notte in cui sono stato concepito.
Mio padre sta cavalcando dall’osteria,
una bottiglia di whisky sotto braccio.

[Una finestra illuminata mostra una giovane ragazza.]

Guarda la finestra; lei è lì
che sta ascoltando, i servi sono a letto,
lei è sola, lui è rimasto fino a tardi
a fare lo spaccone e a sbevazzare in osteria.

IL RAGAZZO
Non c’è altro che uno spazio vuoto nel muro.
Te lo sei inventato. No, sei pazzo!
Ogni giorno ti stai facendo sempre più pazzo.

IL VECCHIO
Il rumore è più forte ora perché lui cavalca
su un viale di ghiaia
che oggi è pieno d’erba. Lo zoccolio s’arresta,
lui è andato dall’altro lato della casa,
è andato alla stalla, e ha sistemato il cavallo.
Lei è scesa ad aprire la porta.
Stanotte non è migliore del suo uomo
e non le importa che sia mezzo ubriaco:
è pazza di lui. Salgono le scale.
Lei se lo porta in camera.
E quella, ora, è la camera matrimoniale.
La finestra è di nuovo debolmente illuminata.
Non lasciare che ti tocchi! Non è vero
che gli ubriachi non possono procreare,
e se ti tocca dovrà procreare,
e tu sopportare il suo assassino.
Sorda! Sordi tutti e due! Se lanciassi
un bastone o una pietra non sentirebbero;
e questo prova che sono uscito di senno.
Ma c’è un problema: lei deve vivere
tutto sulla sua pelle nei minimi dettagli,
spinta dal rimorso, eppure
può rinnovare l’atto sessuale
senza trarne piacere, e se no,
se piacere e rimorso devono coesistere,
qual è il più grande?
Mi manca l’istruzione.
Va’ a prendere Tertulliano; lui e io
risolveremo tutto il problema
mentre quei due giacciono sul materasso
a generarmi […]

Nato e cresciuto a Genova, Massimo Morasso è saggista, traduttore, critico letterario e poeta. Ha pubblicato una ventina di libri, tra i quali le monografie su Cristina Campo (In bianca maglia d’ortiche, Marietti 2010) e William Congdon (Essere trasfigurato, Qiqajon 2012), l’ampio zibaldone metaletterario Il mondo senza Benjamin (Moretti & Vitali 2014), il ciclo poetico de Il portavoce (con L’Obliquo 1997 e 2000, Raffaelli 2010 e Jaca Book 2012) e la raccolta L’opera in rosso (Passigli 2016). I suoi ultimi libri editi sono L’amore, il silenzio e la bellezza (Anima Mundi, 2020) e L’obbedienza (Feeria, 2022). Ha vinto dei premi importanti, fra i quali, nel 2018, il Premio Catullo dell’Accademia Mondiale della Poesia dell’UNESCO, ed è stato tradotto in alcune lingue. Nel 2001 ha scritto la “Carta per la Terra e per l’Uomo”, un documento di etica ambientale declinato in tesi che è stato sottoscritto anche da 5 premi Nobel per la Letteratura e 7 premi Pulitzer per la Poesia.

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