Traduzioni di Roberta Buffi
da Avverbi di luogo (LietoColle 2019)

 

HISTORIA DE LA SED

1
En el principio fue la Sed. El Verbo
vino después y no supo saciarla.

La Sed se asomó al mar.
Se vio insaciable y sola.
Fecundada por su infelicidad
dio a luz el Horizonte del que somos
prisioneros y alma,
descendientes.

 

2
Palmas, oasis, astros y batallas,
tempestades de arena o de niñez,
un turbante de sal, el verbo irse,
rosas y dunas, amantes beduinos
que entretienen la espera
de un final que ya fue,
dibujando en la arena el mar y el mapa
de una tierra por nadie prometida
sino nacida de la sed, regada
día y noche por ruegos,
por lentas oraciones de ceniza.

 

3
La sed se asomó al agua y vio una espada hundida.
Y pensó: «Es el amor».
Cuando alzó la mirada había envejecido.
Una voz que era un eco
sediento desde siglos susurró:
«Tenías que beber y amar, que no mirarte».

 

4
Palmas, oasis, astros y derrotas,
amantes encelados
bajo la cúpula de sus jadeos,
peligros y plegarias.

La Sed se asomó al mar.
Se vio desnuda y sola.
De nada le sirvió
ignorar que la espera es una espada
que se acaba clavando en quien la empuña.

 

5
En el principio fue la Sed. El Verbo
vino después y dijo su impotencia.

Fecundada por su infelicidad
dio origen a la estéril
estirpe que pretende
saciar su sed lamiendo los espejos.

 

STORIA DELLA SETE

1
Al principio fu la Sete. Il Verbo
venne dopo e non seppe placarla.

La Sete si affacciò al mare.
Si vide inappagabile e sola.
Fecondata dalla sua infelicità
diede alla luce l’Orizzonte di cui siamo
prigionieri e anima,
discendenti.

 

2
Palme, oasi, astri e battaglie,
tempeste di sabbia o d’infanzia,
un turbante di sale, il verbo andarsene,
rose e dune, amanti beduini
che ingannano l’attesa
di una fine che già fu,
disegnando sulla sabbia il mare e la mappa
di una terra promessa da nessuno
ma nata dalla sete, annaffiata
giorno e notte da suppliche,
da lente preghiere di cenere.

 

3
La sete si affacciò all’acqua e vide una spada affondata.
E pensò: «È l’amore».
Quando alzò lo sguardo era invecchiata.
Una voce che era un’eco
assetata da secoli sussurrò:
«Dovevi bere e amare, non guardarti».

 

4
Palme, oasi, astri e disfatte,
amanti ingelositi
sotto la cupola dei loro affanni,
pericoli e preghiere.

La Sete si affacciò al mare.
Si vide nuda e sola.
A nulla le servì
ignorare che l’attesa è una spada
che finisce per conficcarsi in chi l’impugna.

 

5
Al principio fu la Sete. Il Verbo
venne dopo e disse la sua impotenza.

Fecondata dall’infelicità
diede origine alla sterile
stirpe che pretende
placare la sua sete lambendo gli specchi.

 

Juan Vicente Piqueras è nato nel 1960 nel piccolo paese valenzano di Los Duques de Requena. Laureato in Filologia Ispanica presso l’Università di Valencia, ha lavorato come annunciatore radiofonico, attore, sceneggiatore, sottotitolatore, traduttore e professore di spagnolo per stranieri. Ha vissuto in Francia, a Roma (la sua città per 20 anni), Atene, Algeri e Lisbona. Da settembre del 2019 vive ad Amman, dove è direttore dell’Istituto Cervantes della capitale giordana. Tra i suoi libri: La palabra cuando (1991), La latitud de los caballos (1999), La edad del agua (2004), Aldea (2006), Palmeras (2007), La hora de irse (2010), Yo que tú (2012), Atenas (2013), La ola tatuada (2015), Padre (2016), Animales (2017), Narciso y ecos (2017). In Italia pubblica Avverbi di Luogo (LietoColle 2019).
Ha tradotto in spagnolo l’opera poetica di Tonino Guerra, Cesare Zavattini e Cristina Campo.

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