Dalla prefazione di Aldo Nove

Lo stile di questi versi è sempre estremamente equilibrato, urla con classe, denuncia l’osceno evitando la trappola della sua duplicazione indignata nel buio della notte dove tutti urlano. Tra l’ultimo Montale e la lezione evidente di Pagliarani, passando per l’acrimonia ferma del Giudici dei primi libri e il lungo elenco dei padri omaggiati all’inizio: palestra, per Ilaria, di passione e stile. Ed è già qui (ad esempio nello splendido omaggio a Fortini) che si sente vibrare quello che Nanni Balestrini, in Istruzioni preliminari, ha definito lo schioccare del sangue, della vita, il suo farsi traboccante calice d’urgenze, poliedrico e provvisorio come le nostre vite. E l’ego si scioglie in un tutto che, nell’assenza di un cosmo, ne ricerca razionalmente le tracce, fedele alla pietà oggettiva che ridà senso alla figura del poeta come rappresenta di ben altro di un dramma privato (ed ecco, puntuale, il richiamo a un altro maestro, Majakovskij).

 

Da Epica Quotidiana (Macabor Editore 2020)

 

Epica Quotidiana

Al mattino l’incrocio è un garbuglio
di monumenti e radiazioni.
Sveglia quanto basta per tenermi verticale
ho una giornata da mandare avanti
e tre semafori di una lentezza disarmante.
Quando scatta il verde attraverso il volume delle cuffie
per non sentire la gazzarra dei motori.
La metro gonfia mi passa tra le gambe.
L’asfalto trema sotto le mie piante
dove l’inverno mi bagno e l’estate mi infuoco
in compagnia di tanti dove sempre
per dovere o per fame sempre tocca ritornare.

 

La neoproletaria

Erano belle le settimane bianche e a disponibilità della barca
e il tempo libero e l’idromassaggio e la paghetta
se fai la brava
ma i tempi cambiano
e io dopo pagine e cosce aperte
non volevo più soccombere alla legge del padre.

Senza prole sono diventata proletaria
con impiego fisso e mutuo sulle spalle.

La proprietà nuda è una donna che si spoglia
senza guadagno
così gratto il fondo degli interessi passivi
e a luglio mi accreditano qualche soldo in più sullo stipendio.

Cammino in una città dove non sono nata
sotto un sole cocente che scioglie l’asfalto
ma non la vertigine dei pensieri
e non indosso gonne per paura della notte
quando la sera torno sola a casa.

Non so dove arriverò ma intanto mi preoccupo
della coerenza dell’impronta
che imperterrita scava sul selciato.

 

*

Mai si farà luce su alcune vicende
e tanti gli abbagli presi
mentre il sole
inonda ancora l’anticorodal
delle finestre d’edilizia popolare.

Il palazzo degli anni Settanta
ha geometrie suprematiste
sulla facciata
e forse ancora eternit
sulle lamiere del terrazzo.

Costruire è un fatto capitale,
talvolta politico, talvolta estetico,
spesso amorale.

 

Ilaria Grasso è originaria di Lucera (FG) e da molti anni vive a Roma. È impiegata e attivista transfemminista. Recensisce on line prosa e poesia su “Carteggi Letterari”, “Poetarum Silva” e “Zest Letteratura Sostenibile”. Ha pubblicato Le mie verdi miniere di sale (Arduino Sacco Editore). Alcuni suoi versi sono stati inseriti nell’agenda poetica Il segreto delle fragole della casa editrice Lietocolle. Altri sono apparsi on line su “Atelier”, “Laboratori Poesia”, “Argo”, “Poesia Ultracontemporanea”, “I fiordalisi”, “Poetarum Silva”, “Carteggi Letterari” e “In-verso”. È presente con una sua poesia nella “Postazione per-manente contro il femminicidio e la violenza di genere” del blog “Un posto di vacanza”. Recenti suoi lavori sono stati inclusi all’interno dell’opera Sud I Poeti e Secolo Donna 2019, con introduzione di Silvano Trevisani, edite da Macabor Editore. L’ultima poesia di questa raccolta è apparsa su “La Repubblica – Roma” all’interno de “La bottega della poesia” di Gilda Policastro.

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