Dalla presentazione della casa editrice

Se è raro che una scrittrice romena scriva poesie direttamente in italiano, Eliza Macadan ci ha ormai abituati a considerarla una delle voci più originali e interessanti della poesia italiana contemporanea tout court, e questo nonostante la sua vita continui a svolgersi prevalentemente in Romania, tra Bucarest dove vive e la moldava Bacau dove è nata. È stata infatti la lingua italiana il suo principale polo di attrazione negli ultimi vent’anni, tanto che sono ben otto le pubblicazioni che si sono succedute in questo lasso di tempo […]. Una scelta, un tragitto, che sono stati forse anche il segno di quell’aprirsi alla libertà che i Paesi dell’Europa orientale riscoprivano solo alla fine del secolo scorso, dopo decenni di isolamento forzato; la libertà di muoversi, di varcare i confini, senza rinnegare in nulla la propria origine e la propria esperienza, ma con il desiderio di rivedere anche se stessi da una prospettiva diversa e più ampia. Una lingua che non è la nostra natale rappresenta sempre un altro-da-sé, e ancora di più nella poesia, che della lingua vuole sfruttare ogni aspetto, anche puramente fisico e sonoro; è già di per sé un invito a un altrove da cui guardarsi, da cui tornare a se stessi arricchiti e forse più compiuti. Ed è anche questo uno dei maggiori tesori della poesia di Eliza Macadan, nel suo verso italiano che ci parla da un altrove che riconosciamo come nostro e insieme come nuovo: frutto maturo di una civiltà poetica che non ha mai conosciuto confini.

da In ginocchio fino all’arcobaleno (Passigli Editori 2020)

l’architettura del paradiso
rimane in progetto
quanto ci piacciono le lacrime
che escono da occhi chiari
scrivo in un prodromo
che la primavera esce
dritta dalla terra
e arriva fino ai bocci
le muse ruzzolano incinte
di tanto verde rimasto negli zoccoli
di cavalli
e io non trovo la direzione di marcia
tra i ricordi
la magia ha uno stelo alto
mi preme sugli occhi
mi bacia mortalmente

*

avrei voluto essere come lei
una pallina di fuoco che riscalda
ma non brucia
avrei voluto essere lei
con il suo brillare continuo
anche nello sguardo stanco
con il suo amore non con il mio
così denso da far male ai cani
e agli uomini
e penso di amarla più di quanto tu
potessi chiudere in una cella buia
gli slanci ciechi dell’anima
dobbiamo imparare solo a fotografare
le poesie degli altri
e dimenticare le nostre
esattamente come fa lei
in punta di piedi dobbiamo uscire
dal giro della vanità

*

esci da questo morso
cresci altrove
pesci pensieri parole
pomeriggi di pioggia gelata addosso
prova a fare sottrazione
tre sta solo per consolazione
per non dire che anche Dio è solo
tre c’è nelle fiabe
‒ sono tentativi, fratelli, desideri ‒
trinità sulle tele
raffigurazioni leggende
per rubarti l’occhio
e toglierlo da quel raggio
che non si fa sorprendere
nemmeno dalle new tech
quel raggio nascosto anche
in uno squallido dipinto con papaveri
l’infinito ti guarda oggi
minaccioso dagli occhi
inerti di una donna
stesa sul catafalco
una trinità di morte amore e vita
tutto senza preavviso
ci manda dritti all’infinito
e dura un battito di ciglia
facciamocelo bastare qui l’infinito
su questo letto cieco
una goccia della flebo nel sangue
un granello di sabbia nel deserto

*

bevo dieci caffè
come dieci inverni
sbaglio le previsioni
del tempo le mappe
scivolano sempre
di più verso il sud
i templi sono vuoti
gli stadi pieni
i rituali gli stessi
chi viaggia ha sempre
un biglietto pagato
chi paga ha un debito da
saldare
chi salda si libera e chi
si libera parte e piange
i fantasmi dell’amata
prigione
gli angeli non hanno
anni da contare
né passati da ricordare
in fiamme l’estate corregge
con diplomazia
una voce che rimette
a posto
ricordi intrascrivibili

*

luce, quando sei luna
articoli i miei pensieri
cuore anima mente
diventano una

a quattro raggi si spacca
il buio, luce, ora sei luna
fiorisce un sole anche
di notte profuma il mondo
fortuna

luce, di chi è la luna?
tornerò in te la prossima volta?
troverai i fili intricati
d’oscura indifferenza?
sei luce? sei luna?

oh, prima e ultima duna
scavata nell’etere
ci chiudi tutti nell’urna

 

Eliza Macadan (1967) vive a Bucarest e scrive in romeno, francese e soprattutto in italiano. Le sue raccolte di poesia hanno ricevuto vari riconoscimenti in Romania, Italia e Francia, tra i quali il Premio Léon Gabriel Gros nel 2014 per Au Nord de la Parole. Le raccolte italiane sono: Frammenti di spazio austero (2001, 2018), Paradiso riassunto (2012), Il cane borghese (2013), Anestesia delle nevi (2015, finalista ai premi Camaiore e Fabriano), Passi passati (2016), Pioggia lontano (2017), Zamalek, solo andata (2018) e Pianti piano (2019). Molto attiva anche come traduttrice, ha fondato e dirige l’associazione culturale “Limes”, con sede a Bucarest.

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