Dall’introduzione di Paolo Lagazzi

Quando, in un anno lontano, durante un’estate appenninica a Casarola Attilio Bertolucci mi prestò Il tredicesimo invitato di Fernanda Romagnoli, non sapevo ancora nulla di questa tragica e struggente, ferita e sublime poetessa. Come la maggior parte dei lettori italiani di poesia non avevo mai nemmeno sentito pronunciare il suo nome. Tanto più sconvolgente, lancinante (se mi è permesso osare questo confronto) come il colpo di lancia del soldato romano nel costato di Cristo, fu l’impressione che mi suscitò quel libro. Dove mai, quando mai altri poeti moderni avevano, in Italia e non solo, toccato simili, sfolgoranti altezze visionarie e mistiche o erano sprofondati in tali abissi di verità creaturale, di strazio umano, di estatica povertà? Quale altra lirica di natura sapienziale aveva saputo smuovere le radici della parola sino a farne una musica misteriosamente capace di coniugare laceranti dissonanze e imprevedibili armonie, duri strappi al cuore e onde d’immensa forza espansiva? Da quando lessi per la prima volta quel libro impareggiabile, una domanda, sempre la stessa, sarebbe tornata ad assediarmi per anni: com’era possibile che un’autrice di tale grandezza non fosse riconosciuta? qualeforma di cecità impediva ai lettori italiani di comunicare con le creazioni della Romagnoli nella stessa nudità di spirito, con lo stesso ardore, con la stessa dolorosa passione da essi riservata alle poetesse supreme della modernità, dalla Dickinson a Wisława Szymborska, da Elizabeth Bishop a Sylvia Plath ad Alejandra Pizarnik? […]

da La folle tentazione dell’eterno (Interno Poesia 2022), a cura di Paolo Lagazzi e Caterina Raganella, nota filologica di Laura Toppan e Ambra Zorat

Rosaio

Quando agosto è al finire
il mattino s’annuncia con clarini
di fuoco. Esco nel lampo del balcone,
di sonno intrisi ancora
sulla nuca i capelli e la mia veste
m’è fastidiosa. Lente alla ringhiera
stanno le rose – ansiose di sfiorire –
e invocano il pugnale delle vespe.

Ma Iddio manda fra loro
un’ape che ne serbi la memoria
quando il morto rosaio non sarà
che una corona di spine.

Anime

Vi sono anime liete,
puntuali alla luce, come al fiato
di marzo margherite.
Così fosse di me. Verso il mattino,
quando i sogni si fanno verticali
per leggerezza, io sono d’un tessuto
trasparente; nelle mie vene l’alba
beve il suo fresco vino.
Ma subito, al risveglio, con un muto
grido di metamorfosi, la carne
ha già escluso la luce. Già mi ingombro
di cupi stami. Pollini irrequieti
mi violentano e fuggono. – Mai sazia,
infecondata. – A me verrà la Grazia
con l’erpice di luglio, la vampata
del sole a piombo.

Ottavo comandamento

Siamo due gran bugiardi, noi, mio caro.
L’ottavo comandamento ci condanna.
Ma Iddio non sarà avaro d’indulgenza
forse, con noi, sapendo come avviene:
– che tu mi mentisci a parole
gridandomi con gli occhi: «per tuo bene
devo, devo mentire»;
– e ch’io fingo di crederti perché
sono una donna che molto può capire
e ormai non ha più bene.

Il tredicesimo invitato

Grazie – ma qui che aspetto?
Io qui non mi trovo. Io fra voi
sto come il tredicesimo invitato,
per cui viene aggiunto un panchetto
e mangia nel piatto scompagnato.
E fra tutti che parlano – lui ascolta.
Fra tante risa – cerca di sorridere.
Inetto, benché arda,
a sostenere quel peso di splendori,
si sente grato se alcuno casualmente
lo guarda. Quando in cuore
si smarrisce atterrito «Sto per piangere!»
E all’improvviso capisce
che siede un’ombra al suo posto:
che – entrando – lui è rimasto chiuso fuori.

 

Fernanda Romagnoli, nata nel 1916 a Roma da una famiglia piccoloborghese, si diplomò alle magistrali e poi in pianoforte all’Accademia di Santa Cecilia. Sposatasi con Vittorio Raganella, militare di carriera, visse sempre accanto a lui e alla loro unica figlia Caterina lavorando come maestra elementare. Gravemente malata per molti anni, morì nel 1986. Le sue poesie, pubblicate tra il 1943 e il 1980 in sole quattro raccolte (Capriccio, Berretto rosso, Confiteor e Il tredicesimo invitato), sono testi altamente drammatici, segnati da un’intensità visionaria, da una passione mistica e tragica unica nel Novecento italiano. Sebbene poeti come Carlo Betocchi, Attilio Bertolucci e Vittorio Sereni abbiano creduto in lei e si siano adoperati per promuoverne l’opera, la sua grandezza non è stata ancora riconosciuta davvero. La folle tentazione dell’eterno, la più ampia scelta dei suoi versi finora apparsa in Italia, vuole contrastare l’indifferenza che per troppo tempo ha avvolto questa creatrice di liriche potenti e perfette, vibranti di dolore e arse da un immenso pathos metafisico, percorse dai venti ingovernabili dello spirito e innervate da un’inesausta, tormentosa ricerca dell’assoluto.

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