Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Nelle poesie di Raffaella Lanzetta ci sono versi così assoluti da sembrare anacronicistici: “Voglio vivere l’essenza e godrò della meraviglia del mondo, / far innamorare di me la gioia della poesia e / svelerò gli incanti di un mistero lontano”. Parole grandi e belle come meraviglia, incanto, mistero, mondo sono diamanti grezzi che richiedono di essere tagliati perché riflettano meglio la luce. Amori finiti o a metà, indistinte percezioni, ossessioni, oscuri presagi e pensieri soffocati o strozzati: i versi si adeguano a questi contenuti, qua e là mimandoli. I passaggi migliori sono alcune descrizioni più precise (Tra serrature e fessure / un grido stridente / al passaggio del vento / che non apre porte” o “I tacchi si seguono frettolosi, la carne è in tensione”) o infine un’invettiva di gelosia quasi biblica (“Possa diventare cenere, / se arderai per un’altra donna, / che sgorghi sangue, / se farai pulsare il sangue nelle vene di un’altra amante, / il tuo sesso perda il suo vigore nella gioia di un effimero piacere. / Ti ho amato nel ventre dolce di vita, / ti ho cullato nel dolore di sorte avversa. / Ricorda, / questi versi come serpi velenose rimbalzino tra le gambe di altre donne, / se con loro giacerai).

Dell’unica poesia inviata da Davide Isai Fontani ho apprezzato l’incipit che innesca una luminosa sospensione (“Quando una luce corta un poco opaca / tocca l’arco dei pini uggiosi”) e la generale atmosfera misteriosa. La descrizione di una fiamma (“La fiamma che ha perso il tizzone / si beffa come un peccato astuto / ammicca alle mie pulsazioni”) sembra il referto di una bizzarra piromanzia. L’idea che i giorni siano anime e l’endecasillabo “saranno luce tra le luci i pini” mi sembrano potenzialmente inesauribili.

Come poesia del mese scelgo Bussare alle porte del Paradiso di Sebastian Drogo e non solo per via del titolo da premio Nobel. L’io è il problema eterno della lirica e qui viene abbordato direttamente tra tautologia e constatazione. Appunto, incipit di qualcosa di così grande che forse neppure è possibile contenere in un testo, pagina di diario esistenziale, ammiccamento a Balestra (per via, credo, delle ripetizioni e del sole guardato in faccia).

Bussare alle porte del Paradiso

Io sono io che sono io; non potrei essere qualcosa di diverso da quello
che sono; non potrei la mattina aprire gli occhi e trovarmi dinanzi qualcosa
di dissimile: un altro me non esiste, esiste solo io che sono io e non posso
in nessun modo essere qualcosa d’altro; e la mattina, quando apro gli occhi mi
accorgo di non essere che una cosa che respira e sogna; che ogni mattina
sogna e respira e si alza e guarda in faccia il sole; un essere che non
chiede altro che di essere se stesso, su di un pianeta in cui gli altri esseri
non sono lui; e la mattina e la notte e per tutta la vita non essere altro che
ciò che sono; oltre ogni altra cosa che potrebbe essere e non è; aprire gli
occhi, guardare il sole salutare tiepido il mondo e sapere di essere quella
cosa lì; e solo quella.

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato tre libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (Omp, Pavia 2008), Parole incrociate (Tracce, Pescara 2008) e Ostello della gioventù bruciata (Miraggi, Torino 2015). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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