Nota di Lettura di Pietro Romano

Il volume Tutte le poesie (Interno Poesia 2022) raccoglie, a cura di Franco Lonati, la produzione poetica di Stephen Crane (Newark, 1871-1900), autore caratterizzato da una forte tendenza visionaria volta a drammatizzare, attraverso il linguaggio poetico, la propria interiorità dilacerata. Puntellati da connotati espressionistici, i versi di Crane sono improntati a una resa figurale del conflitto che impegna l’io nel rifiuto di tutte quelle categorie morali che vilipendono l’essenza umana. Il Dio che il poeta sfida apertamente è un dio che si impone sull’umano per mezzo di leggi castigatorie, atte a reprimere ogni impulso vitale. È un dio abramitico, che sacrifica, sull’altare delle proprie leggi, l’amore per i propri figli:

Un dio in collera
Picchiava un uomo;
lo batteva sonoramente
con colpi fragorosi
che risuonavano ed echeggiavano su tutta la terra.
Tutta la gente giunse di corsa.
L’uomo urlava e lottava,
e mordeva furioso i piedi del dio.
La gente gridava:
«Ah, che uomo malvagio!»
E…
«Ah, che dio formidabile!»

Crane rifiuta Dio poiché quest’ultimo, nella sua concezione, risulta confinato entro categorie morali e interpretative rigorosamente umane. L’essere umano, per vivere, necessita di organizzare la vita entro solide illusioni volte a rassicurarlo che ogni cosa abbia un senso di per sé. Di padre in figlio è così tramandata una visione dell’esistenza improntata a rafforzare l’idea di un dio tirannico, che incombe sull’uomo punendone come peccato ogni slancio vitale. È dunque generazionale, poiché intrinseca all’immaginario umano, la concezione di un dio-padre che si erge sui propri figli stigmatizzandone l’espressione del desiderio. Per tale ragione, la disobbedienza di Crane assume talvolta le caratteristiche dell’anatema contro coloro che, per tenere al riparo le proprie certezze, soffocano anche le altrui spinte vitali:

«E i peccati dei padri ricadranno sulla testa
dei figli, fino alla terza e alla quarta
generazione di coloro che mi odiano»

Ebbene, allora, io odio Te, empia figura;
maligna immagine, io odio Te;
dunque, colpisci con la Tua vendetta
la testa di quei piccoli uomini
che giungono alla cieca.
Sarà un atto di valore.

Una fede dogmatica non presuppone sentimenti di pietà né capacità empatiche e pertanto induce l’uomo a deviare dalla ricerca di un dio capace di affratellare l’umanità tutta:

Ecco la tomba di un uomo malvagio,
e vicino a essa, uno spirito severo.

Poi giunse una curva fanciulla con delle violette,
ma lo spirito le afferrò il braccio.
«Niente fiori per lui», le intimò.
La fanciulla disse piangendo:
«Ah, ma io lo amavo».
Ma lo spirito, arcigno e minaccioso, ripeté:
«Niente fiori per lui».

Ora, questo è il punto…
Se lo spirito era giusto,
perché la fanciulla piangeva?

La Natura, se da un lato appare arcigna e malevola, dall’altro è diretta emanazione del mistero che rinnova la tensione poetica verso la «Verità»:

Davanti a me si ergeva una maestosa collina,
e per lunghi giorni la scalai
arrampicandomi nella neve.
Quando finalmente guardai dalla cima,
mi parve di aver fatto tanta fatica
solo per vedere giardini
a distanze impossibili.

Nato in una famiglia di tradizione metodista, Crane si serve della poesia per risolvere estrinsecamente il conflitto che lo dilania dall’interno, spesso caratterizzato dall’eco fantasmatica di colpe ancestrali e inesplicabili. La ricerca della verità, per quanto tortuosa, mitiga in parte la ferita, vissuta come alle radici stesse dell’esistenza e perciò impossibile da sanare. Il mistero che avvolge le cose risuona di lontananze oscure e indecifrabili, cui Crane cerca di dar voce mediante immagini allegoriche o poesie simili a parabole:

«La verità», disse un viaggiatore,
«è una rocca, una fortezza imponente;
«io ci sono stato spesso,
«persino sulla torre più alta,
«da dove il mondo sembra nero».

«La verità», disse un altro viaggiatore,
«è un alito, un vento,
«un’ombra, un fantasma;
«a lungo l’ho inseguita,
«ma non sono mai riuscito a toccare
«l’orlo della sua veste».

E io credetti al secondo viaggiatore;
perché la verità era per me
un alito, un vento,
un’ombra, un fantasma.
E non ero mai riuscito a toccare
L’orlo della sua veste.

Il carattere allegorico dei testi è spesso accentuato dal ricorso a immagini belliche, che rimandano alle lacerazioni della coscienza e alle diverse concezioni del peccato:

Cavalieri neri vennero dal mare.
E fu tutto un cozzare di lance e scudi,
e tutto uno sbattere di zoccoli e tacchi,
urla selvagge e ondeggiar di chiome
nell’assalto al vento:
ecco la cavalcata del peccato.

 

Stephen Crane nasce a Newark nel 1871 in una famiglia di lunga tradizione metodista. L’infanzia è segnata da frequenti malattie e l’adolescenza da un’istruzione discontinua. Anche il suo percorso accademico è tormentato e, dopo un semestre alla Syracuse University, abbandona gli studi per diventare giornalista e scrittore a tempo pieno. Dopo l’esordio col romanzo Maggie (1893), passato quasi inosservato, il successo arriva improvviso con Red Badge of Courage (1895), che gli regala la fama internazionale e opportunità di lavoro che lo portano a viaggiare in tutto il mondo. Pubblica anche la sua prima raccolta poetica che viene invece condannata dalla critica. Una certa tendenza all’autodistruzione lo porta a vivere una vita di eccessi e scandali che, unita alla salute precaria, lo consuma in fretta. Fa in tempo a pubblicare alcuni fra i migliori racconti della narrativa americana, altri brevi romanzi e una seconda silloge poetica. Muore nel 1900 in un sanatorio tedesco a soli 28 anni.

Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna con una tesi su Nino De Vita. Ha pubblicato alcune raccolte poetiche, tra le quali Fra mani rifiutate (I Quaderni del Bardo 2018) e Case sepolte (I Quaderni del Bardo 2020, pref. di Gian Ruggero Manzoni, postfazione di Franca Alaimo), quest’ultimo classificatosi tra i libri finalisti del Premio Mauro Prestigiacomo. I suoi versi sono stati tradotti in russo («Мой дом — до молчанья», “La mia casa è prima del silenzio”, Free Poetry 2019, con pref. e traduz. di Olga Logoch, collana di poesia italiana a cura di Paolo Galvagni, traduzione di Fra mani rifiutate), greco, catalano e spagnolo, e inseriti nell’antologia Le parole a quest’ora (Free Poetry 2019, a cura di Paolo Galvagni).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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