Particolare dell’immagine di copertina

Dalla presentazione della casa editrice

«Attingono da colori, paesi e carne le poesie di Moira Egan, e sono nitide nel mostrare ora il blu di un fazzoletto ora la sofficità di un fiore di luna, poi la gialla dolcezza d’un fico d’india che viene inghiottito, e sono immagini che emergono da una vorticosa esistenza che non chiacchiera invano di rimpianti e di occasioni non colte, mai di ricordi fumosi e caduti nei precipizi del cuore, ma si srotola e splende nel presente, in spazi di continuo nuovi e in molteplici forme, ma sempre con un solo nome: vita». Esordisce così Melissa Panarello nella bellissima introduzione ad Amore e Morte, nuovo libro di poesie di Moira Egan e ultimo tassello di Controcielo, la collana di poesia di Tlon che ha accolto in questi anni poeti come Anne Carson, René Daumal e Charles Simic. Ricchissima raccolta di poesie scelte e poesie inedite, la cui traduzione italiana è stata curata da Damiano Abeni, Amore e morte rappresenta la consacrazione del lavoro poetico della poetessa americana. Tutte le poesie scelte sono sfacciatamente divise in categorie tematiche: amore, morte, sesso, filosofia, altro e poesia. E, usando le stesse categorie, dalla mitologia alla luna, dall’amore alla giusta rabbia, le poesie inedite continuano l’esplorazione di Egan con forme tradizionali e inventate, comprese le poesie in prosa, perché tutto è lecito nell’eros e nella poesia: spiare, eccitarsi, innamorarsi dell’inconfessabile. Scrivere versi senza pudore.

da Amore e morte—Poesie nuove e scelte (Edizioni Tlon 2022), trad. di Damiano Abeni

Poesia d’amore mancina

Penso ti sia innamorato di me
il giorno che al risveglio ho svelato il mistero
della baita nella Sierra Nevada
– l’altitudine non c’entrava – era
un Apriscatole per Mancini.

Ho fatto venire su il caffè. A volte
ti ho visto in difficoltà con la mia caffettiera, le forbici.
Non è uno scherzo: pensa alle mazze da golf, alle carte da gioco,
cambiare le corde alla tua Ovation. E non conoscerai mai
la gioia lenta della penna stilografica.

Nonostante le suore e i quaderni con la spirale
hai imparato bene: le tue mani parlano la lingua
dell’oppressore. (Anche se è un complimento da mano
sinistra, al più, lodare la tua destrezza). Ma quando la lingua
la si lascia alle spalle, e i bottoni sono slacciati –
come anche la tua cerniera piena di pregiudizi –
e ci sdraiamo insieme, tu sul fianco destro,
io sul sinistro – che specchio stupendo. E la mano
più espressiva – la mia destra, la tua sinistra – si protende, giù –

io verso te lì, tu verso me qui
Noi siamo un chiasmo, la perfetta X di sexus.

E penso che senza te non sarei più destra
in nulla, nella tua sinistra assenza.

 

Left-Handed Love Poem

I think you fell in love with me
the day I woke and solved the mystery
of that cabin in the Sierra Nevada
– altitude notwithstanding – it was
a Can Opener for the Left-Handed.

I got that coffee perking. At times
I’ve seen you struggle with my coffeemaker, scissors.
It isn’t fun and games: think of golf clubs, playing cards,
restringing your Ovation. And you’ll never know
the slow joy of a fountain pen.

In spite of nuns and spiral notebooks
you’ve learned well: your hands speak the language
of your oppressor. (Though it’s a left-handed compliment
at best to praise your dexterity.) But when language
drops away, and the buttons are undone –
and your prejudiced zipper –
and we lie together, you on your right side,
me on my left – what a wondrous mirror. And the hand
most fluent – my right, your left – reaches out and over –

I you there, you me here
We are chiasmus, a perfect X of sex.

And I think I’d never be right
again if you left.

 

La cara, l’oscuro

Mi dice che non le piace il buio:
ha il terrore di dissolversi lì dentro.
Le voglio dire che ci vuole una certa arte
per vivere nel buio. Ebano e giaietto,

giada nera o onice, ecco le cose preziose
senza le quali non si può guardare la luce
nel vero modo in cui va vista: contraddistinta:
il tepido luminoso, lo sfolgorante dolce.

Un diamante perfetto sul velluto nero; stelle
che cadono e risplendono nel cielo della sera;
quell’unica candela nella camera ardente;
la luce del faro sul mare. Lei sta per piangere

così ora le dico: è un dono sapere
come dall’ombra la luce sa emergere.

The Dear, The Dark

She tells me that she doesn’t like the dark;
she’s terrified that she’ll dissolve in it.
I want to tell her, there’s a certain art
to living in it. Ebony or jet,

black jade or onyx, these are precious things
without which one cannot behold the light
as it’s meant to be seen: contradistinct:
the warmly luminous, the sweetly bright:

a perfect diamond on black velvet; stars
that shoot or sparkle in the evening sky;
the single candle in the funeral parlor;
the lighthouse beacon. She’s about to cry

so now I’ll tell her: it’s a gift to know
the way the light emerges out of shadow.

 

Sonetto sul tovagliolino di un pub

#23

A volte si deve inghiottire. Altrimenti
Ti amo potrebbe sfuggire da labbra ebeti di piacere.
Per ebeti intendo qui ottuse, non silenti,
anche se so bene il trucco di Helen Keller:
non vedo, non sento, non dico niente che sia verità.
Come ha potuto questo giuggiolone con cui sto seduta
farmi venire così forte che sono quasi svenuta?
E adesso guarda il baseball come se fosse

una nuova religione. Santo Cielo. Chi lo sa-
peva che quel dannato picco di ossitocina potesse

ingannarmi fino a farmi pensare amour fou.
È amaro, ma senz’acqua lo butto giù
come un’aspirina, o una confessione. Sono abituata
a lasciarli, con il culo dolente e l’anima ammaccata.

Bar Napkin Sonnet

#23

Sometimes you have to swallow. I love you
might otherwise escape your lust-dumb lips.
By dumb I mean here dim-witted, not mute,
though I have learned the Helen Keller trick
to see no, hear no, speak no thing like truth.
How could this big dumb guy I’m sitting with
have made me come so hard I damn near swooned?
And now he’s watching baseball as if it’s
a new religion. Jesus Christ. Who knew
that goddamned oxytocin spike I get
could trick me into thinking amour fou.
It’s bitter, but I just dry-swallow it
like aspirin, or confession. I get used
to walking out, my ass and soul both bruised.

 

Terapia di gruppo per i personaggi femminili dell’Odissea

Penelope.
Insisto, ma non gli entra in zucca a quegli impiastri:
austera e ritta accanto a uno dei pilastri
(Pilates architettato da Atena) – ero io, la mia
forza, la mia arguzia, a reggere l’economia
della casa. Ho usato il fascino come richiamo
– sia gli sguardi velati che il mio amo:
la bellezza (se pure segnata da rughe senza gioia) –
e persistevano a volermi. Ero la loro troia
domestica, e loro, zotici cinghiali infoiati,
la mera radice di ibrido, che si conferma
come radice di hybris. Seme, sperma:
i maschi al ritorno dalle guerre vengono lodati.
Ho retto la casa, al figlio non è successo niente,
ma verrò ricordata per quanto ero ammaliante.

[…]

Group Therapy for the Female Characters of The Odyssey

Penelope.
I tell them, though they never get it right:
I stood beside that pillar, my full height
(Athena-wrought Pilates) – it was me,
my strength and cunning was the husbandry
that kept our house erect. I used my looks
– I mean both: glances, veilèd, and my hook:
my beauty (if a little wrinkled now) –
but still they wanted me. I was their sow,
domestic; they, the rustic rutting boars
the very root of hybrid, it would seem,
the root also of hybris. Semen, seme:
the men are praised for coming back from wars.
I held our house together, son unharmed,
and I will be remembered for my charms.

[…]

Moira Egan è nata a Baltimora. Ha pubblicato cinque volumi di poesie negli Stati Uniti e tre in Italia. I suoi lavori sono apparsi in molte riviste e antologie statunitensi e internazionali. Ha ricevuto fellowship da prestigiose istituzioni tra cui il Virginia Center for the Creative Arts, il Civitella Ranieri Center, la Rockefeller Foundation Bellagio Center e la James Merrill House. Con Damiano Abeni ha firmato numerose traduzioni in Italia, dove vive e insegna.

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