Charles Sims, Clio and the Children, 1915, Royal Academy of Arts

Tutti a scuola leggiamo delle poesie; quante, quali e come sono domande intorno alle quali spesso si aggirano e si avvitano su se stessi molti discorsi sulla decadenza della poesia, o all’opposto sulla sua perdurante vitalità, sulle pressoché infinite speranze che la lettura tra i banchi porta con sé generando nuovi lettori. Non è così (o non è solo così, se vogliamo essere più benevoli) che si dovrebbe impostare un discorso, ma semmai a partire da quanto accade proprio fuori da quel contesto protetto, una riserva culturale che la società non può non permettersi ma che, prova ne sia l’aumentare di attività collaterali e quasi sempre di fatto più importanti della lettura, come tutte le riserve tende ad essere erosa.

Impostiamo dunque un discorso sul quanto, cosa e come si legge, ma in rapporto a come si scrive e in particolare, trattandosi di poesia italiana, alla nostra specifica tradizione poetica e si vedrà che uno dei fenomeni più vistosi e ricchi di conseguenze è sicuramente la decadenza di quella stessa tradizione quale termine di confronto e paragone. Tanto fino alla fine del Novecento essa costituiva, magari nella forma dell’ingombrante fardello o dell’oggetto polemico, l’orizzonte ineludibile, quanto oggi essa, soprattutto nella dimensione di profondità storica, è assente.

Facciamo qualche arcinoto esempio e qualcuno meno noto: la rottura formale ungarettiana e il cosiddetto “ritorno all’ordine” sono giocati essenzialmente sui riferimenti alla poesia seicentesca da un lato e sulle possibilità scompositive e ricompositive dell’endecasillabo e del settenario dall’altro, Montale per elaborare la sua epistemologia contingentista e il suo modernismo ha pur bisogno, un dichiarato bisogno, di attraversare D’Annunzio quale vertice della precedente stagione, una rivista come «Officina» nell’elaborare la sua linea narrativa e ragionativa non solo recupera tutta o quasi la poesia ottocentesca (non solo qualche figura maggiore dunque), ma predispone come spina dorsale del proprio programma culturale una rilettura critico-politica dei principali momenti della poesia italiana moderna. Non si pensi che si tratti solo di un problema di preferenze classiciste o conservatrici (del resto «Officina» non fu né l’una né l’altra), perché persino un movimento tendenzialmente di rottura e iconoclastico come la Neoavanguardia recupera di fatto istanze che sono già presenti nella storia della poesia (ad esempio nel filone comico-realistico, ma anche in certo futurismo minore e persino, se si pensa a Pagliarani, nella metrica barbara) e deve necessariamente impadronirsi di quei complessi formali e ideologici che mira a sovvertire (ricordarsi ad esempio che il giovane Sanguineti è anche lo studioso di Dante e di Gozzano). Persino esperienze di portata più ristretta come «l’Esperienza Poetica» o «sul Porto» non possono esimersi da un confronto, ad esempio, con il realismo ottocentesco, con la lirica meridionale, con Leopardi e il leopardismo.

Chiunque oggi facesse ciò che Pasolini ha fatto aprendo «Officina» (ma de facto anche Le ceneri di Gramsci) con un saggio intitolato semplicemente Pascoli, anzi con una rubrica intitolata La nostra storia che si apre con un saggio dal titolo Pascoli sarebbe immediatamente preso per provinciale, velleitario, se non proprio per matto.

Molto semplicemente oggi i poeti per lo più ignorano la tradizione poetica italiana e nei casi, comunque ancora relativamente numerosi, di poeti che non la ignorano, non sono tuttavia raffrontati ad essa, né ritengono di dovervisi in qualche modo sistematicamente rapportare. Al posto di questo raffronto-scontro sistematico prevalgono invece oggi i racconti personali delle scoperte, delle letture individuali, delle affinità riscontrate con questo o quell’autore e così, sempre più spesso, al posto della poesia italiana una variegata e a volte assolutamente casuale geografia letteraria personale che prevale come idea della poesia sulla storia letteraria, che invece è giocoforza un fenomeno collettivo.

Se si sfogliano i saggi, le dichiarazioni di poetica, le prose (quali ne hanno recentemente date Fiori, De Signoribus, Pusterla, De Angelis, ad esempio, ma per i più giovani e meno noti vale anche e soprattutto internet come ad esempio la serie di scritti La parola ai poeti di La poesia e lo spirito https://www.lapoesiaelospirito.it/, le interviste di Almapoesia https://www.almapoesia.it/almablog/  e, naturalmente, anche molte delle interviste e dichiarazioni apparse qui in in Poesia del nostro tempo) si trovano racconti autobiografici, resoconti della propria “scoperta” della poesia o di qualche autore, al limite elementi di teoria della composizione, sociologia dei consumi letterari o dichiarazioni ideologiche, ma quasi mai riferimenti alla storia letteraria in sé né tantomeno per mediare elementi estetici, politici o culturali.

Persino nelle antologie (croce e delizia della poesia ultracontemporanea) che dovrebbero essere il luogo deputato alla rinegoziazione conflittuale della tradizione, si vedono i segni di questo cambiamento. Lasciando stare quelli che Sanguineti chiamava “gli elenchi del telefono”, dove cioè non ci sono criteri se non soggettivi e biografici, nelle mappatura fanno la loro prova sempre più spesso criteri anagrafici o geografici (spesso con la misura di un regionalismo che è già di per sé provinciale): non solo molte volte accade che, esauriti tre o quattro classici arcinoti, si passi a pletore di contemporanei saltando grossomodo tutto il secondo Novecento (ad esempio non pare esserci soluzione di continuità tra Quasimodo e il mio amico Nibali in una pubblicazione recente) ma più spesso, con la scelta anagrafica ( i nati post qualcosa, i nati nel tale decennio, i poeti di x anni) la cronaca soppianta la storia, la nudità di un fatto che si prende a pura constatazione di esistenza sostituisce la ricerca di un senso e di direttrici di complessivo sviluppo.

Va bene, si dirà, stiamo scoprendo l’acqua calda e lo sappiamo: la perdita di centralità dell’educazione umanistico-retorica, la fine dei modelli, la marginalizzazione stessa della poesia quale fatto culturale, ma insieme anche la diffusione delle possibilità espressive con la scolarizzazione e l’editoria di massa, il principio di originalità che (salvo sporadiche risorgenze) ha battuto il classicismo nei primi decenni dell’Ottocento ed è stato fatto proprio dalla borghesia, (anche se non lo sappiamo o non lo vogliamo moriremo romantici) e potenziato nella società contemporanea, la perdita di senso storico e di fede nella tradizione (nell’idea stessa di una tradizione in quanto unitaria, coerente e definita, ma dinamica) del postmoderno sono tutte cose note almeno ai lettori e autori colti.

Quali sono però le conseguenze concrete di questo fatto? Alcune riguardano le modalità compositive: la grande maggioranza dei poeti contemporanei non conosce la metrica, ha perso quella conoscenza come in un processo evolutivo si perde un’appendice non più utile (immediatamente utile diciamo), non è di conseguenza più in grado di usarla né di leggerla; questo rende oggettivamente difficoltoso l’intendere gran parte della poesia fino a Novecento inoltrato. Altre riguardano il modo in cui si legge: da un lato la perdita di importanza della letteratura nazionale non è avvenuta in favore di una dimensione europea o mondiale (della letteratura mondiale nel senso di un Goethe), ma più spesso, come si diceva, verso fuoriuscite fatte di collages personali e di un trovarobato intellettuale che deve molto di più al mercato editoriale di massa che non alla romantica rottura dei canoni.

Dall’altro però ciò che si legge viene letto spesso in maniera assoluta, pura testualità che genera emozioni (al massimo pensieri) e perdendo la storia della letteratura si è soprattutto persa la storicità.

Che il mondo di Dante, di Shakespeare, di Whitman, ma ormai anche quello di un Pasolini, di uno Scotellaro (per nominare un caso recentissimo) di un Sereni, non sia il nostro sembra un fatto pacifico ma ciò non attiva, nella lettura, quella distanza che ci aspetteremmo e il pathos e l’attrazione sono (ancora) tesi all’attualità e all’eternità del tale verso o autore (ci sono intere case editrici, ad esempio Interno Poesia, che si stanno specializzando in queste ristampe destoricizzanti). A questo punto si rileverà che ci potrebbe essere una contraddizione tra il ritenere che la tradizione letteraria e la storia della letteratura siano elementi potenzialmente vitali (quanto lo siano è il nostro problema) per la creazione letteraria e l’insistere sulla distanza storica incolmabile che ci separa da moltissimi grandi poeti: ma qui forse ci occorre una nuova idea di ciò che è testo della tradizione, diremmo non più che è qualcosa di importante (magari classico) perché resiste alle prove del tempo, ma che è qualcosa che, potenzialmente anche marginale e dimenticato, riceve la sua forza proprio dalla distanza, dal suo non poterci parlare se non in maniera mediata. Se oggi esiste una musa della poesia dovrebbe essere Clio, (cara in modo diverso a Walcott e a Brodskij) la musa della storia che sembra aver lasciato perpetuamente la presa sulla poesia e sulla letteratura (“sono crociani e non lo sanno” sintetizzava mirabilmente Guido Mattia Gallerani parlando dell’ambiente poetico medio).

I guai non finiscono qui: la scarsa rilevanza della tradizione è una delle ragioni della difficoltà della critica in poesia perché vengono a mancare i termini di confronto, ma soprattutto perché essa costituiva un codice comune tra poeti e critici che rendeva mutuamente comprensibile un discorso sulla letteratura. Non a caso in una recente intervista su Inlimina  Paolo Di Paolo (certo probabilmente esagerando un po’) ha provocatoriamente sostenuto che “in Italia non c’è più nessuno con cui parlare di letteratura” (https://www.liminarivista.it/comma-22/in-italia-non-ce-piu-nessuno-con-cui-parlare-di-letteratura/), la lingua comune per parlarne, elaborare la quale è stato il grande problema della storia della critica nel Novecento, non esiste quasi più: al suo posto viene lasciato campo libero al critico genialoide e sciamanico, al saggista come scrittore in proprio, al litblogger assolutamente privo di strumenti e quindi necessariamente impressionistico. Resiste un po’ l’accademia, istituzionalmente depositaria di quella tradizione, che dunque conserva (anche se talora in forme discutibili) e a volte cerca di promuovere, ma gli scricchiolii sono sempre più rumorosi se nelle bibliografie di ex-austeri studiosi di Machiavelli e Tasso compare in veste di incarnazione dello Spirito dei Tempi una Chiara Ferragni. Di fatto ciò che nella critica accademica spesso sembra gergalismo corporativo la metà delle volte lo è, ma questo non deve oscurare che l’altra metà è invece l’unica attestazione solida al momento di un comune codice critico che renda possibile parlare in modo serio di poesia comprendendosi anche quando si è in disaccordo.

Dico resiste perché naturalmente nulla ha valore in sé come un pezzo da museo ed è quindi possibile che, se davvero questa tradizione smette di essere per noi rilevante, semplicemente la si abbandoni: in molte università olandesi semplicemente non ci sono più studenti di letteratura olandese e i corsi rischiano di chiudere, senza nessuna polemica sul canone, sul genere, sull’etnocentrismo, insomma non sono queste istanze critiche (peraltro assolutamente condivisibili) a portare alla crisi la tradizione, come vorrebbe la destra conservatrice, altre letterature, la fiamminga ad esempio, e c’è da credere molte di quelle scritte in lingue poco diffuse, seguono a ruota.

Naturalmente non è un destino che ci riguardi da vicino, da noi semmai la perdita di storicità letteraria genera avventure del tipo “Dante di destra” che testimoniano comunque la distorta presenza di un prestigio retorico e il bisogno (certo non per scrivere poesie) di una tradizione, ma il processo è ineludibilmente lo stesso.

Non si tratta necessariamente di fatti negativi, l’inedita situazione che configura la mancanza di una tradizione con i suoi vincoli (ad esempio lessicale) o con le sue ereditate gerarchizzazioni e codificazioni (di generi, di luoghi, di personalità e correnti) può portare ad una paradossale situazione di nuova spinta creativa: alcune scritture contemporanee vanno in questa direzione, ma certo inevitabilmente si tratta del lungo, annoso e probabilmente non del tutto immediatamente comprensibile processo che porta all’istituzione di una nuova tradizione a cui si arriva sempre.

Nel mezzo c’è tanta borra o, per finire un po’ giocando, ignivome palle roventi, e dunque spesso e comprensibilmente:

La stampa infuria

ma il tempo manca,

il lettor sventola

bandiera bianca!

Luca Mozzachiodi

 

Classifica*
La lettura di Francesca Innocenzi alla poesia di Wisława Szymborska a partire da Attimo (Scheiwiller 2002) è il post più letto del 2023. Seconda in classifica è la recensione firmata da Federico Carrera a D’amore (Interno Poesia 2022) di Beatrice Zerbini. Terzo nella classifica annuale il saggio di Germana Dragonieri su Claudia Ruggeri. Nel mese di febbraio del 2024 il post più letto è stato quello dedicato alla poesia di Alexandra Loukidou, poetessa greca tradotta da Alexandra Zambà.

Tutta la classifica*
1. Wisława Szymborska – Lettura di Francesca Innocenzi a partire da Attimo (Scheiwiller 2002)
2. Beatrice Zerbini – Recensione di Federico Carrera a D’amore (Interno Poesia 2022)
3. Claudia Ruggeri – Saggio di Germana Dragonieri
4. Giovanni Ibello – Recensione di Federico Carrera a Dialoghi con Amin (Crocetti 2022)
5. Stefano Simoncelli – Nota di Luca Pizzolitto a Sotto falso nome (peQuod 2022)
6. Guido Gozzano – Recensione di Federico Carrera a I colloqui e altre poesie (Interno poesia 2020)
7. Renée Vivien –  Post di Claudia Mirrione a partire da Renée Vivien (1877-1909). L’ardente agonia delle rose (Marco Saya 2023)
8. Demetrio Marra – Tautoromanzo, poesia inedita
9. Georg Trakl – Recensione di Maria Laura Valente a Anima azzurra, vagare oscuro (Marco Saya Edizioni 2023)
10. Leonardo Lazzari – Intervista di Antonio Sacco a partire da Ghiaccio sottile (La Ruota Edizioni 2023)

Superclassifica Show. I libri di poesia più venduti dagli editori piccoli e medi
2017 2018 2019 2020 2021 2022

I principali premi di poesia in Italia
2021 2022 2023

Poeti più letti nell’anno
Laura Marino 2017 – Inediti Patrizia Vicinelli 2018 – Saggio di Davide Galipò Simone Savogin 2019 – Poesie da Come farfalla (Mille gru 2018) Gabriele Galloni 2020 – Estratti da L’estate del mondo (Marco Saya 2019) Salvatore Toma 2021 – Anteprima editoriale da Poesie (1970 – 1983) (Musicaos 2020) Nikos Kazantzakis 2022 – Recensione di Luca Mozzachiodi a Odissea (Crocetti 2020) – Lettura di Francesca Innocenzi alla poesia di Wisława Szymborska a partire da Attimo (Scheiwiller 2002).

Poeti più letti del mese

2017 Carlo Bordini maggio 2017Poesie tratte da I costruttori di vulcani (Luca Sossella 2010) Angela Bonanno giugno 2017. Saggio su tutte le opere, a cura di Silvia Rosa Domenico Brancale luglio 2017. Inediti, poi pubblicati in Per diverse ragioni (Passigli 2017) Giancarlo Sissa agosto 2017. Poesie tratte da Persona minore (Qudulibri 2015) Franco Arminio settembre 2017. Poesie tratte da Cedi la strada agli alberi (Chiarelettere 2017) Hilà Lahav ottobre 2017. Intervista e selezioni di inediti a cura di Biagio Guerrera Marilina Ciaco novembre 2017. Inediti Laura Marino dicembre 2017. Inediti

2018 Elena Zuccaccia gennaio 2018. Poesie tratte da ordine e mutilazione (Pietre Vive 2016) Gian Mario Villalta febbraio 2018. Poesie tratte da Telepatia (Lietocolle 2016), recensione di Carolina Rossi Alberto Bertoni marzo 2018. Inediti Francesca Martinelli aprile 2018. Poesie tratte da Ex voto di briganti, fate, santi, contadini (FrancoPuzzo 2017) Pierluigi Cappello maggio 2018. Poesie tratte da Le nebbie (Campanotto 1994/2003), saggio di Carlo Selan Christian Tito giugno 2018. Inediti Jonida Prifti luglio 2018. Inediti e intervista di Silvia Rosa Noemi de Lisi agosto 2018. Poesie tratte da La stanza vuota (Ladolfi 2017) Gabriele Galloni settembre 2018. Poesie tratte da Creatura breve (Ensemble 2018) Vittoriano Masciullo ottobre 2018. Poesie tratte da Dicembre dall’alto (L’Arcolaio 2018) Gaia Ginevra Giorgi novembre 2018. Poesie tratte da Manovre segrete (Interno Poesia 2017) Adriano Spatola dicembre 2018. Saggio di Giovanni Fontana

2019 Irene Paganucci gennaio 2019. Inediti Simone Savogin febbraio 2019. Poesie tratte da Come farfalla (Mille gru 2018) Francesca Mazzotta marzo 2019. Inediti Enrico Marià aprile 2019. Poesie tratte da I figli dei cani (Puntoacapo 2019) Federica Fiorella Imperato maggio 2019. Poesie tratte da Geografie interiori (Aletheia 2018) Marijana Sutic giugno 2019. Intervista di Silvia Rosa, poesie inedite Emilio Rentocchini luglio 2019. Poesie tratte da 44 ottave (Book editore 2019) Tommaso Grandi agosto 2019. Inediti da Alla furia, con una nota di Rossella Renzi Giovanni di Altavilla settembre 2019. Intervista a Lorenzo Carlucci e Laura Marino sulla riscoperta del poema Architrenius (Carocci 2019) John Giorno ottobre 2019. Intervista di Domenico Brancale Eleonora Nitti Capone novembre 2019. Inediti, poi contenuti in Primo fuoco (Musicaos 2019) Emily Dickinson dicembre 2019. Poesie da La mia lettera al mondo (Interno Poesia 2019)

2020 Raffaela Fazio gennaio 2020. Poesie da Tropaion (Puntoacapo 2020) Luca Gilioli febbraio 2020. Inediti Ivan Fassio marzo 2020. Poesie da Il culto dei corpi (Raineri Vivaldelli Editori 2020) Francesco Benozzo aprile 2020. Selezione da Poema dal limite del mondo (Kolibris 2019) Rosaria Lo Russo maggio 2020. Saggio di Beatrice Achille a partire da Crolli (Battello Stampatore 2006) Faruk Šehić giugno 2020. Intervista di Christian Sinicco a partire da Ritorno alla natura (LietoColle 2019) Giorgia La Placa luglio 2020. Poesie inedite Giorgiomaria Cornelio agosto 2020. Intervista di Carlo Selan e poesie da La promessa focaia (Anterem 2019) Gabriele Galloni settembre 2020. Poesie da L’estate del mondo (Marco Saya 2019) Marcello Marciani ottobre 2020. Poesie da Revucegne / Rovistamenti (puntoacapo 2019), recensione di Christian Sinicco Giacomo Leronni novembre 2020. Poesie da Scrittura come ciglio (puntoacapo 2019), recensione di Claudia Mirrione Francesca Serragnoli dicembre 2020. Selezione da La quasi notte (MC Editrice 2020)

2021 Franco Loi gennaio 2021. Una poesia da Voci d’un vecchio cantare (Il Ponte del Sale 2017) e ricordo di Davide Romagnoli Marina Cvetaeva febbraio 2021. Selezione da La principessa guerriera (Sandro Teti Editore 2020), recensione di Giulia Bolzan Nina Nasilli marzo 2021. Estratto da Prossimità (Book Editore 2019) Adam Zagajewski aprile 2021. Saggio di Luca Mozzachiodi a partire dall’antologia Guarire dal silenzio (Mondadori 2020) Nadia Agustoni maggio 2021. Poesie da [la casa è nera] (Vydia editore 2021) Filippo Davoli giugno 2021. Recensione di Jacopo Curi a Dentro il meraviglioso istante (CartaCanta/Capire 2021) Giulia Niccolai luglio 2021. Saggio di Andrea Conti a partire da Poemi & Oggetti. Poesie complete (Le lettere 2012) Nikos Kazantzakis agosto 2021. Saggio di Luca Mozzachiodi su Odissea (Crocetti Editore 2020) Francisco Soriano settembre 2021. Poesie da La Via Lattea (Eretica Edizioni 2021) Eunice Odio ottobre 2021. Poesie da Questo è il bosco e altre poesie (Via del Vento 2009) e da Come le rose disordinando l’aria (Passigli 2015) Gabriel Del Sarto novembre 2021. Poesie da Tenere insieme (Samuele Editore Pordenonelegge 2021) Mattia Tarantino dicembre 2021. Poesie da L’età dell’uva (Giulio Perrone Editore 2021)

2022 Silvia Righi gennaio 2022. Recensione di Alessio Paiano su Demi-monde (Nem 2020) Stefano Vitale febbraio 2022. Poesie da Si resta sempre altrove (puntoacapo Editrice 2022) Fernanda Romagnoli marzo 2022. Poesia da La folle tentazione dell’eterno (Interno Poesia 2022) Alessio Paiano aprile 2022. Recensione di Francesca Innocenzi a Punti di fuga (Arcipelago itaca 2021) Carola Allemandi maggio 2022. Recensione di Francesco Innocenzi a Sembrava il sole (Edizioni Progetto Cultura 2022) Stefano Guglielmin giugno 2022. Recensione di Isabella Bignozzi a Dispositivi (Marco Saya 2022) Alessandro Franci luglio 2022. Anteprima da La lingua convenuta (Vydia editore 2022) Jorge Aulicino agosto 2022. Poesie da Oltre le analogie umane Antologia personale 1974-2020 (Kolibris 2022) Rossella Renzi settembre 2022. Poesie da Disadorna (Italic Pequod 2022) Daniela Misso ottobre 2022. Recensione di Antonio Sacco a Connessioni sottili (FusibiliaLibri 2021) Yang Lian novembre 2022. Intervista di Gisella Blanco a partire da In simmetria con la morte (Nino Aragno Editore 2022) Enrico Marià dicembre 2022. Poesie da La direzione del sole (La nave di Teseo 2022)

2023 Alessandro Mantovani gennaio 2023. Poesia inedita Matilda Randighieri febbraio 2023. Recensione di Federico Carrera a Poesie per pettirossi e altre creature minute (Incontri Editrice 2021) Wisława Szymborska marzo 2023. Recensione di Francesca Innocenzi a partire da Attimo (Scheiwiller 2002) Leonardo Lazzari aprile 2023. Intervista di Antonio Sacco a partire da Ghiaccio sottile (La Ruota Edizioni 2023) Beatrice Zerbini maggio 2023. Recensione di Federico Carrera a  D’amore (Interno Poesia 2022) Nicola Bultrini giugno 2023. Intervista di Gisella Blanco a partire da Vetro (Interno Poesia 2022) Stanley Merwin luglio 2023. Poesie da L’essenziale (Ubiliber 2022) Stefano Simoncelli agosto 2023. Poesie da Sotto falso nome (peQuod 2022) Ottavio Rossani settembre 2023. Intervista di Gisella Blanco e poesie inedite Gloria Riggio ottobre 2023. Intervista di Adriano Cataldo e poesie inedite. Recensione di Pietro Romano a Non è mai giorno non è mai notte (Interno Poesia, 2023) Francesca Serragnoli  novembre 2023. Intervista di Gisella Blanco a Mariella De Santis, dicembre 2023.

2024 Sonia Caporossi gennaio 2024. Alexandra Loukidou febbraio 2024. Nota e traduzione di Alexandra Zambà

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